Nel volume Identity Men. Gli uomini e le donne che hanno difeso il patrimonio culturale italiano (1943-1951) (Skira, 2021, prefazione di Giulio Sapelli, 288 pagine), gli autori Alberto Meomartini e Andrea Villa rievocano una pagina di storia a lungo dimenticata, quella delle persone che hanno contribuito a salvare l’immenso e prestigioso patrimonio culturale del nostro Paese durante l’ultimo conflitto mondiale.
Monuments Men è un film del 2014 diretto e interpretato da George Clooney, che racconta come alcuni storici dell’arte abbiano salvato opere preziose sottraendole alla furia devastatrice e senza pietà di Hitler durante la II Guerra Mondiale. Una storia dimenticata che Clooney ha avuto il merito di riportare alla memoria, perché l’arte è patrimonio universale di ciascuno di noi e non si può impunemente sottrarre.
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Monuments Men: trecentocinquanta valorosi uomini e donne, appartenenti a tredici Paesi diversi che, tra il 1943 e il 1951, prestarono servizio presso la MFAA (Monuments, Fine Arts and Archives). Persone colte e appassionate, la maggior parte di loro senza esperienza militare, perché erano restauratori, archivisti, direttori di musei, esperti di arti figurative, archeologi, in servizio presso gli eserciti alleati durante la II Guerra Mondiale e spedite in Europa, divenuta un grande campo di battaglia, con una missione precisa e pericolosa: recuperare i capolavori dell’arte.
Ricostruendo le biografie dei componenti britannici e americani della sottocommissione Monuments, Fine Arts, and Archives, che operarono nella Penisola e le vicende dei tanti funzionari, che si preoccuparono di mettere in salvo monumenti e opere d’arte, nonostante il Paese fosse diviso in due e l’amministrazione pubblica fosse in gran parte collassata, colpisce che a tutela del patrimonio identitario si siano impegnate in quegli anni persone che ricoprivano responsabilità e ruoli differenti. Funzionari dello stato fascista, che temevano le conseguenze dell’avanzata in Italia degli Alleati e dell’arrivo della guerra. Impiegati che opponendosi al regime cercavano in ogni modo di ostacolare le razzie degli occupanti tedeschi oltre che dei fascisti, studiosi anglosassoni spinti dall’amore per la storia dell’arte italiana, militari alleati, americani prima di tutto, che vedevano il loro impegno in Italia anche e soprattutto come una missione in difesa di una civiltà libera, che promuoveva lo sviluppo dell’arte. Alti prelati della Santa Sede che consideravano i monumenti, anche quelli non religiosi, come segno della civiltà cristiana.
Ricordiamo anche tante donne, ausiliarie delle forze armate angloamericane o funzionarie delle soprintendenze e dell’amministrazione pubblica italiane, che a lungo sono state ignorate dalla storiografia ufficiale.
Colpisce il fatto che nel dicembre del 1951, quando l’ultimo dei “Monuments Officers” lasciò l’Europa, la sottocommissione MFAA aveva complessivamente supervisionato la restituzione di circa cinque milioni di oggetti di valore artistico sottratti ai legittimi proprietari, pubblici o privati, residenti nelle nazioni che erano state occupate dai nazisti. Uomini e donne che sono andati ben oltre i compiti stretti e le mansioni previsti dal loro lavoro, perciò, “questo libro è stato dunque ispirato da un dovere di conoscenza e di riconoscenza”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Monuments Men: gli uomini che hanno difeso l’arte italiana in “Identity Men” di Meomartini e Villa
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