Il Premio Gregor Von Rezzori 2024 è stato assegnato a Michael Cunningham per il romanzo Day, edito da La nave di Teseo nella traduzione di Carlo Prosperi.
Lo scrittore statunitense si è aggiudicato il premio della Città di Firenze nella sezione “Narrativa straniera” con la seguente motivazione, in cui viene paragonato al celebre drammaturgo francese settecentesco Marivaux:
È straordinariamente profondo. Stilisticamente raffinatissimo, vero, lirico. Tocca, con grande intensità, i temi del matrimonio, dell’educazione dei figli, del fare arte, del sopravvivere a una pandemia, dell’avere “successo” o del “fallire” secondo i draconiani criteri americani.
Con la maestria di un Marivaux estremamente moderno, Cunningham esplora magistralmente i suoi numerosi personaggi e la sua complicata trama. Tutto è pienamente espresso in questo romanzo scritto da uno degli scrittori centrali di questa epoca. In Day non ci sono mai troppe parole (o troppo poche).
Tutti i personaggi sono perseguitati da un senso esistenzialista di inautenticità. Ammiriamo molto la straordinaria capacità di Cunningham di capire le maniere e la morale, le aspirazioni sfumate e le speranze assillanti dei suoi personaggi, così diversi tra loro.
Il romanzo Day, edito in Italia lo scorso gennaio dalla casa editrice milanese di Elisabetta Sgarbi, segna il grande ritorno di Cunningham al romanzo dopo il capolavoro, The Hours (Le Ore, Ndr), premio Pulitzer nel 1999, dal quale è stato tratto un celebre film di Stephen Daldry nel 2002 con protagonista Meryl Streep.
I due libri appaiono già in dialogo sin dal titolo: Cunningham torna a parlare del Tempo utilizzando il lessico frammentato e scomposto delle relazioni umane. Ritornano i temi cari all’autore americano e la struttura tripartita, in tre atti, che lo ha reso celebre, ovviamente domina incontrastata la sua maestra di scrittura, Virginia Woolf, che in queste pagine rivela tutto il potere della sua immortale influenza letteraria.
“Day” di Michael Cunningham: perché è un libro da leggere
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E se il momento più felice della nostra vita l’avessimo già vissuto?
C’è una frase dell’ultimo libro di Michael Cunningham – inserita in un dialogo, come la maggior parte delle rivelazioni inattese offerte dall’autore – che sembra contenere un infinito universo di senso:
Pensi davvero che Robbie abbia passato vent’anni a inseguire una cosa successa per pochi giorni quando ne aveva diciassette?
Non c’è una risposta vera, il nodo si scioglie nella conversazione tra i due personaggi, però, oltre il balbettio incoerente della lingua della comunicazione, rimane la perfezione di un attimo che la scrittura di Cunningham ci restituisce appieno.
Il giorno più felice della vita di Robbie, quella lontana gita nel Minnesota, diventa la metafora più convincente della felicità, che è fatta di niente eppure è fatta di tutto - e si compone insieme di innocenza e transitorietà. È un attimo transitorio che esiste per sempre e rivive nella memoria, seppure con punti di vista discordanti, di tutti i personaggi. Viene così catturato un “moment of being” di woolfiana memoria; tutto l’ultimo libro di Michael Cunningham, a ben vedere, ha una matrice woolfiana. Se in The Hours l’autore si era ispirato a Mrs Dalloway, stavolta il suo modello è Gita al faro.
La sperimentazione sul tempo di Michael Cunningham sta aprendo una nuova frontiera nella narrativa: le sue pagine riescono a raccontare come le persone cambiano attraverso il tempo e, al contempo, l’effetto del tempo sulle persone, due cose assai dissimili – non parallele come spesso si crede – ma divergenti. Day racconta lo stesso giorno, il 5 aprile, nell’arco di tre anni diversi: 2019, 2020, 2021, nella vita di una famiglia.
In questo libro viene trattato il tempo vuoto della pandemia, che sostituisce il “tempo della guerra” narrato da Virginia Woolf nella parte centrale di Gita al faro.
Forse un giorno riusciremo a comprendere appieno l’effetto della parentesi pandemica sulle nostre vite. I social network diventano narrazione metaletteraria e atto di finzione in questo libro, dove si tratta il tema dei social come inganno. Sono numerosi i dialoghi riportati tramite mail, post social e messaggi whatsapp con una scrittura sperimentale che tenta di indagare la frammentarietà del presente.
In particolare Instagram svolge un ruolo cruciale nelle pagine dove il profilo di Wolfe (il nome non è casuale, rappresenta un omaggio in codice di Cunningham alla sua maestra di scrittura) è coniato dai due fratelli, Isabel e Robbie, per evadere dalla realtà tramite la vita “perfetta” di un personaggio immaginario: la situazione, naturalmente, è destinata a sfuggire a entrambi di mano. Wolfe diventerà un surrogato all’assenza, una maniera per declinare il vuoto della perdita: il che stimola una riflessione interessante sulle dinamiche astrattive dei social network e sulla percezione della realtà fisica come prigione. L’insoddisfazione e la frustrazione sono i sentimenti dominanti nelle vite dei protagonisti: sorprendentemente fanno capolino anche nelle vite dei bambini, Nathan e Violet, che rivelano il lato oscuro dell’infanzia con i loro malumori, le loro angosce, i traumi manifestati da fantasmi veri o presunti.
La trama del romanzo è scarna, perché nella scrittura di Cunningham non è la trama che conta, ma le sensazioni che ci restituisce. Day coglie l’idea del tempo come “evento che ci attraversa”. Proprio come in The Hours, la vita raccontata da Cunningham è dolce e spietata al contempo, scorre come una melodia nostalgica che nel finale ci lascia con un senso ineffabile di sospensione e uno strano bruciore negli occhi. Sappiamo, in qualche modo, che i personaggi continueranno a vivere oltre il punto finale e che noi non potremo più cogliere i loro pensieri. Il tempo si dilata oltre la storia, questo è uno dei sortilegi della scrittura di Cunningham.
Woolf non definì To the Lighthouse un romanzo, ma un’elegia. Lo stesso si potrebbe dire di Day di Michael Cunningham, dalla prosa così simile a una partitura musicale, che sembra cogliere l’essenza irriducibile di un momento transitorio e renderla eterna, come una promessa.
Straordinario il monologo di Isabel nelle pagine finali, è tutto coniugato al futuro: dopo una lunga meditazione sul passato, ecco che d’improvviso ci costringe a immaginare.
Recensione del libro
Day
di Michael Cunningham
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Day” di Michael Cunningham vince il Premio Gregor Von Rezzori 2024
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