La rubrica "Parliamo di Libri" sul numero del free press Slide Italia del mese di settembre 2013 ospita la recensione del libro "La famiglia Karnowski" di J.I. Singer, scritta dalla nostra collaboratrice Elisabetta Bolondi. Di seguito la versione integrale del testo.
Che grande godimento scoprire, grazie alla casa editrice Adelphi, un romanzo pubblicato nel 1943 da Joshua Israel Singer (fratello del grande Singer) e trovarlo così attuale, così ben scritto e ben costruito, da non riuscire a smetterne la lettura fino alla fine. Lo scrittore ha voluto segmentare in tre parti la storia di tre generazioni di Karnowski, di cui ci racconta l’origine, l’evoluzione, il successo, la caduta.
David Karnowski, nato in un povero shtetl polacco, è deciso ad abbandonare quel buco di ebrei ultraortodossi e troppo ossequienti ad una tradizione rabbinica formale per raggiungere la mitica Berlino, dove vuole diventare tedesco, oltre che ebreo. Siamo all’inizio del secolo scorso e David, sposato con la timida Lea, che non condivide le idee assimilatrici del marito, fedele al suo yiddish e alla tradizioni che ha dovuto lasciare in patria, inizia la sua ascesa nella capitale dell’impero tedesco.
Il figlio che nasce si chiama Georg Moses e avrà subito problemi nel suo inserimento nella rigida società prussiana. A scuola dovrà affrontare un professore di storia ferocemente antisemita e quindi a proprie spese sperimenterà presto il prezzo della diversità. Iscrittosi alla facoltà di medicina, anche per stare vicino a Elsa Landau, dai capelli rossi e dalla grande genialità, diviene chirurgo ma, innamorato e non del tutto ricambiato da Elsa, viene chiamato in trincea e per tutta la durata della Prima Guerra Mondiale svolge con grandissima perizia e spirito patriottico la missione di chirurgo al fronte. Perde Elsa, ma guadagna fama e sicurezza, tanto da divenire ginecologo chiamato come assistente del direttore della più grande clinica ostetrica di Berlino, divenendo così il beniamino delle più ricche e note dame berlinesi. Insieme ad una ex infermiera cattolica che sposa quasi per ripiego, Teresa, mette su famiglia.
Loro figlio, Joachim Georg, presto chiamato semplicemente Jegor, vive negli anni della repubblica di Weimar e del nascente avvento del nazionalsocialismo. Nato da un matrimonio misto il giovane e cagionevole Jegor, dal carattere introverso e dalla debole personalità, si troverà ad attraversare la parte più drammatica della storia tedesca, legato alla madre “gentile” e alla sua famiglia, gli Holbeck, e deciso a rinnegare la sua origine ebraica che, fin dall’adolescenza, è stata per lui fonte di sofferenza e discriminazione. Un capitolo terribile del romanzo è quello che vede il giovane Jegor, umiliato e ridicolizzato di fronte alla sua stessa classe, costretto a denudarsi per mostrare la sua circoncisione ad un pubblico di “scienziati” convocati dal suo professore, trauma da cui non si riprenderà e che sarà la causa principale delle sue crisi nervose sempre più drammatiche negli anni successivi.
La famiglia Karnowski accetterà di imbarcarsi per gli Stati Uniti e riuscirà a rifugiarsi a New York prima della chiusura definitiva delle frontiere tedesche alla vigilia della “soluzione finale del problema ebraico”. Pur non finendo nei forni dei lager, l’esistenza dei rifugiati tedeschi è messa a dura prova: sono poveri, accolti per pietà da parenti che avevano lasciato la Germania molti anni prima, in difficoltà per la lingua, diversi dagli ebrei americani, umili e rumorosi, incapaci di trovare lavoro, costretti ad una sopravvivenza fatta di espedienti e di ricerca di lavori che non sono quelli a cui la professionalità di Georg era abituata. Per Jegor poi l’America è luogo detestato, il caldo e i rumori lo distruggono, la folla lo esaspera, la miseria lo distrugge. Finisce per fuggire di casa, per trovare rifugio e divenire una sorta di spia, mettendosi al servizio di un anziano pedofilo esule anche lui, che cerca ad un tempo carne fresca ed esaltazione fanatica, che spera di trovare in Jegor. Il finale sarà davvero triste e patetico, come le premesse della storia avevano anticipato.
Il lungo racconto di Singer ci racconta la storia degli ebrei europei fuggiti in America con una ricchezza di sfumature, con dettagli del tutto inediti, con la presenza di personaggi davvero originali (anche i minori, che tuttavia nel libro assumono un rilievo particolare): ecco Elsa Landau, prima giovane scienziata, poi militante femminista ante litteram, poi deputata socialista al Reichstad, poi incarcerata dai nazisti e finalmente liberata, emigrata col vecchio padre a New York, dove è oggetto di stretta sorveglianza per i suoi discorsi si denuncia dei crimini che i nazisti si preparano a compiere. E poi la moglie di Georg, la remissiva Teresa, costretta a scegliere l’esilio per rimanere vicina all’amato marito, abbandonando la madre e il fratello, militare frustrato che ha abbracciato il nazismo e la minaccia per aver sposato un ricco ebreo. Esemplare il ritratto del commerciante ebreo che riesce a cavarsela in ogni situazione, sotto qualunque regime: Salomon Burak parte straccivendolo ed arriva a costruire una solida ricchezza, prima a Berlino, poi a New York, sempre accogliente e solidale con i suoi correligionari, disposto a subire l’umiliazione del rifiuto del matrimonio con George Karnowski della propria figlia Ruth da parte dell’orgoglioso David, ma poi disposto ad aiutarlo quando questi sarà uno dei tanti profughi poveri e privi di occasioni nella New York dei primi anni quaranta, accogliendolo nella Sinagoga di cui è direttore.
Questo è un libro di storia, un romanzo d’amore, il racconto dell’ascesa e della caduta di una grande famiglia, un documento inedito, un’antologia di pagine letterarie quasi tutte da sottolineare, uno spaccato sociologico, e che altro dire? Un grandissimo romanzo classico, intenso e commovente, duro e ironico, lungo e mai noioso, didattico ma mai impositivo, pieno di poesia, di politica, di storia, di umanità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La famiglia Karnowski su Slide di settembre 2013
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