Apostrofe, dalla parola greca apostréphein, significa "rivolgersi" e consiste, in pratica, nell’interruzione del discorso per rivolgersi con toni enfatici a qualcuno o a qualcosa, ovvero ad una persona, ad un oggetto o ad una cosa personificata.
Vi si ricorre quando si desidera conferire pathos a ciò che si sta dicendo o raccontando.
Gli esempi di apostrofe in letteratura sono numerosissimi: vediamo meglio cos’è l’apostrofe, gli usi e alcune apostrofi famose.
Apostrofe: definizione
L’apostrofe è una figura retorica attraverso cui chi parla interrompe d’un tratto il discorso e rivolge direttamente la parola a qualcuno o a qualcosa, anche assente, a cui prima non era diretta.
Apostrofe: cos’è
Dal greco ἀποστροϕή, der. di ἀποστρέϕω, ovvero "volgere altrove", l’apostrofe è una figura retorica usata soprattutto nel linguaggio poetico ma anche in quello giuridico (ne sono un esempio le arringhe degli avvocati) e in quello comune, quando si desidera persuadere o rimproverare qualcuno oppure invocare pregando.
In letteratura, si tratta di un procedimento stilistico attraverso il quale si interrompe bruscamente il discorso che si sta facendo e ci si rivolge in maniera enfatica a qualcuno o a qualcosa.
L’apostrofe comporta l’utilizzo della seconda persona singolare o plurale.
Ci si può rivolgere indifferentemente a persone, cose, oggetti personificati o direttamente a chi legge.
Si tratta, in sostanza, di un’invocazione o di un’esclamazione che dà maggiore enfasi a ciò che si sta dicendo; esprime dolore, gioia, commozione o indignazione.
L’apostrofe invettiva è quella che esprime indignazione attraverso toni particolarmente veementi, sarcasmo e dileggio.
Apostrofe: esempi letterari
Gli esempi di apostrofe in letteratura e poesia sono moltissimi: eccone alcuni fra i più famosi:
- "Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande
che per mare e per terra batti l’ali,
e per lo ’nferno tuo nome si spande!"
(Inferno, Canto XXVI, vv.1-3) Dante
- Ahi! Serva Italia, di dolore ostello
Nave senza nocchiere in gran tempesta…"
(Purgatorio, Canto VI, vv.76-77) con cui Dante crea un effetto di commozione nel lettore
- "Oh infelice
e di men crudo fato
degnovate!"
(La caduta, vv.17/19) Giuseppe Parini
- "O Niobe, l’antico
tuo grido odo alzarsi repente
al conspetto del Mare,
e il tuo disperato dolore
chiamar le figlie e i figli
per l’inesorabile chiostra,
e stridere odo l’arco
forte e sibilare lo strale."
(Alcyone, vv.41-48, G. D’Annunzio)
- Zacinto mia […]; o materna mia terra […] (sonetto A Zacinto, Ugo Foscolo)
- Straniere genti, l’ossa mie rendete (In morte del fratello Giovanni, Ugo Foscolo)
- Non chiederci la parola che squadri da ogni lato (Non chiederci la parola, Eugenio Montale)
- O Deo, che sembra quando li occhi gira! (Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira, sonetto del poeta medievale Guido Cavalcanti)
- San Lorenzo, io lo so perché tanto… (X agosto, Giovanni Pascoli)
- Garzoncello scherzoso […]; Godi, fanciullo mio […] (Il sabato del villaggio, Giacomo Leopardi)
- O graziosa luna, io mi rammento (Alla luna, Giacomo Leopardi)
- "O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?"
(A Silvia, vv.36-39), G. Leopardi
- Signor’, mirate come ’l tempo vola,
et sí come la vita (Italia mia, benché ’l parlar sia indarno), (Petrarca)
- Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono (Petrarca)
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Apostrofe: significato ed esempi della figura retorica
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