Abolizione Fit: questa proposta del ministro Bussetti sta facendo parecchio discutere. Il percorso triennale di formazione iniziale dei docenti - introdotto col DLgs. 59/17 - sarebbe un iter inutile: secondo il ministro bisognerebbe poter accedere al concorso direttamente con la laurea, senza ulteriori anni di formazione e studio.
Come in molti altri paesi si dovrebbe quindi creare un percorso ad hoc per tutti coloro che vogliano insegnare, un percorso di laurea quindi che inserisca nel proprio piano di studi anche esperienze dirette con l’insegnamento ed esami specifici.
Da questa dichiarazione si sono susseguite una serie di supposizioni che tali rimangono, visto che il ministro si è limitato ad accennare la cosa, senza dare ulteriori dettagli su modalità e tempistiche. Si è parlato di un ritrovato modello gentiliano e già sono scaturite una serie di polemiche
Diventare insegnante: come funziona - e ha funzionato - in Italia?
L’idea di accorciare, o meglio riformare, il percorso di chi sceglie di diventare insegnante è così sbagliata? In altri paesi gli anni di formazione dei futuri insegnanti sono gestiti in maniera molto diversa, ad hoc, e sono meno, osserva un articolo de IlSussidiario.net.
In Italia il sistema scolastico ha visto, negli ultimi vent’anni, almeno tre diversi modelli di formazione post-laurea per accedere all’insegnamento e non ne ha mai utilizzato nessuno. Ogni volta, infatti, l’approvazione del nuovo percorso di formazione era accompagnato da una sanatoria. Così è stato per le Ssis, così per il Taf e ora, pare, anche per il Fit. Cosa significa all’atto pratico? Che in Italia, più o meno da sempre e con pochissime eccezioni, la scalinata che vede in cima la cattedra prevede una laurea e un periodo di gavetta da precari più o meno lungo.
Come si diventa insegnanti negli altri paesi?
Se in Italia il percorso è lunghissimo e complicato, non dobbiamo andare lontano per trovare modelli diversissimi dal nostro e ugualmente - se non più - di successo.
Partiamo dalle basi: cosa si intende per laurea mirata all’insegnamento? In molti paesi del nord Europa e non solo, non è richiesta una generica laurea disciplinare per accedere all’insegnamento. C’è uno specifico corso di studi per l’insegnamento e il percorso incorpora quella che da noi è scienze dell’educazione e, spesso, anche il tirocinio. Quando si parla di durata, all’estero una laurea che permetta di accedere all’insegnamento può essere anche solo di 3 anni (Bachelor Degree) o 3+1; spesso e volentieri, la durata del percorso formativo varia in base al livello di scuola in cui si pensa di insegnare. Il Master Degree è previsto solo per gli studi secondari superiori. Esempi di paesi che adottano questo meccanismo sono la Svezia, la Finlandia e la Gran Bretagna.
Negli altri paesi il piano di studi non ha come scopo la formazione di uno specialista della disciplina: non si tratta di portare a compimento percorsi specifici per lingue, matematica o fisica, quelli che formano ricercatori in materia. Si tratta di di preparare un insegnante ad insegnare una determinata materia a un certo livello scolastico, non di mettere le basi di un futuro dottorato di ricerca.
Negli altri paesi, quindi, c’è una sostanziale differenza tra chi si prepara a fare della ricerca pura e chi, invece, si prepara a trasmettere il sapere a scuola. La chiave starebbe, quindi, nel creare un percorso ad hoc per gli insegnanti, incentrato sulla formazione delle future generazioni a prescindere dalla disciplina, e che dia ai futuri docenti le conoscenze - sia in campo pratico che in campo teorico - necessarie per affacciarsi all’insegnamento nel migliore dei modi e in tempi non esageratamente lunghi.
Servirebbe quindi anche in Italia un percorso specifico pensato per diventare docenti, così come esistono quelli che formano medici, avvocati o ingegneri.
E, magari, la formazione inadeguata è proprio quello che rende gli insegnanti sempre meno capaci di insegnare. Essendo formati per la pura ricerca, a volte non riescono a trovare le parole e i modi per insegnare a studenti il cui interesse va al di là dell’approfondimento teorico. E anche i percorsi come scienze della formazione non sembrano la via giusta: sarebbe meglio impegnare gli aspiranti insegnanti con dei buoni tirocini, che li formino ad insegnare con le migliori pratiche didattiche.
La direzione in cui sembrerebbero andare le parole del ministro, quindi, parla di percorsi universitari che insegnino la disciplina nella misura specifica dell’insegnamento, incorporando sin dall’inizio teorie e pratiche necessarie per essere buoni insegnanti. Si dovrebbe passare ad un tipo di percorso universitario impostato in modo del tutto differente in modo che seguano questo tipo di laurea solo coloro che siano davvero interessati all’insegnamento.
Anche la parte che riguarda i concorsi però andrebbe riformata, con metodi di accesso all’insegnamento più simili - anche in questo aspetto - ad altri paesi. Che significa?
Che chi diventa insegnante abilitato presenta la propria candidatura a una o più scuole, sostenendo un regolare colloquio, e slegando così l’idea della professione di insegnante al posto fisso statale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Abolizione Fit: per Bussetti l’accesso deve essere dopo la laurea
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