Immagine di copertina Credits: Keith Allison from Hanover, MD, USA, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
La tragica scomparsa di Kobe Bryant si è impressa come un fermo-immagine nella mente di ognuno di noi. Tutti ricordiamo la notizia, sportivi o meno, appassionati di basket e non, chi viveva di pallacanestro e chi a malapena associava l’immagine del basket alla palla arancione ruotante sul parquet. La portata umana dell’avvenimento era tale da annullare qualsiasi barriera: non serviva essere appassionati di pallacanestro per sentire lo stordimento dato dall’assurdità di quella tragedia. Il campione dei Los Angeles Lakers dal sorriso al fulmicotone e i muscoli guizzanti, pieno di vita e di energia, era morto all’improvviso inghiottito nel cielo bianco di gennaio. Restava il senso di infondatezza di una morte ingiusta, imprevedibile, precoce, come un terreno che si sbriciolava sotto i piedi.
La leggenda del basket, Kobe Bryant, moriva in un incidente aereo a soli 41 anni: il suo elicottero privato era precipitato a Calabasas, nei pressi di Los Angeles. Tutti gli otto componenti dell’equipaggio erano morti, tra cui anche Gianna Maria, la figlia tredicenne di Bryant destinata a seguire le orme sportive del padre.
Era il 26 gennaio 2020 e il mondo ancora non era stato risucchiato nell’incubo della pandemia di Coronavirus che, però, già avanzava strisciante, silenziosa, mietendo vittime a nostra insaputa. La morte di Kobe Bryant è stata la prima sciagura internazionale del 2020, a rimarcare che “anno bisesto anno funesto” come recitava il celebre detto.
Ma per capire cosa è stato Kobe Bryant, cosa ha rappresentato il campione NBA, non solo a livello sportivo ma soprattutto a livello umano, è necessario leggere le sue parole che dicono molto di più della sua collezione di trofei.
La lettera d’addio al basket, scritta da Kobe Bryant prima del ritiro, appare come un toccante testamento spirituale, ma anche come un profondo messaggio d’amore e una lezione di vita. In queste parole vibra l’intensità di una persona che nella propria esistenza ha avuto uno scopo e che, in nome di quell’obiettivo, ha dato tutto sé stesso. Da queste parole emerge la trama di una vita pienamente realizzata e un amore totale, vero, vibrante che è riuscito a dare un senso a ogni cosa. Persino l’assurdo di quella morte ingiusta e improvvisa viene rovesciato dalla piena intensità di questa lettera vibrante d’amore e vitalità. Kobe Bryant ha vissuto nel vero senso del termine: donando e donandosi, realizzando appieno il suo sogno.
Oggi, nel secondo anniversario della morte, scopriamo il testo integrale della lettera di Kobe. La lettera ha ispirato anche un cortometraggio dal titolo Dear Basketball, realizzato dal regista Glen Kean, che si aggiudicò l’Oscar nel 2018.
La lettera d’addio al basket di Kobe Bryant: il testo integrale
Caro basket,
dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i calzini di mio padre e a lanciare immaginari tiri della vittoria nel Great Western Forum ho saputo che una cosa era reale: mi ero innamorato di te
Un amore così profondo che ti ho dato tutto, dalla mia mente al mio corpo, dal mio spirito alla mia anima.Da bambino di 6 anni profondamente innamorato di te, non ho mai visto la fine del tunnel. Vedevo solo me stesso correre fuori da uno.
E quindi ho corso. Ho corso su e giù per ogni parquet, dietro ad ogni palla persa per te.
Hai chiesto il mio impegno, ti ho dato il mio cuore, perché c’era tanto altro dietro.Ho giocato nonostante il sudore e il dolore, non per vincere una sfida
ma perché TU mi avevi chiamato.
Ho fatto tutto per TE perché è quello che fai, quando qualcuno ti fa sentire vivo
come tu mi hai fatto sentire.Hai fatto vivere a un bambino di 6 anni il suo sogno di essere uno dei Lakers
e per questo ti amerò per sempre.
Ma non posso amarti più con la stessa ossessione.
Questa stagione è tutto quello che mi resta.
Il mio cuore può sopportare la battaglia
la mia mente può gestire la fatica
ma il mio corpo sa che è ora di dire addio.E va bene.
Sono pronto a lasciarti andare.
E voglio che tu lo sappia
così entrambi possiamo assaporare ogni momento che ci rimane insieme.
I momenti buoni e quelli meno buoni.
Ci siamo dati entrambi tutto quello che avevamo.
E sappiamo entrambi, indipendentemente da cosa farò,
che rimarrò per sempre quel bambino
con i calzini arrotolati
bidone della spazzatura nell’angolo
5 secondi da giocare.
Palla tra le mie mani.
5… 4… 3… 2… 1…Ti amerò per sempre,
Kobe
La lettera d’addio al basket di Kobe Bryant: significato e commento
La lettera di Kobe Bryant inizia come il racconto di una favola: c’è un bambino e il suo sogno, e infine quel sogno si avvera.
Tutto ha inizio con quel Dear basket - un incipit spiccatamente letterario, una personificazione - e con una dichiarazione d’amore “Mi ero innamorato di te”. In fondo ci innamoriamo di quello che ci completa, di una promessa in procinto di avverarsi, di un futuro possibile.
Il basket per Kobe aveva rappresentato tutto questo: la fatica e lo sforzo, la determinazione e il sogno, il compimento di un destino.
Kobe Bryant dovette abbandonare il basket nel novembre 2015, a causa di alcuni problemi fisici: il suo corpo cedeva, non aveva più la resistenza necessaria, si ribellava alla sua mente, al suo desiderio.
La lettera presto assume il tono straziante di chi confessa un amore impossibile: sembra l’addio pieno di rimpianto all’essere amato. Un addio dato a malincuore, ma con la consapevolezza che era la scelta giusta da fare, “Dear basket” scrive Bryan come a dire “My dearest”, mio caro, mio amatissimo, mio adorato.
Kobe Bryant in questa lettera personifica la sua passione, il suo talento, infine persino sé stesso: perché è una parte di sé stesso ciò che sta lasciando andare.
Nel finale dice “Ci siamo dati tutto quello che avevamo”, e in fondo questa consapevolezza sembra un bel modo per lasciare la scena, scendere dal palcoscenico con dignità.
Ma è ancora più toccante l’immagine retroattiva del flashback che lo fa tornare bambino: ecco il piccolo Kobe, con i calzini arrotolati, che palleggia vicino al bidone della spazzatura. Kobe Bryant si immagina così: come se tutto dovesse ricominciare daccapo, un’altra volta, come se la vita fosse piena di futuro e lui un bambino pieno di speranze pronto a prendersi la sua bella fetta di felicità. Sembra l’inizio di una bella storia da raccontare. Il suo vero finale, in fondo, Kobe Bryant l’aveva già scritto e non era la pagina drammatica di un incidente aereo, ma:
Rimarrò per sempre quel bambino con i calzini arrotolati, bidone della spazzatura nell’angolo. 5 secondi da giocare. Palla tra le mie mani.
5… 4… 3… 2… 1…
Il countdown finale anticipa l’uscita di scena. Si chiude il sipario, applausi. Kobe Bryant ha ancora il suo sorriso smagliante, vincente, colmo di gratitudine. Il bambino non se n’è mai andato; forse corre da qualche parte con le scarpe bucate e un sogno che scotta tra le mani, la palla ruotante come un prolungamento di sé stesso. I bidoni della spazzatura sono già il campo dal parquet lucido del Great Western Forum: l’immaginazione annulla i confini, ridimensiona i contorni delle cose, trasforma i desideri in sogni realizzati.
Passato, presente e futuro sono solo un’invenzione degli uomini, il tempo ce lo siamo inventato. La palla è tra le mani e hai ancora 5 secondi da giocare.
Dear Basketball: il trailer
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La lettera d’addio al basket di Kobe Bryant: un messaggio di vita
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