Sono un giornalista. Lo sono stato per tutta la vita.
Così si definiva Gabriel García Márquez: vale la pena ricordarlo in questi giorni in cui ricorre l’anniversario di pubblicazione in Italia del suo capolavoro, Cent’anni di solitudine, come quello dell’assegnazione del Nobel per la letteratura nel 1982. Di sicuro Márquez era un cronista durante la sua permanenza in Italia nel 1955, inviato del quotidiano colombiano El Espectador. Di questo soggiorno non si parla di frequente, ma contribuì alla formazione dello scrittore e lasciò in lui ricordi piacevoli, ispirando anche alcune pagine dei suoi libri. A Roma scrisse di cronaca, cinema, costume e raccontò il Vaticano.
Gabriel García Márquez in Vaticano
Nella capitale Gabriel García Márquez arrivò ventottenne il 30 luglio del 1955, proveniente dalla Svizzera e reduce da un lungo viaggio aereo che lo portò dalla sua Colombia in Europa. Aveva un compito: seguire lo stato di salute di Pio XII che sembrava critico. Papa Pacelli visse ancora per tre anni, ma Marquez eseguì l’incarico, inviando in patria una serie di articoli a tema. Il primo sull’udienza a Castelgandolfo contenente un ritratto umano di Sua Santità trovato in buono stato fisico e guarito dalla crisi di singhiozzo che lo aveva afflitto nei giorni precedenti. Il cronista non si accontentava, però: voleva intervistare le religiose, responsabili degli appartamenti e della vita privata papale per avere informazioni di prima mano. La sua curiosità verteva su dettagli pratici: il numero di scarpe del Pontefice e particolari sconosciuti. Riuscì a farsi rivelare la dieta del Papa: "un pranzo sciapo perché il medico gli ha proibito il sale".
Gli articoli di Gabriel Garcia Marquez sulla cronaca romana
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Roma era anche la cronaca: celebre la serie di articoli che realizzò sull’omicidio di Wilma Montesi, il primo grande scandalo del dopoguerra, raccontato dal futuro premio Nobel nei dettagli in 14 puntate che fotografano la società italiana del tempo. E l’impressione che ne ricavava uno straniero.
I suoi reportage, scritti dal 1950 al 1984, sono raccolti in un libro, Lo scandalo del secolo (edito nel 2001 da Mondadori): contiene gli editoriali per i quotidiani di Cartagena e Barranquilla e i reportage dall’Europa per El Espectador fino al giornalismo militante di Alternativa.
L’amore per il cinema e l’incontro mancato con Sofia Loren
Roma è anche e soprattutto cinema: il sogno di Marquez era avvicinare Cinecittà, la fabbrica dei sogni, e i suoi idoli: Sofia Loren e il regista Cesare Zavattini. Fu anche inviato a Venezia per la XVI Mostra del Cinema, ma è nella capitale che frequentò il Corso di regia del Centro sperimentale di cinematografia e plasmò il suo sguardo sul mondo attraverso la corrente Neorealista.
Gli italiani stanno facendo cinema per strada, senza teatri di posa, trucchi di scena, com’è la vita stessa.
Nacque in quei mesi il seme del realismo magico che segnò per sempre la letteratura del Nuovo Mondo.
Marquez fu anche terzo assistente del regista Alessandro Blasetti per le riprese del film Peccato che sia una canaglia tratto dai racconti di Alberto Moravia, con Marcello Mastroianni e Vittorio De Sica. Protagonista era Sofia Loren.
Non sono mai riuscito a vederla, confesserà anni dopo, perché il mio lavoro consisteva, per più di un mese, nel reggere una corda all’angolo perché non passassero curiosi.
L’amore per la settima arte non lo abbandonò mai: tanto che molti anni dopo, il 4 dicembre 1986, fondò una Scuola di cinema all’Avana intitolata a Cesare Zavattini.
Garcia Marquez a Trastevere, Parioli e Villa Borghese
A Roma nei primi tempi viveva in un Hotel di via Nazionale. Poi si trasferì in una pensione ai Parioli. Il vicino di stanza era un connazionale, il tenore colombiano Rafael Ribero Silva, compagno di esplorazioni romane e suo traduttore per le fonti degli articoli di cronaca. Nell’articolo Trionfo Lirico a Ginevra, dove descrive gli esercizi mattutini del cantante d’opera, si intravede lo sguardo ironico del futuro premio Nobel. E sembra di leggere una pagina di Cent’anni di solitudine tra favola e magia.
In altri paesi si sarebbe costituita un’associazione di condomini per gettare il tenore dalla finestra. Ma Roma si differenzia dalle altre città del mondo proprio per questo. Per i romani è un lusso avere un tenore in carne e ossa come servizio in camera.
I pomeriggi estivi a Villa Borghese, le passeggiate, le soste ai caffè tornano nelle pagine dei Dodici racconti raminghi del 1992 (ed. Mondadori, 2012): una sorta di diario letterario dei viaggi dell’autore dove la fantasia del Caribe si mescola alla cultura del vecchio mondo. Oggi proprio nei pressi dei giardini c’è un viale che porta il suo nome.
Recensione del libro
Dodici racconti raminghi
di Gabriel Garcia Marquez
Con l’arrivo dell’autunno, Roma perse le sue attrattive e prima di Natale Marquez ripartì per Parigi, dove proseguì la sua corrispondenza e scrisse un nuovo capitolo della sua vita.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il viaggio a Roma di Gabriel García Márquez, tra cronaca e cinema
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