In occasione della Giornata mondiale della poesia scopriamo qual era il valore della poesia secondo Giuseppe Parini.
Nel suo Discorso sopra la poesia, scritto nel 1761, è una delle più celebri opere pariniane, l’autore polemizzava con quanti mettevano in discussione la legittimità della poesia e la sua pratica diffusa. Si era nella seconda metà del Settecento, ovvero in piena Età dei Lumi, nell’era che sanciva il primato della ragione e dello scientismo; il discorso pariniano deve essere dunque contestualizzato nell’epoca in cui è stato scritto, tuttavia rivela un punto di vista singolare che getta nuova luce anche sulla società attuale.
Nel principio del Discorso sopra la poesia infatti Parini faceva riferimento proprio allo Spirito filosofico inteso come quel “Genio felice sorto a dominar la letteratura di questo secolo” che giungeva a illuminare le menti con il Fuoco della ragione capace di dissipare le tenebre dei pregiudizi. L’autore passa in rassegna il progresso apportato dallo spirito filosofico illuminista nei vari ambiti della società, giungendo infine alla poesia. Nel secolo Illuminista la Poesia ha perduto il suo sommo titolo di divina e celeste “Maestra di tutte le cose”, osserva Parini, e si assiste a un impoverimento di questa nobile arte.
Proprio da qui prendono avvio le riflessioni dell’autore attorno alla poesia, nel tentativo di difenderne la legittimità e il valore anche dinnanzi ai cosiddetti “misuratori di parole”, ovvero coloro che credevano di poter comporre una poesia “illuminata” solo seguendo correttamente le regole della metrica. La difesa di Parini si rivolge in particolare a quanti, applicandosi in altre professioni o altre arti, intendono dare un giudizio sopra la poesia ritenendola vana o vile, un “intrattenimento per gente oziosa” e giudicandola in sostanza “inutile agli umani bisogni”. A questa definizione l’autore si oppone con la sua arringa in difesa dell’arte poetica, ovvero Il Discorso sopra la poesia, che risulta attuale ancora ai giorni nostri.
Scopriamo a quali conclusioni perviene Giuseppe Parini nel corso del suo discorso.
Il Discorso sopra la poesia di Parini: significato
La prima conclusione cui giunge Parini è che il fine della poesia è il diletto.
Esser la poesia l’arte d’imitare o di dipingere in versi le cose in modo che sien mossi gli affetti di chi legge od ascolta, acciocchè ne nasca diletto. Questo è il principal fine della poesia, e di qui ha avuto cominciamento.
La poesia dunque è un’arte che reca diletto e suscita nell’animo umano delle passioni: con questo scopo è nata e si è originata a partire dalle arcaiche sinfonie degli aedi. Parini la paragona, in questo senso, alla pittura, alla scultura e ad altre nobili arti che rendono gli uomini immortali e sembrano trascendere la dimensione terrena.
In seguito l’autore passa ad analizzare la necessità del “diletto” nella vita umana, in una sorta di parafrasi del detto “non di solo pane vive l’uomo” fa notare che l’essere umano, sin dall’antichità, non si è solamente dedicato ad attività di sussistenza quali la caccia o l’agricoltura. Da ciò Parini deduce che la poesia è un’arte che appartiene all’intima essenza dell’uomo, poiché è conosciuta in ogni lato del globo, persino dai selvaggi d’America, e la sua universalità ne conferma la necessità alla specie umana.
L’autore immagina a questo punto che, al pari della musica e della danza, la poesia sia nata in origine da un “dolce affetto dell’animo” è dunque un modo, uno strumento, per poter esprimere “dolore o piacere”.
Il pregio della poesia, osserva Parini, è quello di eccitare l’anima di chi la ascolta o la legge con le passioni che essa “copia dal vero”.
Infine Giuseppe Parini, dopo averci spiegato l’essenza e la definizione di poesia, passa ad analizzarne l’utilità opponendosi al giudizio dei suoi contemporanei:
Ma la Poesia può ancora esser utile a quella guisa che utili sono la religione, le leggi e la politica.
Dice che Omero ha insegnato la condotta delle cose militari, mentre Esiodo ci ha insegnato l’agricoltura e altre arti sia fisiche che morali. Dunque, qual è l’utilità della poesia? Quella di offrirci una morale, secondo Parini, di allontanarci dal vizio turpe e di avvicinarci alla virtù.
Egli è certo che la poesia, movendo in noi le passioni, può valere a farci prendere abborrimento al vizio, dipingendocene la turpezza, e a farci amar la virtù, imitandone la beltà.
La poesia, secondo Parini, può contribuire a rendere l’uomo migliore invitandolo a perseguire il “Sommo bene” inteso dai filosofi, diffondendo sentimenti nobili quali amore, fede, amicizia, amor di patria e gloria.
Cosa deve fare il poeta secondo Parini?
Analizzando nello specifico il ruolo del poeta, Parini deduce che non tutti possono essere poeti; in quanto al poeta spetta una nobile arte, deve essere ispirato e capace di smuovere le passioni nel cuore umano. Eleva il poeta a una professione pari a quella di un medico o di un avvocato, richiede una particolare propensione e formazione individuale, oltre che un innegabile talento.
Il poeta, come si può dedurre da quel che di sopra abbiamo detto della poesia, dee toccare e muovere; e, per ottener ciò, dee prima esser tócco e mosso egli medesimo. Perciò non ognuno può esser poeta, come ognuno può esser medico e legista.
Un poeta, dice Parini, deve nascere poeta avendo una visione personale e singolare della realtà, venendo toccato in maniera singolare dagli oggetti e le sembianze che lo circondano. In definitiva, dunque, deve essere un individuo non ottuso o volgare, ma dotato di una particolare singolarità.
Qual è il significato della poesia secondo Parini?
In conclusione, cos’è la poesia? Giuseppe Parini nelle ultime battute del suo discorso ci dice che la poesia vera non è quella dotata di perfetta costruzione metrica, frutto del pensiero o della ragione, ma quella che smuove le passioni umane e desta meraviglia. Tramite una metafora l’autore ci dice che la poesia vera non è un nobile palazzo, ma una “veduta di campagna” che ci inonda di dolcezza e ci permette di allargare la nostra facoltà di immaginazione.
La poesia che consiste nel puro torno del pensiero, nella eleganza dell’espressione, nell’armonia del verso, è come un alto e reale palagio che in noi desta la maraviglia ma non ci penetra al cuore. Al contrario la poesia che tocca e muove, è un grazioso prospetto della campagna, che ci allaga e ci inonda di dolcezza il sono.
Parini attribuiva alla poesia una finalità etica e morale, ma non la svincolava dal suo principio benefico e originario, ovvero il diletto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il discorso sopra la poesia” di Parini: significato e analisi
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