Nel Settecento nascono un pubblico e un intellettuale nuovi. Il primo si interessa ai giornali, alle gazzette, agli interventi giornalistici sporadici. Il secondo è il critico militante. Cosa significa? Un critico militante è un critico che non si limita a recensire con un taglio erudito o informativo, bensì proponendo e sostenendo un giudizio personale. Questa nuova figura sociale è figlia dell’Illuminismo, che vede nella letteratura un terreno di confronto/scontro tra vecchio e nuovo. Baretti e Verri sono due esempi a riguardo.
Ecco una carrellata di testate del giornalismo italiano tra Seicento e Settecento. Le prime quattro riviste sono legate a una sola persona, generalmente fondatore e scrittore, e sono rivolte a un pubblico di fatto ancora ristretto. La vera svolta giornalistica in termini di intenti e comunicazione si ha con "Il Caffè".
Le prime testate
- "Giornale de’ letterati"
Sorge a Roma nel 1668 per iniziativa dell’abate Francesco Nazzari. Imita in modo evidente il primo giornale letterario in assoluto, il "Journal des Sçavans" che inizia la sua attività nel 1665 a Parigi.
- "Giornale de’ letterati d’Italia"
Esce a Venezia nel 1710 per iniziativa di Apostolo Zeni. Si occupa di informare sulle novità editoriali di letteratura, anatomia, storia, antiquariato. Tra i collaboratori vanta Ludovico Antonio Muratori e Giambattista Morgagni.
- "Gazzetta veneta"
Sorge a Venezia nel 1760 grazie al conte Gasparo Gozzi, fratello di Carlo, acerrimo nemico di Goldoni. Questo è il giornale più simile al nostro, per i seguenti aspetti: pubblicazione regolare bisettimanale; la parte più ampia comprende notizie di ogni tipo di carattere commerciale e di pubblica utilità (tra "Seconda mano" e "Le pagine gialle" nell’era pre- internet); la parte meno ampia che cattura il nostro interesse è quella dedicata alla cronaca della città. Pettegolezzi, aneddoti, incidenti, bozzetti della quotidianità trasformati dalla penna del giornalista in eventi eccezionali. Il collegamento tra il Gozzi e il pennello di Pietro Longhi è inevitabile.
"La frusta letteraria"
Pubblicato prima a Venezia poi ad Ancona con periodicità quindicinale da Antonio Baretti. Come suggerisce il nome, il giornale combatte una battaglia letteraria per promuovere una letteratura utile e moralmente didascalica. Una rivista moderatamente aperta al nuovo. Baretti firma i suoi articoli con il nickname di Aristarco Scannabue. Dietro questa firma c’è un personaggio che sembra uscito dal Candido di Voltaire.
È un vecchio soldato a riposo: abiti alla turca, gamba di legno, lingua pronta che si fa un baffo delle mezze misure e delle convenienze, uno schiavo altrettanto eccentrico al suo servizio, di nome Marduc. Ma cosa c’entra con la letteratura? Baretti ha costruito bene il suo alter ego. Infatti immagina che questo soldato a riposo legga le novità letterarie, che si procura grazie al curato del paese. A noi può sfuggire la logica che spinge il sanguigno Aristarco a criticare Goldoni e ad apprezzare Metastasio: proprio lui non disprezzava le pastorellerie? Aristarco/Baretti, però, è uno dei primi critici militanti e soprattutto un tipo di intellettuale moderno, che vive del proprio lavoro, senza mecenati. Inoltre introduce una prosa efficace e lineare, che tuttora contraddistingue il giornalismo.
Piero Gobetti battezza con il nome di "Il Baretti" il suo agguerrito giornale antifascista, da lui fondato e diretto dal 1924 al 1926, anno della sua morte, definitivamente chiuso dalla censura fascista nel 1928. Carlo Levi, Natalino Sapegno e Giacomo Debenedetti tra i collaboratori.
"Il Caffè"
Nato a Brescia nel 1768 per iniziativa del conte Pietro Verri, è espressione dell’illuminismo milanese. Perché si chiama così? Perché i suoi membri fanno finta di trascrivere stralci di conversazioni avvenute nella bottega milanese di un tal Demetrio, un caffettiere di origine greca dalla mente aperta.
Rappresenta un unicum nella sintetica carrellata di cui sopra per diversi motivi:
- anche se il fondatore è il solo Verri, il giornale è espressione di un gruppo riconducibile alla cosiddetta Accademia dei Pugni, un sodalizio di esponenti dell’aristocrazia già affiatato sul piano privato e culturale;
- concretezza dei problemi affrontati e finalità sociale;
- inaugura la formula giornalistica del periodico politico-culturale;
- affronta numerosi argomenti con un respiro europeo e soprattutto un unico obiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica su aspetti sociali di rilievo, in vista di un programma riformistico. Tanto che molti dei loro membri si misero al servizio del riformismo illuminato degli austriaci in Lombardia;
- l’articolo di apertura del periodico milanese, contenente le intenzioni programmatiche della rivista, colpisce per lo stile diretto, asciutto e chiaro e oserei dire conversazionale. L’incipit non è una cannonata?
"Che cos’è questo Caffè? È un foglio di stampa che si pubblicherà ogni dieci giorni. Cosa conterrà questo foglio di stampa? Cose varie, cose disparatissime, cose inedite, cose fatte da diversi autori, cose tutte dirette alla pubblica utilità. Ma con quale stile? Con ogni stile che non annoi."
Nel 1959 il critico e letterato Luciano Anceschi fonda a Milano "Il Verri", una rivista letteraria e culturale tuttora in corso di pubblicazione. La scelta del nome da un lato risente del nome della via milanese in cui si trovava la redazione, dall’altro richiama l’illuminismo. Scopo dichiarato: lo svecchiamento di letteratura e critica nel nostro Paese.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il giornalismo italiano tra Sei e Settecento
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