La trilogia pirandelliana del metateatro (Sei personaggi in cerca d’autore, Ciascuno a suo modo, Questa sera si recita a soggetto) mette in scena la “pupazzata” della vita in chiave decadente. La metafora vita-teatro infatti è barocca. In Calderón de la Barca i ruoli della vita rispondono a un disegno provvidenziale, invece in Pirandello è il Caso a scandire capriccioso il ritmo della nostra esistenza.
Se la vita è teatro, continua il drammaturgo siciliano, non ha senso la separazione fisica tra scena e platea. Un’argomentazione di lineare consequenzialità. Qual è il risultato? Un teatro problematico e aperto che, oltrepassando il Verismo, sollecita lo spettatore a offrire risposte soggettive a fronte di un’azione che non conclude, perché nella trilogia manca una conclusione univoca e consolatoria. Pirandello desidera che il pubblico si distacchi emotivamente per riflettere. Con lui il teatro diventa strumento di critica e conoscenza perché rivela la prigione teatrale della nostra vita: la maschera.
Lo sguardo razionale, che solo permette l’atto critico, accomuna Pirandello e Brecht entrambi antinaturalisti. Il recupero del contatto diretto con la platea, che del teatro è l’essenza, tocca tutte le avanguardie. Due esempi:
- il drammaturgo filoespressionista Reinhardt propone di prolungare il palcoscenico in mezzo al pubblico con pontili, già del teatro giapponese, ora dei concerti;
- nell’Unione Sovietica postzarista Mejerchol’d abolisce sipario e ribalta.
Brecht, in polemica con la fruizione “gastronomica” del teatro borghese, propone un teatro ’epico’. Mira a sollecitare una posizione critica di fronte alla vicenda rappresentata. Il suo marchio di fabbrica è la recitazione. Lo straniamento brechtiano ostacola immediatezza della fruizione e immedesimazione emotiva. L’attore interpreta il personaggio, senza immedesimarvisi affinché lo spettatore tenga bene a mente che si tratta di finzione. L’inserimento di musica, canzoni, riflessioni, cartelloni con i titoli delle scene, didascalie riassuntive, l’invito provocatorio a fumare in sala infrangono l’illusione scenica. Lo straniamento, pertanto, combatte una fruizione passiva/emotiva. Ci aveva già pensato Diderot quando nel primo Settecento teorizzava la tecnica recitativa del distacco controllato.
Tiriamo le somme. Il metateatro di Pirandello (1867-1936) – estraneo ad ogni movimento d’avanguardia -, promuove la riflessione. Sullo sfondo si staglia la progressiva affermazione del fascismo, verso il quale l’autore ebbe un atteggiamento ambiguo: ufficiale adesione, smentita nei fatti. Analogamente il teatro di Brecht (1898-1956)– che rappresenta il superamento di quello espressionista e l’adesione al marxismo, scrive il Luperini –, non sollecita emozioni. Spinge al ragionamento, a prendere posizioni di carattere morale e politico, ad abbracciare una visione della storia. Sullo sfondo la vicinanza al partito comunista, l’antinazismo e l’abbandono della Germania nel 1933. Il loro epicentro è il teatro di regia, non dell’attore. Nel caso di Pirandello ciò non esclude che il regista sia anche autore e capocomico.
Purtroppo, Covid a parte, nell’attuale società della spettacolarizzazione per il teatro c’è sempre meno spazio, malgrado il decentramento del testo letterario e la ricerca di luoghi atipici per la rappresentazione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il teatro di Pirandello e Brecht: novità e differenze
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