La fine dell’altro mondo di Filippo D’Angelo

Ludovico Roncalli è un ventottenne dell’alta borghesia genovese, in procinto di scrivere la tesi di dottorato in Lettere, a cui capita di dare la caccia ad un testo antico di Cyrano de Bergerac, il cui ritrovamento potrebbe cambiare del tutto la sua vita accademica e professionale.
Il protagonista rispecchia totalmente il fallimento di una generazione decadente che non riesce a trovare la soluzione, affettiva o morale che sia, a quel gigantesco Cubo di Rubik che è la nostra esistenza.
È un alcolista che usa il sesso come sfogo ad una rabbia archetipica, frustrato da genitori perennemente inadeguati ai suoi bisogni e da un’attrazione incestuosa nei confronti della sorella minore Umberta.
Ludovico crede di essere arrivato ad un punto di svolta nella sua vita, ma ignora completamente che i fatti dell’imminente G8 manderanno all’aria tutti i suoi progetti.

Ludovico è uno dei personaggi più cinici e presuntuosi che abbia mai conosciuto su carta, ma anche uno dei più divertenti: il suo goffo annaspare nel mare di guai in cui puntualmente si ritrova ti porta a tifare in maniera incondizionata per lui, come farebbe una brava mamma con il suo bambino.

Pubblicato da minimum fax nel 2012, "La fine dell’altro mondo" è un romanzo assurdo, tragicomico, ambivalente: ti molesta e affascina come un ubriaco in un bar al quale non riesci a togliere gli occhi di dosso. Filippo D’Angelo, con una scrittura ricercata, originale e dissacrante è perfino riuscito a farmi capire il funzionamento pratico dell’antanaclasi, ovvero di quella figura retorica che consiste nell’usare nel medesimo periodo la stessa parola con significato diverso.