Altri destini. Una storia degli anni Settanta
- Autore: Walter G. Pozzi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2011
“Avrò migliaia di colpe, ma a ogni modo nessuno potrà mai accusarmi di indifferenza” diceva, “nel mio mondo non ho mai accettato la distinzione e l’allontanamento tra politica e privato, mi spiace, Roman, ma io ho sempre sposato l’impegno…voi invece, la tua generazione, quelli della tua età, siete una popolazione facilmente gestibile”.
Questo che ha l’aria di essere un pistolotto (della serie come eravamo e come siamo diventati) si trova a pagina 55 di un romanzo che è tutto tranne che un romanzo a tesi nostalgico-passatista, e dunque tranquilli: “Altri destini. Una storia degli anni Settanta” di Walter G. Pozzi (Edizioni Paginauno, 2011) è un romanzo che parla piuttosto di fantasmi.
Tanti fantasmi: fantasmi di “nera” e fantasmi traslati. Fantasmi dei vivi e dei morti negli anni di piombo, fantasmi di padri e di figli, di scheletri nell’armadio e ideologia. Dei luoghi oscuri del rimorso e fantasmi della nazione. Nei Settanta del secolo scorso uno spettro rivoluzionario si aggirava per l’Italia e lo stato rispondeva colpo sul colpo, ricorrendo a mezzi leciti e illeciti per esorcizzarlo (à la guerre comme à la guerre): colpi esplosi ad altezza uomo durante i cortei, interrogatori stile macelleria argentina, imputazioni kafkiane, carcerazioni preventive che durano anni. Nel milieu incendiato di passione dei Settanta, la sorte capitata a Max Zeri nel romanzo (l’intrepido direttore di un settimanale di denuncia) somiglia ad altre esemplari capitate a tanti: accusato, in fondo, di libertà (libertà di pensiero politico, libertà di partecipazione, libertà di stampa) subisce il sopruso della carcerazione per via di un “caso” di omicidio – stradaiolo, movimentista, irrisolto - cui è stato testimone. Un ragazzo ucciso durante gli scontri di piazza tipici dell’epoca. Dopo diverse lune, il fortuito ritrovamento nell’armadio del suo maglione insanguinato, fornisce a Roman (figlio legittimo e polo dialettico-ideologico di Max) il pretesto per un viaggio a ritroso nel tempo in chiaroscuro della rabbia giovane. Nei giorni divaricati dell’eversione, delle menzogne di stato, del processo 7 aprile, dello stravolgimento radicale delle vite di tanti - vittime e carnefici, rossi e neri, studenti e poliziotti, latitanti e persecutori –, di chi è morto come di chi è rimasto.
“Altri destini” parte del milieu tesissimo dei fatti (una manifestazione degenerata in violenza onnilaterale), quindi ripiega in narrazione interiore, esistenziale, senza smarrirsi né smarrire il fine ultimo (anche politico) della storia. Una storia, in ultimo, fratricida, senza vincitori né vinti, e dunque, forse persino inutile, tenuto conto del bilancio di vite che ha fatto in pezzi. Attraverso la minuziosa restituzione interiore dei punti di vista, “Altri destini” si staglia dunque come un romanzo lato, riuscito e poliglotta sugli anni di piombo. Un romanzo diacronico dalla partitura densa, lirica/cronistica, privata/collettiva, comune/universale, al tempo stesso.
Altri destini. Una storia degli anni Settanta
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