“Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira testa, occhio e cuore. È un modo di vivere”.
È stata questa frase che ha guidato l’intera esistenza di Henry Cartier-Bresson (1908-2004), uno dei più importanti fotografi del XX Secolo, protagonista di una grande retrospettiva romana che si è aperta ieri a Roma nel nuovo spazio espositivo dell’Ara Pacis. La mostra proveniente dal Centre Pompidou Musée National d’Art Moderne di Parigi è curata da Clément Chéroux, storico della fotografia e curatore presso il Centre Pompidou, viene presentata a dieci anni esatti dalla morte del pioniere del foto-giornalismo.
Hyères. Francia, 1932. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy Fondation HCB
La grande esposizione, promossa da Roma Capitale Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e prodotta da Contrasto e Zètema Progetto Cultura, espone oltre 500 tra fotografie, disegni, dipinti, film e documenti, riunendo le più importanti icone ma anche le immagini meno conosciute di Cartier-Bresson. Si possono ammirare 350 stampe vintage d’epoca, 100 documenti tra cui quotidiani, ritagli di giornali, riviste, libri manoscritti, film, dipinti e disegni. Cofondatore nel 1947 della celebre agenzia Magnum, il grande Maestro, attraverso tutto l’arco della sua sessantennale carriera, percorrendo il mondo e posando lo sguardo sui grandi momenti della Storia, è riuscito sempre a unire la poesia alla potenza della testimonianza.
“A volte mi chiedono: ‘Qual è la foto che preferisci tra quelle che hai realizzato?’. Non saprei, non mi interessa. Mi interessa di più la mia prossima fotografia, o il prossimo luogo che visiterò”.
Dal Surrealismo alla Guerra Fredda, dalla Guerra Civile Spagnola alla II Guerra Mondiale (Henry fotografo dell’esercito, prigioniero, fuggiasco e combattente della Resistenza, nel ’45 immortalò con la sua compagna, una Leica 35 mm con lente 50 mm, la liberazione di Parigi) alla decolonizzazione. Cartier-Bresson è stato uno dei grandi testimoni del Novecento, anzi, “l’occhio del secolo” come giustamente viene chiamato. “In realtà la fotografia di per sé non mi interessa proprio; l’unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo di realtà”.
Tre grandi periodi scandiscono l’opera di questo instancabile viaggiatore che era nato con la passione per la pittura “da bambino, la facevo il giovedì e la domenica, ma la sognavo tutti gli altri giorni”.
Il primo periodo, dal 1926 al 1935, nel quale Cartier-Bresson frequenta i surrealisti restandone affascinato, compie i primi passi nella fotografia e intraprende i suoi primi viaggi in Africa, Spagna, Italia, Germania, Polonia e Messico.
Il secondo periodo, dal 1936 al 1946, è quello del suo impegno politico militante (a New York con Paul Strand e il Nykino Group, a Parigi e l’Associazione degli artisti e scrittori rivoluzionari), del rapporto con la stampa comunista con Robert Capa e Louis Aragon e dell’esperienza del cinema (fu assistente del regista Jean Renoir e diresse nel 1937 la pellicola Return to life). Cartier-Bresson diceva che il cinema gli aveva “insegnato a vedere”.
Dietro la stazione Saint-Lazare, Parigi, 1932. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy Fondation HCB
Il terzo periodo, dal 1947 al 1970, prende il via dalla creazione della prestigiosa agenzia Magnum Photos insieme con altri due mostri sacri del fotogiornalismo nonché amici, Robert Capa e David Seymour, e mostra i reportage in Cina e in India i funerali di Gandhi. Henri Cartier-Bresson fu il primo fotogiornalista a entrare in URSS dopo la morte di Stalin. E poi ancora troviamo Cuba, L’Uomo e la Macchina e la serie Vive la France. Il percorso espositivo è diviso in nove parti: Introduzione, Prime fotografie, Viaggi fotografici, L’impegno politico, Le guerre, Il reporter, Il reporter professionista, La fotografia dopo la fotografia e Ricognizione.
Tra le tante fotografie esposte ne scegliamo due: maggio ’37 il popolo inglese osservato dall’”occhio assoluto” di Cartier-Bresson inviato a Londra dal quotidiano comunista Ce Soir per fotografare l’incoronazione di Giorgio VI. Le immagini non mettono in mostra il nuovo monarca, ma i suoi sudditi. 1951: il borgo abruzzese di Scanno in provincia dell’Aquila fermato in un normale giorno di vita dei suoi abitanti: le donne vestite di nero portano sulle loro teste dei vassoi di pane.
La mostra proponendo una nuova lettura dell’immenso corpus di immagini che Cartier-Bresson ha lasciato, copre l’intera parabola professionale del grande fotografo ed è il risultato di un lungo lavoro di ricerca svolto dal curatore nel corso di molti anni di studio nell’archivio di Cartier-Bresson.
“Abbiamo cercato di considerare le stampe da esporre come dei documenti estremamente importanti. Nell’esposizione si comincia dalle immagini piccole, come il gusto dell’epoca, come quelle realizzate nel periodo africano. Mano a mano che si procede nella mostra e quindi per così dire si afferma e si consolida il nome di Cartier-Bresson, le stampe diventano più grandi, acquistano maggior spazio. Chi guarda quindi comprende come cambiava cronologicamente il lavoro del fotoreporter, il suo essere fotografo”
ha dichiarato Clément Chéroux durante la conferenza stampa di presentazione della mostra.
All’interno del percorso museale il visitatore avrà modo di ammirare immagini note accanto a scatti inediti o poco conosciuti, pezzi unici di un eccellente mosaico che fotografa un secolo.
“Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento”.
Siviglia, Spagna, 1933. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy Fondation HCB
Henry Cartier-Bresson
Museo dell’Ara Pacis. Nuovo spazio espositivo Ara Pacis
Ingresso da Via di Ripetta
26 settembre 2014 - 25 gennaio 2015
Ingresso: € 11 - ridotto € 9,00
Orario: martedì - domenica 9 – 19
Il venerdì e sabato, per l’intera durata della mostra, prolungamento dell’orario di apertura, del solo spazio espositivo (Via di Ripetta), fino alle 22.00 (ultimo ingresso ore 21.00)
Chiuso il lunedì
Info: tel. 060608
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Henri Cartier-Bresson: “Lo sguardo del secolo” in mostra a Roma
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