Lady Oscar ha forgiato l’immaginario di un’intera generazione: un personaggio ambiguo, sfuggente, indubbiamente affascinante, che si nutriva di contrasti identitari e non solo. Riyoko Ikeda, l’artista giapponese che le diede vita creando il manga Versailles no bara, edito per la prima volta nel 1972, si ispirò a un libro scritto da un grande autore di fama internazionale.
L’iconografia di Lady Oscar è ormai nota: folta chioma bionda, occhi azzurri, la spada che brilla più di una medaglia. Una figura forte e al contempo tragica, ribelle e allo stesso tempo dotata di una straordinaria qualità introspettiva: a ben vedere il perfetto prototipo dell’eroe romantico di stampo byroniano.
Tutti ci siamo domandati, almeno una volta, se Lady Oscar sia esistita davvero e forse l’abbiamo segretamente paragonata ad altre figure storiche di rilievo, come Giovanna d’Arco, Olympe de Gouges o George Sand, forse persino Simone de Beauvoir, avendo l’intima certezza che lei sia stata ciascuna di loro, che la storia del colonnello Oscar François de Jarjayes sia passata attraverso tutte queste donne, incarnando una sorta di ideale: una donna libera, emancipata, padrona del suo destino, in tempi in cui ancora quel riscatto non era permesso né contemplato.
Ma chi era davvero la “Lady da un fiocco blu”? Cosa ha ispirato la sua creazione? Certo non stupisce sapere che Lady Oscar ha avuto un’origine letteraria.
La verità su Lady Oscar
La verità è che Lady Oscar fu ispirata a Riyoko Ikeda da un’altra donna storicamente esistita, che nel testo rappresenta in qualche modo il suo riflesso e il suo doppio: la regina Maria Antonietta.
L’idea per la creazione de La Rosa di Versailles venne a Ikeda dopo la lettura di Maria Antonietta. Una vita involontariamente eroica dello scrittore e drammaturgo austriaco Stefan Zweig. Pubblicato per la prima volta nel 1932, il libro di Zweig rappresenta una complessa sintesi tra indagine storica e biografia, che tenta di indagare la figura della regina oltre il suo mistero e al di là degli stereotipi che, nel tempo, è giunta a incarnare.
Lo scrittore austriaco nelle pagine si interrogava su chi fosse la vera Maria Antonietta e, così facendo, la spogliava dell’identità frivola e capricciosa (“se non hanno il pane che mangino le brioches”, noto falso storico) che le cronache del tempo le avevano appiccicato addosso donandole un’immagine unilaterale: emergeva lentamente il ritratto di una ragazza sensibile, di una madre amorevole, di una moglie disprezzata che diventa a suo tempo una donna odiata e isolata dalla nazione di cui è sovrana. Ciò che la visione di Zweig suggerisce, sin dal sottotitolo “Una vita involontariamente eroica”, è che Maria Antonietta fosse stata chiamata a rivestire un ruolo che non aveva scelto né voluto. La sua corona diventa il suo martirio; una sorta di corona di spine ricoperta da una patina dorata che si sgretola tra le dita. Stefan Zweig osserva che il processo a Maria Antonietta fu fatto essenzialmente dal popolo, ovvero dai suoi accusatori che identificarono in una donna - come in una nuova caccia alle streghe - le colpe di un’intera nazione.
Per colpire la monarchia la rivoluzione fu costretta ad attaccare la regina, e nella regina una donna.
Stefan Zweig nella sua indagine fa di Maria Antonietta né una santa né una strega, non la divinizza ma neppure demonizza: semplicemente, nel libro, afferma che la verità sta nel mezzo e ci restituisce la donna che era. Una persona normale, forse in parte persino mediocre, cui tocca in sorte un destino inaudito: in questa dinamica lo scrittore individuava la tragedia nel senso nietzschiano del termine.
Ikeda avrebbe profondamente interiorizzato questa visione, facendo della Maria Antonietta narrata da Zweig una delle protagoniste della sua storia: l’altra nata dalla sua penna, era una giovane donna vestita da uomo, vissuta nei tempi burrascosi della Rivoluzione Francese. Lady Oscar nasceva dunque come una figura complementare a Maria Antonietta: era al contempo il suo specchio e il suo rovescio, il suo necessario compimento, colei che l’avrebbe difesa mentre il mondo intero la aggrediva, colei che avrebbe accompagnato la sua storia.
Originariamente la vera protagonista de La Rosa di Versailles doveva essere Maria Antonietta, poi, però, l’altro personaggio - il suo contraltare - divenne indipendente, succede sempre così con le creature di carta: la spada di Lady Oscar già brillava più di una medaglia, pronta a uscire dai rigidi confini della corte di Versailles.
L’intuizione di Riyoko Ikeda
Sin dal suo debutto come mangaka, nel 1969, l’artista giapponese Riyoko Ikeda, discendente da una famiglia di samurai, aveva trattato principalmente due filoni di storie: il classico dramma romantico, noto come shōjo e un genere di narrazione più politicamente impegnata. Nel 1972 decise di provare a unire i due filoni in un’unica storia che raccontasse il punto di vista di due donne, nacque così La Rosa di Versailles. Le prime puntate del manga avevano per protagonista la regina di Francia, ma le reazioni inattese del pubblico convinsero Ikeda a rimodulare la storia in un senso diverso da come l’aveva inzialmente pensata: i lettori erano maggiormente affascinati dall’altro personaggio, il colonnello delle guardie reali Oscar François de Jarjayes, dalla sua personalità complessa, dai suoi dilemmi morali e dal suo aspetto androgino.
Era un’eroina che rifondava i canoni delle eroine tradizionali e sembrava proporre un nuovo archetipo di donna. Non era ispirata a una figura storica reale; ma l’autrice, che si documentò fittamente per la creazione della sua storia, la immaginò figlia del generale francese François Augustin Regnier de Jarjayes che rimase fedele al re persino durante la Rivoluzione. Forse Ikeda fu anche influenzata dalla figura di Marie-Jeanne Schellinck, una donna belga che si travestì da uomo per combattere nella Rivoluzione: ma questa seconda ispirazione è stata attribuita solo in tempi più recenti e risulta quindi difficile da stabilire con certezza.
La verità è che Lady Oscar non sarebbe mai nata senza Maria Antonietta: ne è in un certo senso la figlia spirituale, il necessario completamento. Insieme sono come lo yin e lo yang, entrambe nascono dal caos ma insieme raggiungono l’equilibrio.
Lady Oscar: un prodotto culturale?
L’ascesa di Lady Oscar è anche dovuta, per ragioni culturali, al contesto storico in cui il manga fu scritto: erano gli anni Settanta, la “Lady da un fiocco blu”, rappresentava il modello di donna agognato dal femminismo nascente. Il capitano delle guardie reali giunge a occupare una posizione di prestigio, ma prima sfida gli uomini alla pari, arma contro arma, vincendo spesso grazie all’ingegno e alla sua arguzia anziché con la forza. Era la prima volta che i problemi delle donne - la loro sottomissione al patriarcato - emergevano così chiaramente in una narrazione che li raccontava rovesciando la prospettiva: una donna vestita da uomo, una donna sola al comando, con tutte le implicazioni morali e le difficoltà del caso.
Maria Antonietta, il libro di Stefan Zweig
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Lady Oscar non sarebbe mai nata, come creatura di carta, senza il libro di Stefan Zweig e la sua Maria Antonietta. Nelle pagine lo scrittore austriaco ci restituiva l’inquietudine e il dolore di una giovane donna nella cornice storica del Settecento. Se Zweig non avesse trasformato la regina di Francia in una figura tragica, cui viene imposto suo malgrado, quando è appena adolescente, il peso di una corona; forse l’immaginazione di Ikeda non avrebbe mai assolto il suo personaggio dalla condanna che la Storia le imponeva.
Il libro di Zweig, Maria Antonietta. Una vita involontariamente eroica (di recente riedito da Castelvecchi), è chiarificatore sotto molti punti di vista, sia storici che culturali: trasforma la narrazione storica in una vicenda avvincente che tocca punte di lirismo nel raccontarci il tragico destino di una donna, della cui vita già conosciamo l’epilogo. I capricci di Maria Antonietta non vengono taciuti, ma ogni sfumatura del suo carattere sembra alimentare il ritratto complesso di un’eroina tragica e di una donna disperata. Lo scrittore la affianca, riscostruendo il suo cammino, dai giochi spensierati d’infanzia nella dimora austriaca, sino alla ghigliottina.
Nella stesura del suo saggio storico Zweig obbedisce a un unico intento:
La storia non ha bisogno di un protagonista dal carattere eroico per creare un dramma commovente.
La geniale Riyoko Ikeda, nella sua audace riscrittura della Maria Antonietta zweigiana, avrebbe ribaltato l’assunto: creando un protagonista dal carattere eroico che avrebbe messo in ombra la mediocrità della storia umana. Nasceva così Lady Oscar.
Recensione del libro
Maria Antonietta, una normale vita straordinaria
di Stefan Zweig
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Lady Oscar: qual è il libro che ha ispirato la sua creatrice Riyoko Ikeda
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