I critici osservano che l’intera produzione letteraria di Edmondo De Amicis può essere letta come una lunga lettera alla madre. L’influenza di Teresa Busseti, questo il nome della donna, nella vita del figlio è innegabile sin dalla più tenera età: fu lei a instillare nel piccolo Edmondo l’amore per la lettura, il culto per Alessandro Manzoni e il rispetto ferreo dei valori religiosi e sociali. Alla figura della madre, De Amicis imputa anche il principio della sua vocazione letteraria. Ogni suo scritto è un eterno ringraziamento a colei che lo ha generato, “farei tutta la vita un suo ritratto” come scrive nella commovente poesia dal titolo A mia madre in cui Edmondo De Amicis traccia un ritratto della donna, ormai anziana, servendosi della penna come di un pennello capace di andare oltre la superficie sterile dell’apparenza.
La lirica è contenuta nella raccolta Poesie (1881) che anticipò l’esordio di De Amicis come narratore con il capolavoro Cuore, edito nel 1886. In questa poesia troviamo già le tematiche care al futuro romanziere.
In occasione della Festa della Mamma, scopriamone testo, parafrasi e analisi.
“A mia madre” di Edmondo De Amicis: testo
Non sempre il tempo la beltà cancella
O la sfioran le lacrime e gli affanni;
Mia madre ha sessant’anni,
E più la guardo e più mi sembra bella.Non ha un detto, un sorriso, un guardo, un atto
Che non mi tocchi dolcemente il core;
Ah se fossi pittore
Farei tutta la vita il suo ritratto.Vorrei ritrarla quando inchina il viso
Perch’io le baci la sua treccia bianca,
O quando inferma e stanca
Nasconde il suo dolor sotto un sorriso.Ma se fosse un mio prego in cielo accolto
Non chiederei del gran pittor d’Urbino
Il pennello divino
Per coronar di gloria il suo bel volto;Vorrei poter cangiar vita con vita,
Darle tutto il vigor degli anni miei,
Veder me vecchio, e lei
Dal sacrifizio mio ringiovanita.
“A mia madre” di Edmondo De Amicis: parafrasi
Non sempre il tempo cancella la bellezza, o questa è guastata da tristezza e dolori, mia madre ora ha sessant’anni, eppure più la guardo e più mi sembra bella.
In lei non c’è un gesto, un sorriso, un accento della voce che non mi tocchi nel profondo del cuore. Se io fossi un pittore potrei trascorrere la vita a fare un suo ritratto.
Vorrei dipingerla quando china il viso perché io possa dare un bacio ai suoi capelli bianchi, o quando malata e stanca maschera il suo dolore dietro un sorriso sereno.
Se una mia preghiera potesse essere accolta in cielo, chiederei il talento di Raffaello (il pittore di Urbino, Ndr) per poter ritrarre alla perfezione il suo bel volto, incoronandolo di gloria.
Se potessi vorrei scambiare la mia vita con la sua vita, donandole tutta la forza dei miei anni e veder così me vecchio e lei ringiovanita, grazie al mio sacrificio.
“A mia madre” di Edmondo De Amicis: analisi e commento
“Mia madre ha sessant’anni, e più la guardo più mi sembra bella”, la dolcezza della poesia di De Amicis risiede nell’uso di termini semplici, colloquiali, non altisonanti, parole che potremmo ripetere anche noi ogni giorno. Un canto pieno d’affetto rivolo alla madre ormai anziana: ricordiamo che i sessant’anni nell’Ottocento non erano certo paragonabili ai sessant’anni di oggi. La donna ritratta dall’autore ha una lunga treccia di capelli bianchi, è malata, inferma, eppure non ha perso nulla della sua antica bellezza: agli occhi del figlio è eternamente giovane. La bellezza che De Amicis riesce a far emergere da questa figura - pur dipingendone l’esteriorità - è tutta radicata nell’interiorità, traspare da quel sorriso sereno e pieno d’amore che rivolge al figlio per rassicurarlo. Per le madri i dolori dei figli vengono sempre prima dei propri; nascondere la propria tristezza è il tipico atteggiamento materno di accudimento, forse l’atto d’amore più puro compiuto da un essere umano: ti nascondo il mio dolore e mi prendo cura del tuo.
Edmondo De Amicis scrive questa poesia come se compiesse un sortilegio, la sua intenzione dice, tramite un’acuta perifrasi, è compiere un ritratto pittorico al pari di Raffaello, ma in realtà riesce a fare molto di più, perché la parola scritta scava nel profondo e arriva laddove la superficiale resa pittorica non può giungere. Forse Raffaelo ci avrebbe consegnato un dipinto glorioso e divino del viso quasi epifanico di questa vecchia madre, ma non sarebbe riuscito a restituirci l’affetto pungente dei versi di De Amicis che ci si incidono nel cuore.
Di questa madre ormai anziana noi percepiamo il calore della presenza, l’aura di serenità della quale è circonfusa, e soprattutto l’amore inesauribile provato nei confronti del figlio, un amore che non è invecchiato di un giorno e che il figlio si propone di restituire attraverso la parola scritta.
L’ultima strofa della poesia è uno struggente tentativo di rimettere al mondo sua madre: è il figlio che dona a lei nuova vita in un parto metaforico, restituendo a lei - che lo ha tenuto per mesi nel suo grembo - la giovinezza e il vigore perduti. Non c’è professione d’amore più bella, in fondo. Ricorda La cura di Franco Battiato:
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
Si tratta dello stesso augurio che Edmondo De Amicis ripone in questi versi dedicati alla madre, Teresa Busseti, cui si propone di dare - attraverso un nitido ritratto in parole - vita eterna.
Vorrei poter cangiar vita con vita,
Darle tutto il vigor degli anni miei,
Veder me vecchio, e lei
Dal sacrifizio mio ringiovanita
La poesia di De Amicis sarebbe stata composta poco prima della morte della madre; soltanto dopo la scomparsa di Teresa, colei che aveva acceso in lui la vocazione attraverso le letture di Manzoni, lo scrittore avrebbe posto mano al suo libro sommo, Cuore, pubblicato nel 1886, in cui erano contenuti tutti i valori cardine che la giovane Teresa Busseti aveva insegnando al piccolo Edmondo.
Quel libro era un autentico monumento alla madre, forse il suo ritratto letterario definitivo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “A mia madre”: la poesia di Edmondo De Amicis per la madre Teresa Busseti
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