Quattro ristampe a pochi giorni dalla pubblicazione. Tra i libri più discussi-indagati-segnalati di questo inizio 2019 c’è “Il censimento dei radical chic”, romanzo semi-serio sulla deriva contemporanea firmato Giacomo Papi per Feltrinelli. Su Sololibri si trovano la recensione e l’intervista all’autore curata de Vincenzo Mazzaccaro.
Su Classifica-libri, un ulteriore punto di vista sul romanzo, espresso da Elisabetta Bolondi.
Ciò detto mi interrogo sul segreto di tanto successo. Di sicuro può avere contribuito l’argomento: è attuale, è originale ed espresso peraltro in maniera intelligente. Probabilmente anche il titolo, che si richiama a una progenie sociale - quella radical chic, appunto - di cui tutti parlano senza sapere esattamente di chi e di cosa stanno parlando. E questo da che Tom Wolfe è stato Tom Wolfe e ci ha scritto sopra un pamphlet nel lontano 1970.
So di arrivare buon ultimo, ma gradirei lo stesso dire la mia sul romanzo, a partire da una rapida premessa: l’estinzione della razza umana avverrà per inedia cerebrale e temo non sia un problema solo italiano. C’è in atto in tutto il mondo abitato una pandemia di imbecillità che taglia trasversalmente politica, social media, televisioni e società civile (così detta). Per concentrarci sulle nostre latitudini, si registra da un lato “La prevalenza del cretino” preconizzata da Fruttero e Lucentini già nel lontano 1985 (è proprio a partire dagli anni Ottanta che la fine ha avuto inizio), dall’altro i maitre à penser sempre più casta, sempre più autoreferenziali, sempre più fuori luogo e dunque sempre più innocui, ignavi, e alcuni di loro complici persino della balbuzie speculativa che ha svilito di senso l’intellettuale organico teorizzato da Gramsci. Parlare facile (“potabile”, secondo l’insopportabile scemenzaio giovanile), facilitare, semplificare, a beneficio della massa narcotizzata e inculturata è il diktat massmediatico del momento. Le chiacchiere da bar, prodromiche della banalizzazione della lingua, hanno rotto gli argini degli ambiti preposti (c’erano pure i saloni da parrucchiere e gli uffici postali, ricordate?) e si odono ormai dappertutto.
Proprio su questo tramonto della nazione per manifesta idiozia, Giacomo Papi ha scritto “Il censimento dei radical chic” (Feltrinelli, 2019), un libro sapido, divertente e feroce, uno dei pochi gialli che vale la pena leggere in quanto giallo non è, nel senso che gli omicidi che figurano tra le pagine sono meta-significativi e un vero colpevole non c’è. Fatevene una ragione: stavolta non vi riuscirà di prendervela con il solito serial killer, dato che il colpevole potrebbe essere chiunque. Cercatelo (o cercateli, addirittura) tra gli stolidi, gli afasici, o tra gli ignoranti-fieri-di-esserlo che circolano in giro.
“Il censimento dei radical chic” è anche un ilare (ma solo in apparenza) romanzo finto-distopico: prefigura un’Italia come ci stiamo abituando a vederla e come la vedremo sempre più: un’Italia illetterata e populista dove un’Autorità garante della Semplificazione della Lingua italiana farà il paio con liste di prescrizione intellettuale (il censimento da cui il titolo), conduttori televisivi compiaciuti e compiacenti, funzionari dell’Ignoranza imbevuti di zelo, e ministri “sempre meno filosofi e sempre più coglioni” (per dirla come il Gaber pre-apocalittico di Io se fossi dio). Sullo sfondo reiterato di salotti e ritrovi post-wartholiani, ce n’è anche per un vippame vario ed eventuale, tanto miope quanto irrimediabilmente perduto nei suoi tic.
Basta l’incipit per rendere l’idea della felicità di passo della narrazione:
“Il primo lo ammazzarono a bastonate perché aveva citato Spinoza durante un talk show. In effetti da parte del professor Giovanni Prospero era stata un’imprudenza aggravata dal fatto che si era presentato in studio indossando un golfino di cachemire color aragosta. La citazione gli era scappata di getto nella foga del dibattito, per tentare di alzarne il livello. Si rese conto all’istante di avere commesso un errore: il pubblico ammutolì e il sorriso del conduttore, di solito così cordiale, si irrigidì in una smorfia ostile: “Nel mio programma,” disse, “non permetto a nessuno di usare parole difficili. Le pose da intellettuale sono vietate.” Dopo una pausa ostentata, il conduttore aggiunse: “Questo è uno show per famiglie e chi di giorno si spacca la schiena ha il diritto di rilassarsi e di non sentirsi inferiore”.
Il fatto che Giacomo Papi abbia alle spalle studi filosofici (però non pensate a un filosofo da "salotto tv") lo agevola nell’aplomb con cui dipana sottotraccia la pars destruens del suo romanzo profetico. Sul tema poteva scriverci un pamphlet - sapete di quelli sfoggianti intelligenza ed egotismo a ogni pagina? - ma con ogni probabilità sarebbe finito con lo scadere nel già detto e/o nell’ipocrisia. E poi chissà come l’avrebbe presa il Garante per la Facilitazione della Lingua italiana. Che c’è. C’è già ed è ovunque, anche se non si vede.
Il censimento dei radical chic, tra romanzo e realtà: videoforum con Giacomo Papi su Repubblica
Fonte foto: Pagina Facebook di Giangiacomo Feltrinelli Editore
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il libro più discusso di inizio 2019? È il romanzo finto-distopico di Giacomo Papi
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