L’irlandese
- Autore: Jo Baker
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2017
L’irlandese è lo scrittore Samuel Beckett, nome in codice assegnato dalla Resistenza francese per non svelare la sua vera identità. Gli anni che visse in Francia, a Parigi, sono descritti appunto nel libro dal titolo "L’irlandese" dalla brava autrice Jo Baker, una bellissima donna dai capelli neri e gli occhi pieni di luce, che la mattina dopo essersi presa cura dei suoi figli, si reca a scrivere al tavolino di un piccolo caffè. Nata in un piccolo villaggio del Lancashire, ha studiato ad Oxford e Belfast, e oggi vive a Lancaster, una piccola cittadina nel Nord dell’Inghilterra. In Irlanda ha vissuto per molti anni, durante i quali ha iniziato a scrivere incoraggiata da una appassionata comunità letteraria che frequentava.
"L’Irlandese" è una storia straordinaria, una biografia romanzata su Samuel Beckett uomo, prima che scrittore, sulle sue esperienze, sui suoi rapporti difficili con Joyce, con Suzanne che diventerà sua moglie, e sugli anni della clandestinità durante la guerra. Una lettura che cattura fin dalle prime pagine. L’autrice ha studiato Beckett durante il suo master in Letteratura irlandese alla Queen’s University di Belfast rimanendone, scrive, affascinata. Samuel Beckett si trasferisce a Parigi nel 1937, allontanando da sé il senso di oppressione e soffocamento di quando viveva a Dublino. Non poteva rimanere in Irlanda, voleva andare via oltre il suo orizzonte, nel cuore dell’Europa. Gli anni lontano dalla sua isola saranno contrassegnati dallo scoppio della seconda guerra mondiale e segneranno una svolta nel suo percorso letterario. "L’Irlandese" è un bellissimo romanzo che da voce allo scrittore in un periodo drammaticamente oscuro, tra il 1939 e il 1946. Narrerà dell’occupazione di Parigi, delle privazioni, del suo impegno nella resistenza, dell’Irlanda e della sua scrittura che tra pericoli e penuria sembrerà non appartenergli più. Tra le strade di Parigi si respira un’aria pesante. La gente è stata espropriata della loro vita quotidiana, la paura domina su tutto e tutti. I furgoni della polizia di color verde sono sempre più spesso agli angoli delle strade e può capitare di essere preso e caricato dentro.
C’è una tale angoscia nell’aria, che la si tocca con mano; l’urgenza di partire assomiglia a quella dei sogni, quando si vorrebbe disperatamente scappare ma ci si sente presi in trappola e le gambe pesano come macigni. La terra trema al cadere delle bombe. Il cielo è imbrattato di fumo.
Molti artisti, giornalisti, scrittori tra i quali Joyce, avevano lasciato i loro paesi d’origine per vivere nella città più bella del mondo, piena di arte, vita e dove tutto era permesso, racconta Marcel Duchamp. Ma i tempi sono cambiati e ci si incontra con molta circospezione. Parigi è caduta, è nelle mani dei tedeschi, occupata ma non distrutta. L’inverno del 1940 è un inverno che non perdona e manca tutto. Il pane è distribuito in razioni, e gli alberi nei parchi si assottigliano: i rami staccati e le assi le vetrine dei negozi vengono divelte da chi cerca di riscaldarsi. Il carbone, le patate, la farina, il vino vengono requisiti dai nazisti per finire in Germania. Parigi non è più Parigi, i tedeschi hanno riempito la città del loro grigio. La scarsità di viveri inchioda tutti ai propri corpi, non si riesce a pensare ad altro che alla fame che ti divora e che porta a rinchiuderti in te stesso. I negozianti ebrei con i quali ci si fermava a chiacchierare sono spariti e i bambini per strada tornano da scuola malnutriti e silenziosi. È un mondo freddo che Joyce, rifugiatosi in Svizzera, ha lasciato morendo altrove. Piegato nel fisico Beckett allontana tenerezze e amore, e la sua passione per la scrittura.
Ogni volta che si siede al tavolo, piegato in due dal freddo, con la copertina all’uncinetto sulle spalle e le lunghe mani infilate nei guanti, la sua pancia vuota geme e borbotta… rimane a fissare per un tempo infinito la pagina bianca di fronte a lui, o il cielo grigio fuori dalla finestra, senza riuscire a pensare ad altro che alle proprie sofferenze e a quelle dei suoi amici.
Coinvolto dagli amici nella Resistenza francese è tormentato dal non avere più notizie di loro: Alfy, Lucie, Paul, Sylvia. Il suo lavoro è passare informazioni, tradotte, sui movimenti di truppe, treni e spedizioni. Oltre l’inglese e il francese, conosce il tedesco, l’italiano e lo spagnolo. Le informazioni arrivano a Parigi e la sera stessa vengono trasmesse a Londra. La Gestapo sarà sulle sue tracce e inizierà per Beckett e Suzanne un lungo peregrinare nei luoghi più remoti della campagna francese, come una umanità in fuga nel buio della notte, tra il terrore e i piedi doloranti, verso un lungo esilio.
Una storia sorprendente nella quale l’autrice ha saputo entrare nella mente dello scrittore, ricreare le sue vicende e, conoscendo a fondo la prosa beckettiana, i dialoghi. I pensieri e i silenzi dello scrittore, penetranti e potenti, sono il cuore di questo romanzo. Un libro che non può mancare a chi come me ama l’Irlanda e i suoi scrittori. Consigliato.
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