Il randagio e altri racconti
- Autore: Sadeq Hedayat
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2021
Come in una surreale danza macabra sfilano ne Il randagio e altri racconti (Carbonio, 2021, trad. A. Vanzan) protagonisti e comprimari di una commedia umana in lingua persiana. Il cambiavalute. L’imam. Il droghiere. Il macellaio. Homaiun che trovava incredibile che Bahram fosse morto, e quindi "bisbigliava tra sé e sé". Il pluridivorziato, e il Don Giovanni di Karaj. Si incrociano anche, tra le pagine, donne-angelo e donne-demoni, e non è detto sia meglio imbattersi nelle prime. Nel Randagio c’è inoltre un manichino di ammaliante bellezza: difficile per Mehrdad resistere alla sua attrattiva.
Per farla breve: i nove racconti di questo libro di Sadeq Hedayat cominciano dove finisce il delirio spaesante de La civetta cieca. Chi è stato irretito da quest’ultimo non potrà restare indifferente a questi ulteriori corollari del microcosmo sghembo di Hedayat. Un microcosmo parabolico, perennemente in bilico tra la realtà e la sua trascensione, tra il vitalismo più ottuso e la morte incombente. Si leggano d’un fiato e si assaporino col tempo, questi tableaux vivant di un Iran mitologico e terragno. La prosa matematica di Hedayat (magistralmente restituita dall’iranista Anna Vanzan, purtroppo scomparsa di recente) riuscirà a fare il resto, posseduta com’è da un vigore e una malia che non danno scampo.
Difficile dire quale dei nove tracciati di vita vissuta-sognata-paventata primeggi sugli altri; il libro andrebbe piuttosto assunto e valutato nel suo insieme, come un’unica partitura declinata in nove movimenti ontologici. A chiudere, non a caso, il racconto sul cane che dà il titolo alla raccolta. Un ennesimo emblema dai connotati universali, apologia di un essere al mondo girovago, solitario, in cerca di qualcosa o qualcuno (fosse anche di un padrone) che conferisca senso all’esistere. Collocati tra la vertigine e il grottesco i racconti de Il randagio ci restituiscono, insomma, alle illusioni, alle sconfitte, e persino alle nostre rivalse da poco, espressioni di un barcamenarsi in ultima analisi senza bussole e senza senso. Mi vengono in mente i versi conclusivi di Canzone quasi d’amore di Francesco Guccini:
“Fingo di aver capito che vivere è incontrarsi/ aver sonno/ appetito/ bere/ leggere/ amare/ grattarsi”.
Il randagio e altri racconti
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Anche i più grandi hanno bisogno di editing. Alla grande Anna Vanzan, traduttrice, islamologa e iranista di chiara fama è probabilmente stata estorta negli ultimi suoi giorni una traduzione risultata affrettata e erratica. Come è possibile che in un negozio di vestiario femminile ci siano in vetrina delle statue e non dei semplici manichini? (La bambola dietro la tenda). Per 30 volte si ripete la parola statua anziché manichino. E si insiste dando alla novella il titolo "la bambola". Ripetere il verbo "appropinquarsi" anziché avvicinarsi o altro risulta pesante e quasi dialettale, forse lo usava Totò. Non esistono gli uggiolati dei cani ma forse gli uggiolii. Parla un maggiorente ottocentesco e dice "implementare". La grappa è un’acquavite fatta con vinacce di origine italiana, difficile che in Persia si bevesse grappa.La povera Vanzan non si merita simile mediocrità.