La casa dei fiori selvatici
- Autore: Mathangi Subramanian
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Nord
- Anno di pubblicazione: 2020
La casa dei fiori selvatici (Edizioni Nord, 2020, trad. P. Spinato) è il primo romanzo dell’autrice Mathangi Subramanian pubblicato in Italia e racconta le vite di cinque ragazze indiane adolescenti, molto legate le une alle altre e abituate a condividere il poco che possiedono, mentre combattono per salvare la baraccopoli dove vivono da un nuovo tentativo di demolizione.
Nascosta nella Bangalore contemporanea, una delle città più in rapida crescita dell’India, tra nuovissimi grattacieli, centri commerciali e incubatori di sviluppo scientifico e tecnologico, la baraccopoli ha un nome che rappresenta tutte le sue contraddizioni:
“Quelli che non sono nati qui non vedono nulla al di là del cartello piantato nel terreno trent’anni fa. SWARGAHALLI, così si leggeva un tempo. Lettere inglesi dritte come soldati. Lettere kannada, curve come il destino. Ormai il cartello è spaccato in due, distrutto da uno dei bulldozer che la città ha mandato a cancellarci la prima volta, o forse la seconda o la terza. (Dopo un po’ abbiamo smesso di contarle) Rimane soltanto SWARGA.
«Swarga? Come il termine sanscrito per ‘Paradiso’? Questo posto?»
«Paradiso? Questo posto?» Facciamo noi.
A volte ridono. A volte anche noi. Ma in genere noi non ridiamo.
Perché quel cartello non è giusto Ma non è neppure sbagliato”.
Le protagoniste di questa vicenda devono lottare da quando sono nate contro una cultura che premia i maschi, garantendo loro un’infanzia, un’istruzione e un futuro. Le ragazze, invece, la cui nascita è considerata una maledizione, hanno scarse opportunità e devono affrontare, in questo caso, non solo la povertà, ma anche l’abbandono, la cecità e le discriminazioni dovute a un’identità sessuale “anomala”. Banu, “la costruttrice”, vive con la nonna da quando la madre l’ha abbandonata, è l’artista timida che lascia messaggi dipinti sui muri degli alberghi a cinque stelle; Deepa, sensibile e dotata ballerina, è stata costretta a lasciare la scuola prima delle amiche per i suoi problemi di vista; Joy, nata ragazzo, rinata e battezzata ragazza; Rushana, coraggiosa e libera, maschiaccio irascibile; Padma, che si fa carico della madre depressa e dei fratelli minori, alle prese con un segreto di famiglia.
La loro scuola è diretta da Janaki Ma’am, “capelli del colore dei deserti, occhi come pietre spezzate”: cresciuta in un orfanotrofio, è l’unica persona veramente interessata ai suoi studenti, al loro futuro e che sprona le ragazze a continuare gli studi, convincendole che sono in grado di diventare molto più di quanto chiunque altro possa immaginare.
A peggiorare una situazione già di per sé precaria, interviene il governo, che ha intensificato gli sforzi per abbattere la baraccopoli: la casa di Banu è andata distrutta, insieme ad altre, nel giro di pochi secondi. Poi i bulldozer si sono fermati. Il braccio di metallo ancora teso in avanti “come una tigre bloccata a metà di un balzo”: le donne si sono sdraiate davanti, nello sporco, e continueranno così fino a che non verrà rispettata la data stabilita, lasciando loro il tempo di gestire le cose come si deve.
Le abitazioni raccontano la storia di Paradiso: le costruzioni più recenti sono fatte di paglia, con muri non ancora fissati al terreno; le più vecchie sono solide, ostinate; in mezzo, ci sono tutte le altre: lastre di amianto, pannelli di alluminio tenuti insieme in qualche modo.
Le case possono anche cedere, ma le madri no: proteggono i loro bambini. Proteggono le loro figlie. Sono organizzate, efficienti, si muovono con sicurezza, al contrario della maggior parte degli uomini:
“Non ci sono molti uomini, a Paradiso. Non ci sono molti mariti né padri. Nemmeno molti mariti papabili, o futuri padri. Alcuni ciondolano in giro ubriachi a metà giornata, chiedendo alle nostre madri qualcosa da mangiare o una manciata di rupie. (Di solito le nostre madri dicono prima di no, e poi di sì.) Alcuni rimbalzano da un lavoro all’altro e spendono i soldi in «articoli» che le nostre madri elencano tra un’imprecazione e l’altra. Alcol. Bidi. Marijuana. Altre donne.”
Eppure, Rukshana, Joy, Deepa, Banu e Padma ridono, cantano, ballano, accettano le differenze che le distinguono e lottano per un futuro migliore.
Quello descritto da Subramanian non è un universo cupo e triste, ma colorato e pieno di profumi, di poesia e di umanità: è un tributo alle donne di ogni età che, nonostante tutto e tutti, sanno apprezzare la vita, senza subirne passivamente le brutture.
Almeno due elementi caratterizzano questo romanzo, realistico e, nello stesso tempo, visionario. Innanzitutto, la narrazione. Inizialmente la voce è quella, non identificata, di una delle amiche, che si esprime in prima persona plurale, poi passa alla terza persona per raccontare, con diversi salti temporali, i momenti cruciali della vita di ciascuna di loro, delle madri e, ancor prima, delle nonne. Una sorta di “coro narrativo” in cui si intrecciano voci e destini, e che, senza nulla togliere alla specificità delle protagoniste, risulta particolarmente efficace. Perché questa non è la storia solo di una generazione, ma di una comunità, non di un paese, ma di un “mondo”, allo stesso tempo fisico e dell’anima: un luogo che ci appartiene e che amiamo, anche se nessun altro sa della sua esistenza.
Poi, il registro. Elegante, ricco di metafore e di immagini, capace di trasformare le frasi in vera e propria poesia. Anzi, di trasformare la realtà stessa.
La vicenda poteva suscitare nel lettore pietà, incredulità o tutt’al più una distaccata compassione. Invece, gli accostamenti delle parole e il loro potere evocativo, la capacità di rimandare a “qualcos’altro”, ci fanno intuire il mondo interiore e l’essenza dei sentimenti dei personaggi, e ce li fanno amare in modo incondizionato:
“A Bangalore c’è sempre qualcuno che sta peggio di te, persino se vivi in un posto come Paradiso. Non abbiamo granché, ma un tetto, pareti e pavimenti, quelli sì. E abbiamo un’infanzia.”
La casa dei fiori selvatici
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