Voglio essere un cuore pensante, scriveva Etty Hillesum, ventotto anni, nel suo diario prima di essere deportata ad Auschwitz.
Pensare “con il cuore” era l’unico modo, capì ben presto Etty, per comprendere l’esistenza soprattutto in un momento in cui la ragione non poteva spiegarsi, in modo lucido o razionale, il senso di quanto stava accadendo.
Il Diario 1941-1943 di Etty Hillesum pubblicato nel 1981 è forse una delle testimonianze meno note della Shoah, tuttavia è una delle più intense e struggenti che siano state scritte su quel periodo buio della storia mondiale. Le pagine scritte da Etty ci restituiscono una profonda dimensione interiore, una filosofia del cuore che si tramuta in una forma di "resistenza esistenziale" di fronte alle avversità della vita.
La testimonianza di Etty Hillesum
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Etty Hillesum visse in prima persona uno dei periodi più atroci della storia del Novecento, sarebbe morta miseramente in un campo di sterminio, eppure ci ha consegnato parole piene di amore e di speranza. Le pagine di quel diario sono la testimonianza che Etty Hillesum è stata viva e ha amato e vissuto intensamente ogni singolo giorno della propria esistenza, riflettendo su se stessa e sul mondo che la circondava.
Il diario di Hillesum è anche la storia tragica di una giovane donna che andò incontro al proprio destino a testa alta, senza tuttavia mai tacere la paura, i dubbi e l’angoscia che ciò comportava.
Scriveva nel suo diario:
Dobbiamo combatterle giornalmente, come insetti, quelle piccole numerose preoccupazioni circa il domani, perché esauriscono le nostre energie.
E le preoccupazioni di Etty non erano certo piccole inezie o fastidi di vita quotidiana, viveva nel mezzo di una guerra ed era ben consapevole di quel che accadeva nei campi di concentramento. Ed è proprio questa consapevolezza che sconvolge il cuore di tutti coloro che si avvicinano alle pagine del suo diario. Sappiamo, nel momento in cui leggiamo, che stiamo assistendo agli ultimi anni di vita di una condannata a morte, eppure speriamo ardentemente, riga dopo riga, che il "cuore pensante" di Etty si sia salvato tra le pagine di quel diario.
A differenza di Anna Frank, Etty Hillesum aveva piena coscienza di quanto stava succedendo. Anna scriveva con l’innocenza di una ragazzina che sogna di diventare un giorno scrittrice e vive i primi amori e i turbamenti dell’adolescenza, mentre nelle pagine di Etty emerge la riflessione lucida e poetica di una donna intelligente, piena di vita, che vede avanzare inarrestabile di fronte a sé l’orrore della guerra.
Il diario di Etty Hillesum
Esther Hillesum (questo il suo vero nome di battesimo, Ndr), nata a Middelburg il 15 gennaio 1941, iniziò a scrivere il suo diario nel 1941.
Etty era laureata in Legge presso l’Università di Amsterdam e si era da poco iscritta alla facoltà di lingue slave presso la stessa università. Nel tempo libero impartiva lezioni private di letteratura russa e iniziò a interessarsi alla psicologia analitica di Jung, sua nuova passione. Una vita piena, insomma, che venne interrotta dall’avanzare della Seconda guerra mondiale.
Quando Etty inizia a scrivere il suo diario è l’8 marzo del 1941. La primavera è alle porte e l’aria è carica di aromi. Scrive al dottor Julius Spier, con il quale aveva intrapreso da poco un percorso di psicoterapia, e gli confessa che si sente impacciata nello scrivere un diario malgrado il suo sogno sia diventare una scrittrice.
Etty inizia quindi il suo diario come un esercizio di psicoterapia, attraverso il quale spera di poter approfondire la sua passione per la psicanalisi. Ben presto affida alle pagine tutti i suoi pensieri, persino quelli più intimi, consegna senza indugio al diario la confessione del suo innamoramento per il dottor Spier.
Il principio del diario di Etty Hillesum è pieno di vita: si leggono le emozioni di una giovane donna affaccendata che respira a pieni polmoni i profumi del glicine in fiore mentre corre da una parte all’altra della città e scopre un nuovo batticuore nello stringere le mani di un uomo che le diventa sempre più caro.
Presto, però, nelle pagine di Etty si fa strada lo spettro delle persecuzioni razziali. Inizia ad annotare tra un avvenimento e l’altro della sua vita le voci su amici scomparsi nei campi di concentramento, uccisi oppure imprigionati. Le voci parlano di torture e atti orribili, dicono che gli ebrei vengono uccisi per produrre dei bottoni per le divise dei soldati tedeschi. Etty annota tutto e riflette su quelle parole con orrore e sgomento. Si fa strada in lei la paura, e lei scrive nel tentativo di esorcizzarla.
Recensione del libro
Diario 1941-1943
di Etty Hillesum
Il racconto delle persecuzioni razziali
Un giorno all’improvviso, nel giugno del 1941, trova di fronte a sé un cartello che comunica perentorio: "Vietato agli ebrei". È l’inizio della fine.
Nel descrivere le restrizioni e l’infuriare dell’antisemitismo Etty mantiene sempre un tono lucido, analizza gli avvenimenti con intelligenza. Tuttavia, a tratti, emerge anche la sua angoscia su quanto sta accadendo.
Scrive nel diario:
La nostra distruzione si avvicina furtivamente da ogni parte.
Di nuovo arresti, terrore, campi di concentramento, sequestri di padri, sorelle, fratelli. Etty Hillesum annota tutto nel suo diario, trasformando quello che era il racconto dell’inizio di un amore in una lucida cronaca dell’Olocausto. La sua prosa è lussureggiante e colta, rispecchia la capacità narrativa che è propria di un’avida lettrice di Rilke, Dostoevskij, Gogol.
Le riflessioni di questa giovane ragazza olandese sono acute, profonde, filosofiche, sembrano rispecchiare i sentimenti provati da migliaia di persone in uno dei periodi più folli della storia mondiale:
Ci si interroga sul senso della vita, ci si domanda se abbia ancora un senso: ma per questo bisogna vedersela esclusivamente con se stessi, e con Dio. Forse ogni vita ha il proprio senso, forse ci vuole una vita intera a trovarlo.
Etty non cessa mai di interrogarsi, di riflettere, sino alla fine. Poteva fuggire, andarsene, invece rimase perché voleva "condividere il destino del suo popolo".
Lavora quindi per il Consiglio Ebraico e viene affidata alla sezione di “Assistenza sociale ai deportati” nel campo di lavoro di Westerbrock: le viene affidato il compito di assistere i deportati nelle ore precedenti al trasporto nei campi di concentramento. Lei cerca di rendersi utile, di estrapolare a tutti i costi una ragione di vita valida, persino nel mezzo dell’orrore.
Il 5 luglio del 1943 viene decretata la fine dello status speciale per i collaboratori del Consiglio Ebraico. Il 7 settembre 1943 Etty Hillesum fu deportata nel campo di sterminio di Auschwitz insieme alla sua famiglia. Non avrebbe mai più fatto ritorno. Secondo i dati della Croce Rossa morì il 30 novembre del 1943.
La controversa pubblicazione del Diario di Etty Hillesum
Prima della sua partenza definitiva per il campo di lavoro di Westerbrock, Etty Hillesum affidò i diari che aveva scritto all’amica Maria Tuinzing. Etty le chiese di portare i quaderni allo scrittore Klaas Smelik nel caso in cui lei non avesse più fatto ritorno.
Nel 1947 Maria Tuinzing mantenne la promessa e affidò a Smelik i diari e le ultime lettere che Etty aveva scritto dal campo di Westerbrock. Tuttavia la pubblicazione non andò a buon fine: negli anni Cinquanta i diari di Etty erano ritenuti troppo filosofici e si preferirono altre testimonianze più esplicite ed efficaci della Seconda guerra mondiale.
Il valore dell’opera di Etty apparve chiaro solo alla fine degli anni settanta, quando l’editore J.G. Gaarlandt riscoprì gli scritti, consegnatogli dal figlio di Klaas Smelik.
Il Diario di Etty Hillesum fu pubblicato per la prima volta il 1° ottobre del 1981. Divenne una testimonianza molto popolare e fu tradotta in ventisei lingue.
Nella quinta edizione del Diario sono state aggiunte alla testimonianza di Etty anche tutte le lettere da lei spedite agli amici durante gli ultimi giorni trascorsi al campo di Westerbrock. Ed è incredibile leggere come, persino in quei giorni duri che avrebbero dovuto annientare ogni speranza, la sua fede nella vita fosse rimasta immutata.
In mezzo al fango del campo, lei si ostinava a cercare il sole e, se non poteva vederlo all’esterno, era in grado di trovarlo dentro di sé.
C’è fango, così tanto fango che occorre possedere una grande dose di sole dentro di sé, da qualche parte fra le costole.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il diario di Etty Hillesum, testimonianza della Shoah
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