

Il 7 Marzo di ogni anno la la Chiesa Cattolica celebra le due martiri cristiane Perpetua e Felicita.
Chi erano e perché subirono il supplizio? Il loro martirio ha un significato anche letterario: i diari di Perpetua, che costituiscono la base degli Atti di Perpetua e Felicita (Acta Perpetuae et Felicitatis) risalenti al 203 d.C., costituiscono uno dei primi scritti realizzati da una donna nel mondo antico.
Spesso ci approcciamo con una certa noncuranza ai santi venerati dal cattolicesimo e ignoriamo quali storie meravigliose, invece, si accompagnino ai nomi che scandiscono i giorni fissati sul calendario.
Un vero peccato, poiché esse sono il fondamento stesso della nostra cultura e il perno intorno al quale nei secoli si è costruita la nostra civiltà.
Si rimane sbalorditi di fronte al coraggio di cui sono stati capaci i cristiani del passato, uomini e donne pervasi da una fede incrollabile che spesso hanno pagato con la vita la rivendicazione della libertà di poter professare il proprio culto.
Sono storie toccanti, tragiche e gloriose come quella che accomuna Perpetua e Felicita, martirizzate durante il regno di Settimio Severo insieme a quattro amici.
Tutti, senza mai mancare di confortarsi a vicenda, affrontarono con serenità la prigionia e l’estremo sacrificio, scrivendo in tal modo una delle pagine più edificanti che il cristianesimo africano, e non solo, possa annoverare.
Vediamo cosa c’è da sapere sulla Passione di Perpetua e Felicita.
Chi erano Perpetua e Felicita
Le informazioni sulla Passione di Perpetua e Felicita (Passio Perpetuae et Felicitatis), redatta da un compilatore anonimo, ce le fornisce in gran parte la stessa Perpetua, che durante il duro periodo di cattività scrisse di nascosto una sorta di diario che per noi costituisce un documento utile anche a comprendere meglio le dinamiche umane e sociali che intercorrevano fra i primi cristiani, senza contare che si tratta di una rarissima testimonianza di scrittura femminile dell’epoca.
La descrizione del martirio vero e proprio viene invece attribuita a Tertulliano.
Vibia Perpetua, sulla quale sappiamo pochissimo dal punto di vista biografico, era una ventenne romana sposata e madre di un bambino piccolo.
Intelligente e colta, apparteneva ad una nobile famiglia di Cartagine, città in cui risiedeva.
Nel 202, per effetto dell’inasprimento della persecuzione e delle pene verso chi professava la religione cristiana nell’ambito dell’Impero così come sancito dall’editto emanato da Settimio Severo nello stesso anno, la giovane fu arrestata insieme ai servi Saturo, Revocato, Secondolo, Saturnino e Felicita, tutti catecumeni; la donna era incinta e prossima al parto.
Dalla stessa Perpetua apprendiamo dei ripetuti e accorati tentativi del padre, pagano, di convincerla ad abiurare la fede per salvarsi la vita, ovviamente senza riuscirci.
La futura santa soffriva il paganesimo paterno e si rammaricava che il genitore non riuscisse a comprendere che chiederle di abbandonare Cristo equivaleva a pretendere che rinunciasse alla sua stessa identità, perché, diceva:
"non posso chiamarmi in altro modo da quello che sono: cristiana".
Durante il processo l’uomo le portò il figlio con la speranza di vincere le sue resistenze, ma la ragazza non cedette.
Sempre più convinta delle proprie scelte, Perpetua era pronta a subirne tutte le conseguenze.
La stessa identica volontà mostrava Felicita, che ormai all’ottavo mese di gravidanza, temeva solo che l’esecuzione venisse rimandata e quindi di terminare i suoi giorni insieme a criminali comuni.
La legge romana infatti, non prevedeva l’uccisione di donne incinte.
La situazione si risolse naturalmente: poco in anticipo rispetto alla data prevista, Felicita dette alla luce una splendida bambina che una fedele amica adottò con la promessa di crescerla cristianamente con amore e dedizione.
Mentre partoriva, l’ancella dovette sopportare anche l’infelice ironia di una guardia, ma non si lasciò intimidire, né mancò di rispondergli con l’audacia di cui certamente non difettava.
Quando il carceriere, con aria sprezzante, le disse "Se ti lamenti ora, quando dovrai subire i tormenti del martirio, cosa farai?", Felicita ribatté sicura:
"Ora sono io a soffrire, là ci sarà un Altro in me, che soffrirà per me, poiché io patisco per lui".
7 Marzo 203: il martirio di Perpetua e Felicita
Perpetua, Felicita e gli altri catecumeni, condannati ad bestias, cioè ad essere sbranati dalle belve, vennero martirizzati il 7 Marzo del 203.
Contesto e modalità furono quelli tipici delle esecuzioni di cristiani, con annessa spettacolarizzazione dell’evento.
Il martirio delle due donne, in particolare, costituiva il momento clou di una rappresentazione più ampia offerta in onore di Geta, il figlio di Settimio Severo che proprio quel giorno compiva gli anni.
Nell’anfiteatro di Cartagine i condannati vennero dapprima fustigati, poi lasciati alla furia delle belve.
Il relativo Martirologio sottolinea l’atteggiamento di grande dignità e compostezza dei sodali, che non smisero mai di darsi coraggio l’un l’altro contrapponendo alle urla festanti del pubblico la dolcezza dei canti in lode di Gesù.
Morirono intonando i Salmi e baciandosi un’ultima volta, perché la comunione di fede li avevi resi fratelli e sorelle.
I corpi vennero sepolti a Cartagine, mentre la memoria del loro sacrificio, a distanza di quasi due millenni, non smette di affascinare e commuovere i cristiani (e non) di tutto il mondo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Martirio di Perpetua e Felicita, le sante cristiane che si celebrano il 7 Marzo
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