

#LaScuolaNonSiFerma è il messaggio portato avanti al tempo del Coronavirus e con questo hashtag è stata creata un’apposita rubrica sui canali social del Ministero dell’Istruzione. Vivendo ancora un tempo di profonda incertezza, tra aperture quasi totali di luoghi e spazi pubblici e differenti interpretazioni di virologi e scienziati, tutti noi ancora non sappiamo con quali modalità effettivamente si prospetta il nostro futuro. Ma la scuola, le scuole di tutt’Italia, hanno accumulato esperienze, attivato pratiche nuove, accelerato poderosamente l’informatizzazione di comunicazione e servizi.
La pandemia ha accelerato l’informatizzazione: con quali conseguenze?
Fino all’avvento del Coronavirus la didattica, ma anche il lavoro a distanza, era poco diffuso. Il famoso sociologo Domenico De Masi già nel 1969 aveva avviato gli studi sul telelavoro e, appena qualche anno dopo, l’urbanista Melvin Webber immaginava che le nuove tecnologie avrebbero consentito di studiare e lavorare ovunque, anche “dalla cima di una montagna”. Quello che non si è avverato in quarant’anni di progresso tecnologico, è avvenuto per effetto della pandemia di Covid-19.
La rubrica del Ministero dell’Istruzione ha raccolto esperienze, storie, gemellaggi e, nel frattempo, le scuole si sono adoperate in ogni modo, anche offrendo specifici tecnologici e supporti informatici, ricostruendo pratiche, offrendo nuove griglie di valutazione per famiglie e studenti. La straordinarietà della condizione nella quale la scuola è stata catapultata ha fatto emergere la capacità di arrangiarsi e trovare delle soluzioni, ma ha dato vantaggi a quelle scuole che erano più attrezzate e che già avevano condiviso piattaforme informatiche per trasmettere materiale didattico agli studenti. Quelle piattaforme hanno offerto anche la possibilità di effettuare video-lezioni e, in qualche modo, è stato possibile restituire relazioni tra docenti e studenti. Ma, probabilmente, non tutti gli studenti sono stati in grado di allinearsi a questo metodo di lavoro e molto ha pesato la solitudine e la mancanza di interazione con i propri compagni e con gli insegnanti e l’ambiente della scuola in generale.
Condizioni estreme erano state già affrontate dalle scuole in particolari situazioni, ad esempio con bambini e ragazzi malati. Attraverso le scuole di riferimento per i centri in cui vengono curate patologie dell’infanzia e dell’adolescenza, alcune scuole avevano avviato pratiche di didattica telematica, consentendo agli studenti immunodepressi o in malattia di integrare le lezioni offerte dagli accordi tra ospedali (tipo il Bambin Gesù di Roma), le scuole di riferimento a Roma e le scuole d’origine.
I primi report sulla DaD
Quello che si evidenzia dai primi report sugli effetti della cosiddetta DaD, Didattica a Distanza, è che c’è differenza tra i vari gradi di istruzione: risulta più difficile svolgere la didattica a distanza con i bambini rispetto agli studenti adolescenti e particolare complessità riveste il rapporto con le differenti disabilità, così come perfettamente messo in luce dal report stilato dall’Ufficio scolastico di Sondrio:
"Per alcune tipologie di disabilità, la modalità di didattica online non rappresenta uno strumento indicato in quanto la relazione umana e il contatto sociale sono gli elementi principali alla base dell’attività svolta a scuola in presenza".
Nello stesso rapporto, però, si legge come:
"Le famiglie abbiano accolto in maniera positiva le modalità attivate dalle scuole e, pur nell’emergenza determinata dalla situazione, non si sono sentite “abbandonate” ma hanno mantenuto un pur minimo contatto. Molte scuole hanno fornito dispositivi (in comodato d’uso) alle famiglie che ne necessitavano e le forze dell’ordine hanno dato una mano nella consegna del materiale di studio".
Questo è quanto, con diversi accenti e percentuali, appare in maniera diffusa nei report redatti da singole scuole o istituzioni provinciali e regionali. Il comparto scuola sta cercando, sia pure in un mare di incertezze e difficoltà, di districarsi tra dimensioni delle aule, banchi e orari scolastici. Non è un’impresa facile, ma è nelle difficoltà che devono emergere senso di appartenenza, buon senso e tanta disponibilità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: #LaScuolaNonSiFerma: i report degli istituti sulla didattica a distanza
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