Hemingway e l’Italia
- Autore: Richard Owen
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Donzelli
- Anno di pubblicazione: 2017
Il mito romantico di Ernest Hemingway non accenna a scemare, mentre continuano le pubblicazioni che lo riguardano: questo saggio godibilissimo dello scrittore e giornalista Richard Owen, per anni corrispondente in Italia del Times, ha un taglio originale ed inedito: il rapporto del grande scrittore, premio Nobel per la letteratura, con l’Italia, vissuta, attraversata, amata, rimpianta per tutta la sua vita, stroncata come sappiamo da un colpo di fucile.
In “Hemingway e l’Italia” Richard Owen ricostruisce con precisione, servendosi di fonti d’archivio, articoli, testimonianze, incontri, documentati nella lunga bibliografia in fondo al volume, l’intera vita dello scrittore americano a partire dalla sua partecipazione alla Prima guerra mondiale, quando lui, ragazzo del 1899, si era arruolato come volontario al seguito dell’esercito italiano reduce dalla sconfitta di Caporetto, come autista di autoambulanze. Richard Owen ricostruisce quegli avvenimenti confrontandoli con quelli raccontati quasi dieci anni dopo da Hemingway nel celeberrimo “Addio alle armi”, il romanzo che lo consacrò nel panorama letterario mondiale. La storia della crocerossina, forse Agnes, forse una ragazza di Torino, con cui il giovanissimo volontario intraprende una focosa relazione sentimentale in ospedale a Milano, dopo che era stato ferito gravemente mentre trasportava sulle spalle un ferito guadagnandosi una croce al valore, viene raccontata in forma romanzesca: Catherine, la bella infermiera, muore di parto nel romanzo, mentre documenta Owen che la vera Agnes non aveva seguito Ernie in America anzi gli aveva preferito un nobile militare italiano.
Per tutto il libro l’autore mette a confronto i personaggi e le storie descritte nei libri con la realtà; Hemingway tendeva ad esagerare, a raccontare bugie, a immaginare atteggiamenti e vicende amorose mai davvero accadute, un po’ per il suo carattere esuberante ma, soprattutto, per le bevute incredibili di superalcolici di cui era capace. Nel racconto di Owen infatti seguiamo Ernest Hemingway girare tra Italia, Parigi, la Spagna, ma soprattutto fermarsi nel Veneto, la sua regione di elezione: il ricordo della guerra, i morti, le trincee, il dolore visto e vissuto non lo abbandoneranno mai. Eccolo allora tornare ripetutamente nelle ville sul Brenta, a caccia di anatre, ospite di famiglie di aristocratici che si facevano un vanto di avere con loro un personaggio che sempre più si affermava nel mondo culturale ma anche nella grande mondanità europea; eccolo a Cortina, all’Hotel Bellevue in lunghi soggiorni, mentre al Posta incontrava le gentildonne veneziane bevendo Martini ed Amarone, il suo vino preferito; soprattutto però la città più amata restò Venezia.
“Ora, se guardi oltre Murano vedi Venezia. Quella è la mia città”.
La grande decadente laguna, quella che aveva ispirato Henry James e Thomas Mann, la città d’amore e morte, sarà la protagonista del suo ultimo romanzo, “Di là dal fiume e tra gli alberi”. Mentre soggiornava al Gritti Palace sul Canal Grande, dove una suite ancora lo ricorda, mentre scriveva durante la notte, ospite della Locanda Cipriani di Torcello, mentre passava ore all’Harry’s bar, spesso in compagnia della appena diciannovenne Adriana Ivancich, bella e sensuale che sarà l’ultimo grande amore italiano dello scrittore, trasformata nel romanzo nella eterea Renata, Hemingway tracciava le ultime riflessioni amare della sua vita, che era partita dolorosamente proprio da quella regione italiana, oltre trenta anni prima. Lo scandalo provocato nella nobile società veneziana dall’episodio contenuto nel romanzo, quando i due amanti, l’americano ormai anziano e Renata fanno l’amore in gondola, sotto una coperta, costringeranno Hemingway a rinunciare al rapporto, sia pur platonico, con la giovane aristocratica veneziana.
Milano, Torino, Padova, le Dolomiti, Treviso, Bassano del Grappa, Genova, Rapallo, Alassio, La Spezia, Orbetello, Taormina, Capri, fanno parte della geografia affettiva dello scrittore americano tanto quanto Parigi, la Spagna, Cuba, l’Africa. Il suo rapporto col cattolicesimo, iniziato con una Estrema Unzione impartita da un prete italiano mentre era ferito nel 1918, rimarrà sempre ambiguo ma importante nella sua complicata vita spirituale; il rapporto con le donne, mogli e amanti, avrà in Italia il suo punto più alto: Agnes e Adriana, non mogli ma amatissime. Non riuscì ad imparare mai bene l’italiano, che storpiava, ma i suoi più cari amici furono italiani: non solo aristocratici, i Franchetti, i Kechler, gli Ivancich, i Greppi, ma anche autisti, barmen, osti, camerieri, compagni d’armi. Il ritratto di Ernest Hemingway che Richard Owen ci consegna è ricco di personaggi notissimi che lo scrittore incontrò nel nostro Paese: da Mussolini a D’Annunzio, da Fernanda Pivano ad Arrigo Cipriani, ma anche Ezra e Dorothy Pound e tanti americani che in Italia si erano felicemente stabiliti. Viene voglia, dopo aver finito di leggere Owen di rileggere tutto Hemingway, ed è un bel risultato per una così particolare biografia.
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