John Dewey (1859-1952), filosofo, pedagogista e accademico statunitense, ha avuto un’influenza determinante nello sviluppo del sistema educativo nel suo paese. Durante la sua formazione si confrontò con le idee del movimento filosofico americano del pragmatismo (di ascendenza parzialmente kantiana), che sosteneva che l’attenzione dovesse focalizzarsi sul piano della pratica e che ebbe il suo ispiratore in Ralph Waldo Emerson (1803-1882).
The american scholar (lo studioso americano), ossia il discorso tenuto da Waldo alla Società Phi Beta Kappa di Cambridge, Massachusetts, il 31 agosto 1837, è considerato la “dichiarazione d’indipendenza intellettuale” (quindi anche letteraria) degli Stati Uniti, sancita dalle parole:
“Il nostro giorno di dipendenza, il nostro lungo apprendistato per rapporto al sapere di altre terre, volge verso il termine. I milioni di persone che intorno a noi irrompono nella vita non potranno essere sempre nutriti con i residui stantii di raccolti stranieri”.
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L’opera di Dewey, invece, potrebbe essere definita la dichiarazione d’indipendenza “educativa” degli USA. Egli si occupò di diversi saperi, ma in ambito psicopedagogico il suo pensiero conobbe un’evoluzione originale e indipendente. Dalla sociologia trasse l’attenzione alla libertà formativa e all’autonomia nell’insegnamento, e dallo studio della pedagogia si convinse che il fine dell’educazione (e quindi del sistema scolastico) dovesse essere “trovare il posto giusto per ogni persona”, considerando l’uomo come essere attivo, capace di intervenire nei fenomeni per suo vantaggio. Dewey è un figlio della cultura degli Stati Uniti e la sua concezione dell’educazione è improntata sulla democrazia, che diventa modello di una scuola basata sull’esperienza e sull’azione.
Democrazia ed educazione sono in simbiosi, in un rapporto di reciprocità in cui l’una non può sussistere senza l’altra.
La scuola ideale per John Dewey
La scuola ideale di Dewey è anche un laboratorio dove si praticano il giardinaggio, la falegnameria, si cucina: si impara facendo.
Il pensiero, in questa impostazione, è un’espressione della spiritualità umana, ma ricopre il ruolo di adattatore dell’azione. L’educazione, secondo il Nostro, deve comporsi di obiettivi, prove, opportunità e progetti, in una sfida prolungata verso la realizzazione del singolo e del gruppo, che altro non è che il sogno americano, la ricerca della felicità.
La conoscenza e l’esperienza diretta hanno un ruolo primario, il lavoro attivo è il centro e il fine del percorso di formazione, ma ciò denota anche una tendenza anti-intellettualistica (propria di una determinata fase storica della cultura statunitense), coglibile nella “liberazione” dal bagaglio teorico e appunto intellettuale, ritenuto uno sperpero nell’educazione. Dewey non colse il valore dei saperi umanistici (puri, non utilitaristici); la sua impostazione è “anti-libresca”, “anti-verbalista”, a suo giudizio la lezione frontale non è la massima espressione dell’insegnamento.
La visione puerocentrica della scuola
I saperi espressi dalla scuola di Dewey devono essere quelli della società e quelli che servono alla società, naturalmente inseriti nel mondo del lavoro.
Principalmente per opera del pedagogo statunitense, sul finire del XIX secolo, fece quindi la sua comparsa la dottrina pedagogica dell’attivismo, in cui la ricerca della verità non è affidata al solo intelletto, ma è espressione di tutte le facoltà umane, compresa la pratica.
Questa corrente rappresenta un cambiamento radicale nel panorama delle teorie educative dell’epoca, perché assume una visione puerocentrica, in cui è contemplata una compartecipazione nel processo formativo, coinvolgendo anche il docente oltre al discente, da cui l’adattamento dei metodi e dei contenuti.
Il mutamento segue il passaggio da una scuola basata sul maestro (magistrocentrica) a una fondata sugli interessi e le peculiarità dell’alunno.
Con l’attivismo la psicologia assume un’importanza notevole e c’è l’introduzione di una relazione simmetrica educatore-educato con un processo di maturazione e sviluppo inteso come reciproco, base di una formazione progressiva e progressista. L’insegnante è il programmatore e l’organizzatore dei progetti, una guida e un facilitatore dei processi, non il protagonista, mentre gli alunni sono soggetti attivi nella costruzione dei saperi, formando le loro conoscenze sulla personalizzazione, stabilendo dei confronti con le nozioni scritte e formali.
Da qui ha avuto origine l’individualizzazione del cammino formativo secondo gli interessi del discente, che è un tratto ancora oggi caratteristico del sistema educativo statunitense. In Italia le idee di Dewey hanno avuto risonanza e successo dopo la caduta del regime fascista, in contrapposizione all’idealismo.
Lo scritto costituisce la traccia di un breve discorso che l’autore ha tenuto nell’ambito del conseguimento di un master in Geografia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi è John Dewey: il pensiero pedagogico del filosofo statunitense
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