Il faraone d’Olanda
- Autore: Kader Abdolah
- Genere: Letteratura di viaggio
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2022
“Né più mai toccherò le sacre sponde / ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia…”
Sono i versi iniziali della celebre poesia di Ugo Foscolo che narrano la storia di un esilio che, ante litteram, raccoglie le voci di tutte quelle persone che sono costrette, nolenti o volenti, a lasciare la propria patria e a mettersi in viaggio, ricominciare una nuova vita. L’eco della terra natale tuttavia evoca sempre una certa nostalgia e il desiderio di poter tornare un giorno e ritrovare la serenità perduta smuove le anime di queste persone.
Abdolkarim, egiziano trapiantato in Olanda, vive una vicenda pressoché simile e la storia raccontata da Kader Abdolah ne Il faraone d’Olanda (Iperborea, 2022, trad. di Elisabetta Svaluto Moreolo) è testimone di quel dolore del distacco che gli esuli o gli emigrati soffrono. Tuttavia, viaggiare, partire alla volta di destinazioni ignote, senza appiglio alcuno e senza punti di riferimento spesso può rivelarsi foriero di sorprese e di straordinarie avventure.
In generale andarsene fa bene all’essere umano. Significa incontrare nuove persone, conoscere altre culture. E a volte si viene ricompensati con un dono prezioso.
La storia di Abdolkarim, nel frattempo diventato riparatore di lavatrici nei dintorni de L’Aia, si imbatte un giorno con quella di Zayed Hawass - pseudonimo di Herman Raven -, egittologo di fama grandiosa in patria e non solo, il quale nasconde nella propria cantina il sarcofago della regina Merneith.
I due condividendo, l’uno materialmente, l’altro spiritualmente, un legame profondo con la terra dei faraoni instaurano fin da subito un legame tenero e sincero di amicizia.
Zayed e Abdolkarim, Abdolkarim e Zayed. Entrambi in là con l’età, fanno i conti con la memoria che inizia a vacillare e con il tempo che scorre sempre più velocemente verso i titoli di coda delle loro esistenze:
Ho visto come si tengono l’un l’altro per non cadere
esclama il figlio di Abdolkarim. Per dare un senso alla loro passione comune, dunque, sognano di poter tornare un giorno in Egitto e riconsegnare la regina Merneith alla sua terra di origine. Per entrambi si tratterebbe della chiusura del cerchio; per Abdolkarim in particolare, un ritorno alla propria terra natale darebbe completamento alla propria esistenza e offrirebbe finalmente la possibilità di riabbracciare le foscoliane “sacre sponde” del Nilo.
Tuttavia agli occhi dei figli di entrambi gli anziani protagonisti del libro il progetto sembra un folle volo pindarico, se non addirittura un’operazione puramente nostalgica; i due però, sebbene nella loro ultima fase della vita, sembrano ringiovanire e tornare bambini immersi nel loro universo egizio.
Arrivano a mettere in campo macchinazioni di ogni tipo per coronare le loro ultime volontà, si divertono a giocare con la mummia come fosse la loro migliore amica.
Il vero senso della vecchiaia è l’insensatezza. Nasciamo bambini, cresciamo, diventiamo adulti, anziani e vegliardi, poi torniamo bambini. Io e Zayed siamo tornati bambini, ma chi può dire che i bambini fanno cose senza senso quando giocano? Lasciaci giocare, finché possiamo, figlia mia” Merie lo abbracciò e disse: “Perdonami, zio, hai ragione! Voglio essere testimone della vostra amicizia per tanto tempo ancora.
I figli comprendono perciò il valore che questa esperienza ha per i loro padri, ed ecco che emerge dal libro un franco contrasto fra generazioni che non sfocia mai in un conflitto drastico, anzi, molto spesso si trasforma in un dialogo portatore di reciproco rispetto mitigato da una sottile ironia che conduce la storia a un divertente gioco intergenerazionale. Cambiano le priorità fra giovani e vecchi, il mondo va avanti nel suo cammino di progresso, ma la sincerità dei sentimenti e l’affetto che i primi testimoniano ai secondi vengono descritti dallo scrittore iraniano con parole di intensa dolcezza.
Il faraone d’Olanda è un romanzo sulla migrazione che mette in scena avventura, intrigo e mistero, mescolando realtà ed atmosfere oniriche, e porta sulla scena riflessioni interessanti su quel diritto al ritorno – che molto spesso sfocia in una ricerca delle proprie radici o in un desiderio di pura e semplice libertà – a cui tutti i rifugiati dovrebbero poter aver accesso. Un romanzo sulla circolarità della vita, sul valore della memoria, ma anche e soprattutto sul viaggio, che ribadisce ancora una volta come l’altrove nasconda spesso un tesoro inestimabile di relazioni che danno senso all’esistenza. E l’amicizia fra Herman e Abdolkarim ne è una sicura conferma.
Tutti torniamo al luogo da dove siamo venuti.
Il faraone d'Olanda
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