Che parlino le pietre di David Machado

La verità non è ciò che è accaduto, ma quel che ricordiamo di essa. David Machado, nel suo ultimo romanzo “Che parlino le pietre” pubblicato in Italia da Cavallo di Ferro nei primi mesi del 2013, affronta il tema della memoria personale e generazionale, intessendo una fitta trama sugli anni della dittatura in Portogallo e regalandoci una galleria di personaggi tanto intensi da sentirne il respiro.

La storia è quella di Nicolau Manuel, arrestato nel giorno del suo matrimonio con Graça dos Penedo dalla Guardia Nacional per un interrogatorio dal quale non farà più ritorno. È la storia della vita rocambolesca di quest’uomo perseguitato dalla sfortuna, dal dolore e dall’ossessione per una donna e per il futuro che avrebbe potuto costruire con lei. Non di meno è la storia di Valdemar, suo nipote adolescente irrequieto, al quale il nonno per anni ha raccontato le torture, le ingiustizie, le sofferenze fisiche e morali alle quali è stato sottoposto. Valdemar vuole bene a suo nonno, non sopporta di vederlo appassire davanti alle telenovelas, come in uno stato di rassegnato abbandono, e decide di impossessarsi della storia del nonno, della sua memoria e di scriverne una fine, di fare giustizia.

David Machado, giovane promessa della letteratura portoghese, ci fa camminare mano nella mano con i due protagonisti, ci rende partecipi delle loro storie e dei loro stati d’animo. Ci rende palese quanto siamo arbitrari nel raccontare solo ciò che vogliamo, tacendo particolari di noi stessi anche alle persone che amiamo, non per pigrizia o vergogna, ma solo per pudore o sorpresa.

“Che parlino le pietre” è un bellissimo ed intenso romanzo sulle occasioni mancate, sulle aspettative tradite, sulla sfortuna e sulla capacità di raccontare storie, di scrivere le proprie storie e quelle degli altri, ma anche sul non detto e su quanti equivoci, affettivi e situazionali, esso possa generare.