Leonardo da Vinci. Il Rinascimento dei morti
- Autore: Giorgio Albertini, Giovanni Gualdoni, Giuseppe Staffa
- Genere: Horror e Gotico
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2019
Una minaccia infernale incombe sulla Firenze rinascimentale: i morti tornano in vita.
È uno strillo decisamente attrattivo quello che campeggia sulla fascetta che avvolge la copertina - con l’immagine del volto della Gioconda in avanzato stato di putrefazione - di un romanzo fantasy-horror, “Leonardo da Vinci il Rinascimento dei morti”, pubblicato da Newton Compton a febbraio (336 pagine, 9.90 euro il volume, 1.99 l’eBook), primo di una trilogia zombi e realizzato a sei mani, da tre autori, Giorgio Albertini, Giovanni Gualdoni e Giuseppe Staffa.
Se il secondo è stato sceneggiatore di Dylan Dog e lavora nella redazione dell’editore Bonelli, il primo e il terzo sono firme già note nel catalogo Newton, soprattutto il romano Staffa, consulente storico archeologico esperto in Medioevo, ma anche Albertini si intende di storia antica e militare e collabora come lui con le riviste “Focus”.
Ricercatori e scrittori appassionati di storia, a loro agio con l’architettura o creativi horror come Gualdoni, hanno riscoperto l’incontro coi morti viventi, che li ha segnati da un certo momento della loro vita in poi. Ricordandosi spettatori incantati dei film di George A. Romero, non hanno esitato a dedicare il loro lavoro al compianto regista degli zombie-movie, oltre che soggettista, sceneggiatore e tuttofare delle sette pellicole che dal 1978 hanno dato vita - passi l’espressione blasfema, considerato il contesto sepolcrale - al genere di culto degli irresistibili cadaveri ambulanti.
Un romanzo horror e non solo: un horror storico, che scandisce correttamente eventi e personaggi realmente accaduti ed esistiti, facendoli agire nel contesto di una tanto eccitante quanto inspiegabile caccia all’uomo. O alla donna: nelle fiction zombi non si fanno sconti di genere, il sesso conta poco, in confronto alla fame di carne umana.
A metà del 1300, la Morte Nera, la peggiore epidemia di peste della storia, falcidiò la popolazione europea. In questo romanzo, quella che avanza a fine 1400 è la Morte Grigia, che gli autori fanno chiamare da Machiavelli la “Grande Ruina Cinerea”.
Qualcosa sta raggiungendo l’Europa navigando sulla caravella di Colombo, di ritorno dalla scoperta di un nuovo mondo. Anche il grande ammiraglio soffre. Scosso da tremiti, rovescia in un bugliolo un vomito nero, fangoso.
Milano settembre 1493. Un medico manda a chiamare di corsa Leonardo di ser Piero da Vinci, musico, pittore, ingegnere, filosofo, architetto, scienziato e molto altro. Un’occasione rara: un povero disgraziato, con una terribile ferita da morso, risulta un caso unico, che il sanitario milanese vuole mostrare al grande artista, sapendolo impegnato in frequenti autopsie, per studiare l’anatomia umana.
All’arrivo di Leonardo e del suo gruppo (con lui c’è anche Donato Bramante), però, il malcapitato è morto. Ha una ferita al collo, sembra il morso di un animale coi canini non particolarmente sviluppati. Una cosa da nulla, ma prima di spirare l’uomo si contorceva, sbraitava come se avesse la rabbia, soprattutto soffriva.
Da Vinci procede alla “notomia”. All’interno, niente di quel cadavere è come dovrebbe essere. Sembra calcificato, alterato, deceduto da diverse ore. Ed ecco che dalla gola del morto esce un rantolo, per l’orrore di tutti i presenti. Le gambe si muovono a scatti, la bocca si apre per emettere un ringhio disumano. Il cadavere si erge e inciampa nei suoi organi interni, estroflessi durante l’autopsia. Fa in tempo ad affondare i denti nel collo di un giovane garzone, prima che Leonardo possa ridurre il corpo scempiato alla fissità definitiva, fracassandogli il cranio.
Il ragazzo aggredito si trasforma a sua volta in uno zombi ed opportunamente incatenato si presta, suo malgrado, da macchina anatomica vivente agli studi del genio.
Attraverso la corrispondenza scambiata da diverse autorità, si apprende che “una malattia fortissima, di aspetto negro, che inumidisce le pelli e le rende grigie”, si è manifestata a Lisbona, estesa a Londra e terrorizza dovunque.
I sapienti dicono che l’Apocalisse di San Giovanni si sta realizzando, i morti calpestano la Terra. Non è peste, è simile semmai alla rabbia, ma molto più dannosa. Il morbo sconosciuto nasce da un morso umano, non indebolisce i contagiati, anzi sembra dare forza ai loro corpi, benché li renda flaccidi, li costringa a muoversi a scatti, come pupazzi, li faccia ringhiare come bestie. Non c’è colpo di lancia o quadrello di balestra che riesca a fermarli facilmente.
Come bloccare l’epidemia ed eliminare i morti viventi è compito di Leonardo. A metterlo in azione è il signore di Milano, Ludovico Sforza, detto il Moro. Con la complicità dell’amante Cecilia Gallerani contatta l’artista toscano e lo informa della quantità di episodi orribili. Sono continue le suppliche indirizzate da ogni parte d’Europa a papa Borgia. Il Moro incarica Leonardo di recarsi a Roma, per coordinare insieme al capo della Cristianità le misure per porre argine al morbo e alle orde di “lazzari” contagiati, che travolgono ogni ostacolo ed hanno la meglio sugli armati.
I “grigi” sono spinti da una specie di memoria motoria, ma incapaci di ragionamento. Tutto quello che fanno è andare in cerca di cibo umano.
C’è da salvare il mondo, a cominciare da Firenze, la culla dell’arte del Rinascimento, ma nella città tanto cara al da Vinci c’è un frate, Savonarola, un terribile censore di costumi, anche lui affamato. Di penitenze.
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