A fine proiezione, prima che il grande schermo diventi nero annunciando i titoli di coda, si ha la sensazione che il “domani” preannunciato nel titolo debba ancora arrivare.
È uscito al cinema da meno di due settimane ed è già il film italiano più visto dell’anno, vincitore del biglietto d’oro, con un incasso che ha superato i 7 milioni di euro. C’è ancora domani di Paola Cortellesi parla del passato per raccontare il presente; non è tratto da un libro ma ha alle spalle una lunga tradizione letteraria, perché nella storia di Delia è racchiusa quella di intere schiere di donne di oggi e di ieri, le cui voci attraversano il tempo squarciando il silenzio cui sono state costrette da quella ripetuta minaccia che ritorna, come un consumato refrain, anche nel film: “Stai zitta”.
Quelle donne, quelle voci “silenziate” ma non “silenti”, sono state registrate nelle pagine delle scrittrici, perché non restassero mute o inascoltate, “a bocca chiusa” come recita la canzone di Daniele Silvestri che chiude lo sceneggiato suscitando l’intima commozione degli spettatori.
“C’è ancora domani” di Paola Cortellesi: i libri, le voci, le scrittrici
Fotogramma dopo fotogramma, poeticamente in bianco e nero come omaggio alla grande tradizione cinematografica italiana da Roma città aperta a La ciociara, C’è ancora domani racconta una storia eterna, antica come le strade di Roma in cui si muove sempre di corsa la protagonista, e contemporanea al pari delle chiacchiere che sentiamo ogni giorno, di certe affermazioni stonate che ci danno i brividi, dei gesti di sottomissione inconsapevole compiuti dalle nostre mamme, dalle nostre nonne, dalle nostre zie o dalle donne che ci circondano, dalle amiche, imbrigliate in una relazione tossica e sempre disposte a perdonare. Nella storia di Delia troviamo riflesse grandi pagine di letteratura; di certo era questo l’intento di Paola Cortellesi, un tempo studentessa universitaria di Lettere e ora fervida sostenitrice sui social dell’hashtag #leggerecreaindipendenza. La forza di C’è ancora domani è dovuta anche ai libri che, forse involontariamente, persino inconsciamente, hanno ispirato il film rendendolo, di fatto, una grande storia corale e universale.
Le lettrici e i lettori, mentre scorrevano sullo schermo le scene del film, non avranno potuto fare a meno di pensare: “è una storia che ho già sentito, che ho già visto” arrovellandosi di continuo sul dove, sul come - e ben presto si saranno accese, come per un’intuizione folgorante, nelle loro menti delle frasi, delle parole lette un tempo e mai sbiadite nella memoria. Perché la storia di Delia parla proprio alla nostra memoria, invitandoci a non dimenticare ciò che è stato e, soprattutto, a fare tesoro della resistenza delle donne e a non renderla vana, proprio oggi che c’è ancora così tanto da dire e da ricostruire.
1. “La Storia” di Elsa Morante
Impossibile non vedere in Delia, interpretata dalla stessa Cortellesi, un pallido riflesso di Ida Ramundo, la protagonista de La Storia di Elsa Morante che si aggira per una Roma spettrale, devastata dalla guerra e occupata dai soldati, mentre tenta di salvare i figli sopportando ogni dolore con rassegnato patimento. Nel romanzo di Morante la violenza più inaccettabile si cristallizza nel corpo di Ida, sofferente, violato, molestato e tuttavia ancora capace di “dare la vita”. Le ferite e i segni delle botte sul volto di Delia ci restituiscono il viso di Ida Ramundo, la sua stessa tenace capacità di non soccombere. La maestra quarantenne di Morante, che gli altri definiscono spietatamente una “povera mentecatta”, è in realtà un’eroina straordinaria che commuove e continua a commuovere.
La storia
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2. “Le piccole virtù” di Natalia Ginzburg
L’esperienza della Seconda guerra mondiale è presente anche nelle pagine di un’altra grande scrittrice italiana del Novecento, Natalia Ginzburg che sovente narra nelle sue pagine la propria esperienza autobiografica durante la guerra e il secondo dopoguerra.
C’è ancora domani riporta alla memoria soprattutto un episodio narrato da Ginzburg nella raccolta Le piccole virtù: il racconto in questione si intitola Le scarpe rotte ed è emblematico della situazione di estrema povertà in cui la scrittrice viveva in quel periodo. Inizia dicendo: “Io ho le scarpe rotte e l’amica con la quale vivo ha le scarpe rotte anche lei”. La principale preoccupazione di Ginzburg, tuttavia, è che i suoi figli abbiano scarpe buone; per questo motivo lavora, patisce in silenzio. È il desiderio di dare ai figli una vita migliore ciò che la spinge a resistere, ora che ha perso tutto, persino il marito Leone.
Nel finale afferma: “baderò che i miei figli abbiano i piedi sempre asciutti e caldi”. Non è, forse, la stessa preoccupazione di Delia nel film? Lei che a un certo punto afferma di aver fatto tutta l’occupazione con una calza smagliata, ma risparmia per l’abito da sposa della figlia, perché vuole che lei sia “la più bella di tutte”. Questo sacrificio di madre, questa speranza nel futuro dei propri figli poiché sia migliore del presente, è narrata da Ginzburg in pagine commoventi di cui quelle “scarpe rotte” si fanno metafora struggente.
Le piccole virtù
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3. “Quaderno proibito” di Alba de Céspedes
Un altro tema affrontato in C’è ancora domani è la differenza di classe, la distanza tra la donna del popolo e la donna benestante, che tuttavia sono sempre accomunate da quell’imperativo pronunciato dai mariti: “Stai zitta” o talvolta ammorbidito da un non meno incisivo: “Cara, è meglio che non parli”.
In uno straordinario romanzo Quaderno proibito, ambientato negli anni Cinquanta ma ancora attualissimo, Alba de Céspedes narrava la storia di Valeria Cossati, moglie e madre in una famiglia romana modesta, assorbita dal ritmo irrefrenabile della quotidianità. Un giorno Valeria compra un diario in una tabaccheria e attraverso quel “quaderno proibito” scopre di avere una voce, che nella vita di tutti i giorni le è negata, ed è proprio attraverso la scrittura che ha inizio la sua tacita ribellione. Emblematico in particolare il rapporto tra Valeria e la figlia adolescente Mirella, che disprezza la vita rassegnata della madre e il legame apatico tra i genitori. Questo rapporto madre e figlia, questo tacito giudizio delle figlie sulla vita delle madri è ripreso in C’è ancora domani dove ha un ruolo cruciale la relazione tra Delia e la figlia Marcella , in cui è racchiuso un metaforico passaggio di testimone che si rivela nel finale.
Quaderno proibito
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4. “La donna gelata” di Annie Ernaux
La differenza di classe, dicevamo, e il sentimento di vergogna che ne deriva. Nel film questa “vergogna” è resa evidente da Marcella, la figlia di Delia, che si rifiuta di invitare a casa la famiglia benestante del fidanzato perché non vuole che i futuri suoceri vedano il padre che beve, la madre con la maglietta rammendata, i fratellini sudici che dicono parolacce. Proprio con questa contrapposizione, tra donna popolare e donna borghese, inizia La donna gelata della scrittrice francese Premio Nobel Annie Ernaux. La scrittrice osserva che le donne della sua famiglia: “parlavano tutte a voce troppo alta, avevano corpi trascurati, troppo grassi o troppo scialbi, dita ruvide”, emerge così il distacco tra queste donne, operaie e contadine, e le Madame Bovary della buona borghesia cui l’autrice finirà per appartenere. Ernaux in queste pagine narra il proprio “apprendistato femminile” mostrando che la sua condizione di transfuga di classe la emancipa socialmente; ma non di fatto. Nel modello del matrimonio il lavoro di “cura e accudimento”, denuncia Ernaux in questo libro scritto negli anni Settanta, ricade unicamente sulla donna. Quanto è pesante il “carico mentale” che una donna deve sopportare? Il film di Cortellesi non lo denuncia apertamente, ma lo rivela immagine dopo immagine mostrandoci Delia che prepara la colazione ai figli, il pranzo al marito e poi si precipita ad accudire il suocero infermo. Quest’emancipazione mancata è poi evidente in C’è ancora domani, quando Delia si rende conto che il futuro marito della figlia - in apparenza un bravo ragazzo borghese - è in realtà destinato a imporsi su di lei, a schiacciarla con la sua prepotenza come se lei fosse una cosa di sua proprietà, seguendo una logica patriarcale tramandata da padre a figlio.
La donna gelata
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5. “La resistenza delle donne” di Benedetta Tobagi
Nel grande finale di C’è ancora domani viene dato spazio alla “resistenza delle donne” che in Italia votarono per la prima volta nel marzo del 1946. Vediamo l’emozione di queste donne radunate ai seggi elettorali, sono numerose e compatte, invincibili come un esercito. Erano costrette a togliersi il rossetto prima di chiudere le buste, ma comunque trionfanti perché per la prima volta avevano la possibilità di far udire la propria voce, di poter esprimere la propria opinione, anche politica. La battaglia delle donne era iniziata, in realtà, molto tempo prima, come racconta lo splendido libro di Benedetta Tobagi, La resistenza delle donne, vincitore del Premio Campiello 2023. In queste pagine Tobagi racconta una moltitudine di storie di donne partigiane che hanno combattuto nella Resistenza, contribuendo alla costruzione della Repubblica italiana. L’autrice, attraverso un’accurata ricostruzione storica, restituisce la voce a tutte quelle donne che si sono rese protagoniste di una resistenza armata, ma soprattutto “civile”. Venivano abbattuti così gli stereotipi promulgati dal fascismo che vedevano nella donna una “moglie e madre esemplare” o un “angelo del focolare” attraverso il coraggio di donne che imbracciavano i fucili, portavano i pantaloni e, pur costituendo un’anomalia per l’epoca, hanno contribuito a costruire un cammino di libertà. Queste donne, narrate meravigliosamente da Benedetta Tobagi, fanno da sfondo alla scena finale di C’è ancora domani: sono le donne che circondano Delia e sembrano proteggerla, mentre risuonano forte le note di A bocca chiusa: “Guarda quanta gente c’è/Che sa rispondere dopo di me”.
La Resistenza delle donne
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6. “Stai zitta” di Michela Murgia
“Stai zitta” è una frase che attraversa l’intero film di Cortellesi, un ritornello costante ripetuto sia dagli uomini del popolo che dagli uomini borghesi. Le donne sono sempre messe a tacere, con violenza o con educazione, ma fa poca differenza. Si osservi il suocero che, al principio del film, fa notare a Delia che lei è una brava donna, ma ha il difetto di parlare troppo, dovrebbe imparare a tenere “la bocca chiusa”.
Quali sono le conseguenze di questo imperativo categorico: “stai zitta”? Le analizza Michela Murgia nel saggio Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più in cui, partendo dall’analisi della lingua italiana, denuncia l’abuso di potere del genere maschile che connota la società patriarcale.
Nel libro di Murgia troviamo un perfetto riassunto del film di Paola Cortellesi: violenza fisica, l’inaudita differenza di salario tra uomini e donne persino a parità di competenze, discriminazione professionale, il carico mentale che pesa sulle donne a causa della cura dei figli (e spesso anche degli anziani) e del lavoro domestico.
Stai zitta di Michela Murgia è stato edito dalla casa editrice Einaudi nel 2021 e questo ci dà l’esatta misura del punto in cui ci troviamo a livello di diritti delle donne nella società attuale.
Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più
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“C’è ancora domani”: il messaggio del film di Cortellesi
La sensazione indefinibile e pungente che ci assale, alla fine di questo lungo excursus letterario, è che quel “domani”, che dà il titolo all’osannato film di Paola Cortellesi, debba ancora arrivare. “Domani è un altro giorno”, profetizzava Rossella O’Hara nello struggente finale di Via col vento, proprio lei, una donna capace di affrontare ogni avversità della vita, ci ricordava che “c’è ancora domani” con una frase divenuta simbolo trionfale della resilienza femminile.
In fondo è lo stesso messaggio che il film di Paola Cortellesi, novella Rossella O’Hara, vuole lanciare alla società contemporanea ed è il motivo per cui una pellicola apparentemente vintage, in bianco e nero, sta sbancando al botteghino. La verità è che questo film parla al presente e dovrebbero vederlo, soprattutto, gli uomini.
“Nina e i diritti delle donne”, il libro che ha ispirato Paola Cortellesi
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In un’intervista Paola Cortellesi ha dichiarato che a ispirarla durante la lavorazione del film è stato un libro per bambini, Nina e i diritti delle donne, consigliatale da una storica consulente alla produzione.
La regista ha letto il libro, un volume illustrato da Rachele Lo Piano e scritto da Cecilia d’Elia per Sinnos editrice, alla figlia Laura di undici anni.
Cortellesi racconta che la figlia era incredula mentre lei le leggeva le pagine di Nina e i diritti delle donne, perché non poteva immaginare un mondo in cui alle donne fosse negato il voto, il divorzio, addirittura il “diritto di parola”.
Paola Cortellesi ha spiegato a Laura che i diritti conquistati non sono mai eterni e bisogna invece lottare per mantenerli.
Non a caso il titolo del film, C’è ancora domani, parla al futuro, quindi alle nuove generazioni. Si conclude con la commovente lettera di una madre alla figlia, in cui è racchiuso un messaggio importantissimo - e proprio alla figlia, Laura, Paola Cortellesi ha dedicato il suo primo film da regista.
“C’è ancora domani” di Paola Cortellesi: il trailer ufficiale
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi: 6 libri da leggere se hai visto il film
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A questo bellissimo elenco di libri, ne aggiungerei un settimo, "Il testamento di Emilia". Molto meno noto degli altri, ma con una particolarità: è scritto da un uomo, Giandonato Disanto.
Ho visto un film didascalico.Molto. Ma si si parla di violenza di genere il molto non è mai abbastanza. Specie se quella è figlia di una cultura patriarcale che la giustifica. Ho visto un film femminista.Molto. Ma quando si uccide una donna al giorno, il femminismo non è mai abbastanza. Sopratutto perché girano ancora uomini convinti di aver sposato solo un corpo, e se ti trovi tra le mani un corpo da gestire puoi farlo indifferentemente con le botte, il ballo o il sesso. Ho visto un film politico.Molto. Ma quando come oggi il potere si occupa solo di tacitare il dissenso, il molto non è mai troppo. Delia vorrebbe dissentire ma non può. Lei che ama il senso del dovere più di sé stessa non può parlarne. Parlerà col voto. Ho visto un film che gioca con l’intelligenza dello spettatore: alzi la mano chi non è caduto nella trappola di sperare che Delia se ne fuga col meccanico. Quasi ce lo doveva perché non possiamo non dirci romantici. Invece no. Cortellesi ci convince che la fuga con l’amato non è la soluzione. Invece che fuggire una alla volta le donne devono restare tutte insieme a lottare. Col voto. Nella politica.