Il sogno di molte persone è lavorare in una casa editrice e contribuire a realizzare un progetto di successo. Lorenza Bernardi è una di quelli che ci sono riusciti. Per diversi anni, infatti, si è occupata di un personaggio che ogni bambino conosce, uno dei topi più amati dai piccoli lettori: Geronimo Stilton. Lorenza era all’interno del team che faceva nascere le sue storie avvincenti, diffuse in tutte le librerie, le biblioteche e le edicole. Ma poi qualcosa le ha fatto fare... marcia indietro. Abbandonata la sicura via già spianata si è avviata verso una carriera da solitaria scrittrice e sceneggiatrice. Voglia di libertà? Desiderio di camminare da sola? E le cose sembrano girare nel verso giusto.
Tra le opere di Lorenza ricordiamo:
- “Vorrei che fossi tu” (Piemme, 2010)
- “Come il vento tra i capelli” (Piemme, 2013),
- “Un sogno che si avvera” (EL, 2013),
- “In punta di dita” (Einaudi, 2013), tra i finalisti del Premio Bancarellino 2014.
Conosciamola meglio!
- Lorenza, ci dici in poche battute come l’esperienza in casa editrice ti ha aiutata (se ti ha aiutata) a farti conoscere come scrittrice?
In realtà no, sono due cose differenti. Quando lavoravo in casa editrice ero io che correggevo manoscritti e pianificavo strategie. Il mestiere di scrittore è di tutt’altra pasta, non valgono le stesse ‘conoscenze’. Tant’è che molte persone di case editrici mi hanno conosciuta dopo, una volta che ho iniziato a pubblicare.
- Una domanda che in molti ti avranno fatto: perché hai abbandonato la sicura tana del topo per una via piena, forse, di incertezze?
Bella domanda. Mi sa che la risposta (scomoda) è: perché sono una tormentata cronica. Non mi è mai piaciuta la vita comoda, mi sono sempre messa alla prova. Se qualcosa non mi convince più non ci metto né uno né due a buttare tutto all’aria e ricominciare da capo. Anche in questo caso è stato così. È stata una pazzia, lo so. Ma lo rifarei mille volte.
- Sognavi di fare la scrittrice da bambina? Cosa dei tuoi sogni hai mantenuto e cosa hai dovuto cambiare?
La mia vita, ora, è esattamente come sognavo, costruendomela mattoncino dopo mattoncino. Volevo scrivere e lo sto facendo. Volevo occuparmi anche di sport (altra mia grande passione) e lo sto facendo. È stata una strada faticosa: non posso che esserne felice.
- Qual è il messaggio che vorresti passare ai ragazzi di oggi tramite i tuoi libri (sappiamo che sei anche una grande sportiva)?
Essendo appunto una grande sportiva, è normale per me parlare di sport all’interno dei miei libri. Ritengo che sia ancora un valevole metodo pedagogico, un modo per far crescere i ragazzi in modo sano, trasmettendo loro i valori del rispetto, dell’impegno, dell’amicizia. È importante che i ragazzi crescano capendo quanto sia importante avere una passione, coltivarla e applicarsi fino in fondo.
- Hai due figli, uno adolescente e l’altra più piccola: cosa di loro riesce a ispirarti nella tua scrittura?
Io alleno anche una squadra di ragazzi di triathlon. Hanno dagli 8 ai 15 anni. Sia loro che i miei figli sono per me una finestra sul mondo dei bambini e degli adolescenti. Mi sento una grande privilegiata, con un posto in prima fila. Mi piace osservarli, mi piace confrontarmi con loro. Sono persone così ‘in potenza’, da plasmare. Rappresentano l’entusiasmo allo stato puro.
- La letteratura per l’infanzia è, a tuo parere, cambiata rispetto al passato o in un certo senso i romanzi per bambini hanno sempre lo stesso “sapore” di un tempo?
Posto che tutti noi autori per ragazzi non saremmo qui senza i vari Stevenson, Verne, Lindgren, Spyri ecc., credo però che la letteratura sia cambiata. O, meglio, sia cresciuta. Un tempo, parlo anche di quando ero piccola io, non c’erano così tanti libri tra cui scegliere. Spesso si pescava tra quelli dei genitori. Oppure tra i fumetti. Ora invece ci sono davvero tanti titoli e generi tra cui attingere, libri attuali, specchio dei tempi.
- In cosa scrivere una sceneggiatura differenzia dallo scrivere un romanzo? Cosa ti è più congeniale?
Mi piacciono tutte le forme di comunicazione, senza preferenze. Diciamo che lo sceneggiatore fa parte di un team con uno story editor (chi coordina tutti gli sceneggiatori), un regista, i disegnatori ecc., quindi sa che il suo lavoro è come un ingranaggio che si inserisce in una macchina molto più grossa e che pertanto deve avere determinate caratteristiche per funzionare assieme agli altri. Lo scrittore, invece, lavora in solitaria, unico responsabile delle sue idee e della sua scrittura.
- Potrebbe Lorenza diventare il personaggio di un cartone animato (o lo è diventata già)?
(rido). Non sono io che posso dirlo. Posso però affermare che sto facendo di tutto per rendere la mia vita un po’ speciale. Anche grazie a quelle famose scelte scomode di cui parlavamo prima.
- Mi regali una frase di un tuo libro che sia anche, per te, un motto?
Certo. C’è la frase all’inizio di ‘In punta di dita’ che amo citare spesso perché dà l’idea di quanto la perseveranza sia un elemento fondamentale per riuscire. È una frase di A. Lazarus, uno psicologo sudafricano:
‘Se immaginate ripetutamente e coscienziosamente di raggiungere un obiettivo, le vostre possibilità reali di successo aumenteranno notevolmente’.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Lorenza Bernardi: dal lavoro in casa editrice a scrittrice
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