Da pochi giorni è in libreria L’orco di Mussolini (Mursia, 2022 pp. 240, euro 17,00) di Marco Di Tillo, romanzo che rievoca la tragica storia di Gino Girolimoni (Roma, 1º ottobre 1889 – 19 novembre 1961), accusato ingiustamente di essere un serial killer di bambine uccise tra il 1924 e il 1927 agli albori del fascismo, al quale prestò il volto nel 1972 Nino Manfredi nel film diretto da Damiano Damiani Girolimoni, il mostro di Roma. L’avvincente romanzo, sullo sfondo di una città dall’ambientazione perfettamente ricostruita, è in modo emblematico dedicato a Emma, Bianca, Rosina, Elsa, Celeste, Elvira e Armanda, vittime innocenti di crimini perversi e orribili.
“Un mostro insidioso e finora ignoto terrorizza le bimbe di Roma”.
Marco Di Tillo, laureato in Psicologia, ha scritto per oltre vent’anni testi per programmi televisivi e radiofonici Rai, tra Tv dei ragazzi, talk show, varietà, sceneggiati originali e quiz. Per il cinema ha diretto la commedia Un anno in campagna e il giallo per bambini Operazione Pappagallo, scritto con Piero Chiambretti che ha fatto esordire nel 1983. Per la Narrativa per ragazzi ha scritto Il ladro di Picasso (Edizioni Corsare), Due ragazzi nella Firenze dei Medici (Ediz. Corsare), Il giovane cavaliere (Einaudi), Tre ragazzi ed il sultano (Mursia) e le favole illustrate Mamma Natale e Mamma Natale e i Pirati (Mursia). È stato autore di testi per fumetti pubblicati da numerosi periodici e quotidiani italiani. Per Il Giornalino delle Edizioni Paoline ha ideato le serie I grandi del calcio, I grandi del jazz, I grandi del cinema. Ha vinto il Premio Paese Sera per una Nuova Striscia Italiana 1976 con la strip Piero e fu premiato al Salone di Lucca da Hugo Pratt. Ha pubblicato negli Stati Uniti i thriller storici The Other Eisenhower e The Dollfuss Directive. In Italia, ha scritto i gialli con protagonista l’ispettore romano laico-consacrato Marcello Sangermano (Ed. Arkadia). Sono già usciti Destini di sangue, Dodici giugno, Il palazzo del freddo e poi ancora ha pubblicato i gialli dell’ispettore della squadra mobile genovese Marco Canepa, Tutte le strade portano a Genova, Come lupi nella neve e Omicidio all’Acquario di Genova (Fratelli Frilli Editori). Ha scritto il romanzo La neve al mare (Ediz. Lisciani), che narra le disordinate vicende di tre ragazzetti di sedici anni in un’estate ad Anzio. Nel gennaio 2020 è uscito invece Una santa per amica (Teresa di Calcutta vista da vicino) Edizioni Dehoniane, sulla sua amicizia giovanile da giovane ateo, con madre Teresa.
Intervista a Marco Di Tillo
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Marco Di Tillo ha risposto a qualche domanda sul nuovo libro L’orco ci Mussolini.
- Marco, come è nata l’idea di scrivere un libro sul “mostro” innocente Girolimoni?
Sembra strano ma è iniziato tutto leggendo un libro sulla storia dell’isola di Capri, tra il 1920 e il 1930. Chi leggerà il mio libro capirà perché i fatti accaduti in quella bellissima isola siano stati così importanti per lo sviluppo del romanzo.
- Chi era Gino Girolimoni, vittima di uno dei più grandi errori giudiziari del secolo scorso?
Era uno che lavorava sodo, un brav’uomo che aveva fatto la Prima guerra mondiale e ne era uscito vivo. Si era inventato un modo di vivere che oggi va per la maggiore tra gli avvocati di strada. Andava a cercare gli infortunati da lavoro negli ospedali e offriva la sua collaborazione per riuscire ad avere un indennizzo. Le cose non gli andavano male.
- Per quale motivo, nonostante non ci fossero prove a suo carico, l’uomo venne sempre identificato come l’orco pedofilo e assassino, che aveva rapito e violentato sette bambine, uccidendone cinque?
Mussolini non poteva permettere che nella capitale del suo stato fascista accadessero quei crimini terribili e non si riuscisse a trovare un colpevole. Così, ad un certo punto, il colpevole fu trovato. Ma non era quello vero. Ai danni del povero Girolimoni vennero inventate letteralmente tutta una serie di prove false. Anche quando alla fine fu scagionato, la brutta fama gli rimase appiccicata addosso, per tutta la vita. Morì povero, perché nessuno volle più offrire un lavoro ad un possibile pedofilo.
- Durante la detenzione di Girolimoni, il commissario Giuseppe Dosi si interessò al caso riuscendo a fare riaprire le indagini, individuando il presunto colpevole degli omicidi. Un insospettabile?
Non vorrei dire di chi si tratta, anche perché chi legge il libro, fino ad un certo punto almeno, non conoscerà il suo nome. Ma certo, era un insospettabile, come lo sono oggi moltissimi altri pedofili, che sembrano brave persone in apparenza e invece sono dei veri e propri mostri. Ce li abbiamo intorno, si muovono vicinissimi. E sembrano tutti così innocenti e buoni. Invece…
- Fondamentale nella vicenda fu il ruolo della stampa e di Benito Mussolini. Ce ne vuole parlare?
La stampa, sia quella locale di Roma sia quella nazionale iniziò da subito a insinuare che forse lo stato fascista non fosse così forte, almeno nei suoi funzionari di polizia, visto che continuavano ad accadere impunemente cose così bestiali. Il duce era esasperato da questo atteggiamento e favorì il questore di Roma, che colpevolizzò Girolimoni. Vorrei aggiungere che questo romanzo, in fondo, non è proprio basato sul personaggio Girolimoni, tanto quanto su quel grandissimo poliziotto che fu Giuseppe Dosi e che pochi conoscono. Un uomo gigantesco in tutti i sensi. Alto un metro e novanta, cento chili di peso, parlava quattro lingue, suonava violino e fisarmonica, era stato attore di teatro da giovane e, nelle sue indagini, si travestì ben 33 volte, una volta anche da donna, per risolvere i vari casi delittuosi in cui venne a imbattersi. Salvò la vita a Benito Mussolini a cui volevano sparare da un albergo davanti a palazzo Chigi e si introdusse per un mese intero in casa di Gabriele D’Annunzio, sotto le spoglie di un poeta polacco claudicante, per capire se il Vate fosse stato davvero spinto giù da una finestra e da chi. Divenne suo amico e si leggevano poesie l’un l’altro. Insomma, un fenomeno di detective. L’altro personaggio protagonista è l’assassino pedofilo, anche lui, a suo modo, particolarmente interessante direi. Ecco, la caccia al colpevole e l’inseguimento, sono il vero fil rouge del romanzo.
- Per la redazione del testo, quali fonti ha consultato?
Innanzitutto, il libro di memorie scritto dallo stesso Dosi “Il mostro e il detective” (Vallecchi 1973). L’autore cita attimo per attimo della sua lunga caccia all’uomo. Ho consultato poi numerosi giornali quotidiani dell’epoca, interviste e letto moltissimi altri libri sull’argomento e su quel particolare periodo storico. Vorrei aggiungere un fatto particolare. Il commissario Dosi abitava a Roma, in via Vejo 53. Be’, anche io ho abitato per un certo periodo della mia vita nello stesso posto, via Vejo 53. Non è strana come cosa e, soprattutto, come avrei potuto non scrivere di tutto questo, partendo in fondo entrambi dalla stessa strada?
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “L’orco di Mussolini”: intervista a Marco Di Tillo sul suo nuovo romanzo
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