La rete ci renderà stupidi?
- Autore: Derrick De Kerckhove
- Genere: Psicologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Castelvecchi
- Anno di pubblicazione: 2016
Due parole sull’autore di “La rete ci renderà stupidi?”, un piccolo e intrigante saggio, dal titolo provocatorio: Derrick de Kerckhove (1944) è un sociologo belga naturalizzato canadese che oggi, dopo una lunga carriera scientifica a Toronto, insegna anche all’Università Federico II di Napoli. Autore di numerose pubblicazioni specialistiche, è stato tra i primi ad analizzare il rapporto tra media digitali e neuroscienze.
Strenuo difensore e fan della “mente futura”, è convinto che la rete arriverà a modificare radicalmente il modo di pensare degli esseri umani, e che questo succederà in tempi brevi, su scala planetaria, con effetti più positivi che negativi.
Analizzando questi ultimi, Derrick de Kerckhove ammette che l’utilizzo di Internet, Facebook e Twitter potranno provocare un depotenziamento della memoria a breve termine, della capacità di concentrazione, del desiderio di riflessione profonda, e soprattutto della volontà di coltivare i rapporti interpersonali dal vivo
“La vita virtuale è più sviluppata di quella reale”.
Ma ritiene che questi aspetti sfavorevoli, indotti dall’uso dei nuovi media, saranno ampiamente compensati dallo sviluppo della flessibilità neurale dei nostri cervelli, da una maggiore disponibilità verso il cambiamento e lo scambio collaborativo, dall’aumento dell’autonomia personale e dell’autostima, da una più generalizzata e democratica creatività, da una riduzione dei costi di accesso all’informazione. E in particolare dalla realizzazione di un’infinita memoria universale di dati, informazioni, contatti che potranno favorire il sorgere di nuove forme di democrazia diretta e un maggiore controllo sulla gestione del potere.
Insomma, ci aspetta
“un rovesciamento epocale”
un nuovo Rinascimento destinato a cambiare in meglio e in modo inevitabile la cultura mondiale, la struttura delle società, il pensiero di ogni individuo.
Non avendo più necessità di ricordare, perché qualsiasi dato sarà a portata di computer, ecco che la memoria si posizionerà fuori dalla mente, creando uno spazio maggiore per inventare e usare la nostra intelligenza. La quale diventerà più connettiva, più sintetica e veloce.
Il presente diventa assoluto, con Twitter, condivisibile in tempo reale a ogni distanza, con tutti: e l’intelligenza si fa globale, collettiva, massificata.
L’individualità, la meditazione personale, il silenzio si riveleranno dei lussi elitari e superati. L’intimità diverrà pubblica, e se ciò comporterà il rischio di un controllo totale del mercato sui consumatori e della creazione di un consenso politico generale - in grado di azzittire qualsiasi spirito critico - sarà un male minore rispetto al possesso comune del sapere digitale.
Il libro, con la sua trasmissione lineare delle informazioni (dall’inizio alla fine) si rivelerà obsoleto, nei confronti della linkabilità (termine orrendo!) e dell’agilità dei percorsi visuali (“un’immagine vale mille parole”): la lettura rallenta il tempo, esige pazienza e speculazione,
“è lo strumento in cui la parola si ferma, mentre tutto il resto è parola che vola”.
Destinata al declino, come tutto ciò che è privato, statico, identitario rispetto al pubblico, dinamico, esportabile ovunque e comunque. Peccato!
La rete ci renderà stupidi? (Irruzioni Vol. 4)
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