Diario di Hiroshima
- Autore: Michihiko Hachiya
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2005
Sono le 8:15 del 6 agosto 1945 quando il bombardiere B-29 degli Stati Uniti sgancia il primo ordigno nucleare della storia sopra Hiroshima che fu rasa al suolo. Tre giorni dopo alle 11:02 la stessa sorte toccò alla città di Nagasaki. Così ha inizio l’era atomica.
Il diario di Hiroshima di Michihiko Hachiya è un libro drammaticamente unico che ci permette di vedere la realtà dell’esplosione nucleare nell’immediatezza dei fatti, con gli occhi di chi l’ha vissuta. Infatti l’autore (1903-1980) dirigeva l’Ospedale locale riservato ai dipendenti del Ministero delle Comunicazioni, sito a poco più di un chilometro dal punto di impatto.
Nel momento fatale il medico si trovava nella sua abitazione, poco distante dal luogo di lavoro. A causa delle ferite riportate fu costretto a una breve degenza, ma nei giorni successivi rimase in città per curare i sopravvissuti dato che l’ospedale in cemento armato rimase in piedi. Nessuno immaginava le cause della deflagrazione, solo a distanza di una settimana si cominciò a ipotizzare un ordigno atomico.
Il dottor Michihiko Hachiya l’8 agosto iniziò la stesura del diario che copre i giorni dal 6 agosto al 30 settembre. Decise di darlo alle stampe nel 1955 con il titolo Hiroshima Diary. Il racconto della sua esperienza si impone da solo.
Non è la prima volta che la guerra viene raccontata dagli occhi di chi le sopravvive. È la prima volta che l’umanità si confronta con un’arma nucleare e ha il tempo di raccontarlo. A titolo esemplificativo della sua caratura stilistica ed etica ne riporto alcuni stralci. Il dottor Tabuchi, accorso a visitare il collega ferito, gli riferisce con queste parole quanto accaduto il giorno precedente. Il tono impersonale ha il distacco dello straniamento recitativo brechtiano. Purtroppo non c’è finzione.
Quando è avvenuta l’esplosione ero nel mio giardino, intento a potare gli alberi; all’improvviso ho visto un lampo di luce bianchissima e accecante e sono stato investito da una vampata di calore. Ho avuto appena il tempo di chiedermi cosa era accaduto, che ci fu una tremenda esplosione. La violenza dell’urto mi scaraventò a terra, ma per fortuna rimasi illeso e anche mia moglie non si è fatta niente. Ma doveva vedere casa mia! Non è crollata, ma s’è tutta inclinata su un fianco, non ho mai visto nulla di simile. Dobbiamo dirci fortunati di essere ancora vivi.
Poco dopo sopraggiunge in ospedale il dottor Katsutani, amico di vecchia data dell’autore, dalla personalità emotiva, sconvolto e singhiozzante.
Ecco cosa riporta con parole di contenuta commozione e pìetas:
Per arrivare fin qui ho dovuto procedere sui binari della ferrovia, ma anch’essi erano ingombri di cavi elettrici e di vagoni fracassati e dappertutto c’erano morti e feriti. Arrivato al ponte mi è apparsa una scena spaventosa. Appunto non potevo credere ai miei occhi: seduto sul sellino di una bicicletta appoggiata al parapetto c’era il cadavere stecchito di un uomo.
(…) Ma ancora più impressione che non la vista dei morti travolti dalla corrente elettrica, m’han fatto i soldati. Non so quanti ne ho visti, tutti coperti di ustioni dalle anche in su; la pelle era caduta a brani lasciando scoperta la carne viva, umida di siero [una parte del sangue]. Ma i loro volti non esistevano più: occhi, naso, bocca, tutto era stato mangiato dal fuoco e pareva che le orecchie si fossero liquefatte; non si capiva più qual era il volto e quale la nuca. C’è n’era uno col viso irriconoscibile senza labbra, si scorgevano i denti bianchi che gli spuntavano in fuori. Mi chiese un po’ d’acqua, ma non ne avevo, ho congiunto le mani e ho pregato per lui. Non ha detto nient’altro.
La realtà dei fatti è filtrata attraverso molteplici punti di vista sia di coloro che raccontano le proprie esperienze, sia dell’autore che le riporta come in questi casi. Il passato prossimo è il tempo dell’esplosione.
Il presente è il tempo dello sfogo e di una consapevolezza che avrà bisogno di tempo per prendere forma. E il dramma, via via che le varie voci aggiungono particolari, acquista un contorno, un senso mai.
È una lettura intensa e doverosa in cui l’autore, senza tradire emozioni e con la precisione dello scienziato, annota giorno per giorno nel suo diario tutto ciò che vede o che gli altri gli raccontano di aver visto.
Vuole lasciare una testimonianza oggettiva alle generazioni future, che avranno la responsabilità di scegliere quale direzione imprimere al loro cammino.
Diario di Hiroshima
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