Diventa chi sei di Emilie Wapnick

Emilie Wapnick con Diventa chi sei (MGMT, 2018, trad. M. Bisanti) ci porta alla scoperta di un concetto ancora non troppo conosciuto, ovvero quello di multipotenzialità.
Come ci indica il sottotitolo, i multipotenziali sono “persone creative che hanno molteplici passioni e interessi” e che quindi, spesso, per questo motivo fanno fatica a specializzarsi in un settore e a portare avanti un’unica carriera durante il corso della vita. Dedicarsi a un unico progetto li porta infatti a sentirsi ingabbiati e ad avere la percezione, solitamente fondata, di star soffocando le proprie capacità. Wapnick con questo libro si ripropone pertanto di dare a questi soggetti gli strumenti per individuare la loro multipotenzialità, senza sentirsi in colpa o inadeguati quando si ritrovano con molti progetti lavorativi per le mani e tendono a cambiare a più riprese il percorso di studi o quello lavorativo.

Com’è facilmente intuibile, il concetto di multipotenziale è molto ampio, e questo fa sì che a ognuno si addicano strategie diverse. Alcune persone, infatti, si trovano meglio a portare avanti più progetti simultaneamente, mentre altri si occupano di una sola cosa per volta, pur spaziando molto nel corso della loro esistenza.
Tenendo conto di questi due estremi, Wapnick indica quattro approcci diversi in base al punto in cui si colloca ogni multipotenziale. Si parte dall’“Abbraccio di gruppo”, un modello di lavoro incentrato su un’unica carriera poliedrica, che permette di sviluppare contemporaneamente più attività e interessi, per passare poi all’“Alternanza”, ossia impegnarsi allo stesso tempo, alternandoli regolarmente, in due o più lavori part time. L’“Approccio Einstein”, invece, si basa su un unico lavoro abbastanza soddisfacente che lasci però sufficiente tempo per dedicarsi ai propri interessi; infine, la “Fenice” riguarda coloro che si dedicano per diverso tempo a unico progetto, per poi cambiare rotta e dedicarsi a qualcos’altro di completamente diverso.

“Temevo di essere geneticamente incapace di concentrarmi su un obiettivo e portarlo a termine. C’era qualcosa di sbagliato in me, ne ero certa. Qualcuno dirà: pensieri frivoli di una ragazza privilegiata, magari dovuti all’età o alla mancanza di maturità, ma “Che ci faccio qui?” è una domanda che tutti gli esseri umani si pongono. Vivere sulla propria pelle questo genere di confusione – che non riguarda solo la carriera, ma l’identità – mi sembra tutto fuorché frivolo. È paralizzante.”