Mistandivò
- Autore: Livio Romano
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
"Quasi sempre è più difficile andar via". Cantano così i Folkabbestia, gruppo folk irlandese di Bari, raccontando quanto sia complicato per extracomunitari e gente del Sud andare in un luogo che presenta una cultura differente.
Prende le mosse da questo concetto "Mistandivò", il secondo fortunato libro di Livio Romano edito da Einaudi, una raccolta di racconti con un titolo tratto dal dialetto neretino, che significa letteralmente "me ne sto andando". "Mistandivò" è un’opera generazionale che racconta di salentini combattuti tra un lavoro insoddisfacente e tra i compaesani arretrati in provincia di Lecce, o di una grande impossibilità a sfondare davvero nel mondo del lavoro al nord, trovare un amore o un’amicizia sincera. Nella galleria dei personaggi, tratteggiati con pennellate sicure, spicca il personaggio di Teresa, che, sigaretta in mano e Alanis Morrisette in cuffia, osserva la notte modenese e si chiede cosa ci faccia nel capoluogo emiliano. C’è anche ’mpa Gino, che ricorda una marachella scabrosa di quando aveva pochi anni e fu sorpreso a masturbarsi dietro l’albero di Natale. E poi c’è Redingote, grafico pubblicitario musicista rock cui vengono chiesti solo pizzica e liscio, e che cerca di rapportarsi con una ragazza che ha conosciuto, un po’ ignorantella e che parla solo il dialetto.
"Mistandivò" è pieno di frasi dialettali o di strane commistioni, che poi è il vero linguaggio salentino, composto da italiano e strani intercalari: il libro è stato accostato per certi versi a "Il giovane Holden" di David Salinger per via del linguaggio utilizzato, un linguaggio giovanile ricco di forme colorite, che non danno solo la cifra della dimensione diatopica, ma anche di quella diastratica e diafasica della scrittura. Lo stile cambia linguaggi continuamente, a testimoniare una vena versatile in quello che viene solitamente definito come italiano regionale.
"Mistandivò" è consigliato ai meridionali, che ci ritroveranno sicuramente, di età compresa tra i 20 e i 30 anni: non guasterebbe che fosse letto anche dagli altri però. Lo spaccato dei nostri giorni servirebbe innegabilmente a comprendere perché qualcuno si arroga il diritto di chiamare questi ragazzi "bamboccioni".
Mistandivò
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