Napoleone, ladro d’arte. Le spoliazioni francesi in Italia e la nascita del Louvre
- Autore: Giorgio Enrico Cavallo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Una ricchezza depredata e quando il furto non riusciva, distrutta. Un retaggio del passato sottratto ai legittimi eredi. Possiamo figurarci facilmente carrettate di quadri e cornici preziose, file di tiri di cavalli che trainano pianali stracolmi di statue, gruppi scultorei, vasi antichi, reperti archeologici.
Tra il 1796 e il 1815, i convogli militari delle armate napoleoniche arrivavano in Italia carichi di munizioni, palle di cannone, rifornimenti e tornavano pieni di ogni ben di dio artistico requisito, depredato da edifici pubblici, chiese, conventi, raccolte civiche e private del Bel Paese occupato dall’Armée dei libertè, egalité, fraternité. Un saccheggio sistematico, tanto da fare intitolare Napoleone ladro d’arte. Le spoliazioni francesi in Italia e la nascita del Louvre il libro che denuncia quella stagione rapace.
È stato pubblicato due anni fa da D’Ettoris Editori di Crotone, nella collana “Biblioteca di Storia Europea” (gennaio 2022, 112 pagine, con un inserto al centro di dodici pagine di immagini seppiate e a colori, su carta patinata), a firma di Giorgio Enrico Cavallo.
Storico e giornalista, si occupa da anni di divulgazione, collaborando con quotidiani e riviste. I suoi interessi spaziano dalla storia sabauda e piemontese al periodo rivoluzionario francese e alle grandi scoperte geografiche tra il XV e il XVIII secolo. Fa parte del Cescom, Centro Studi Colombiani Monferrini. Suoi saggi appaiono in numerose antologie.
Tante le pubblicazioni, anche come coautore. Con D’Ettoris ha pubblicato nel 2021 Cristoforo Colombo il nobile, l’epopea transoceanica dell’ultimo cavaliere medievale.
Tra i temi sviluppati in questo lavoro: un’Italia irriconoscibile, dopo le ruberie e i saccheggi di una vera e propria guerra culturale infuriata tra la fine del XVIII secolo e la prima quindicina del XIX. Una delle conseguenze?
La nascita del museo moderno.
Nel libro - rileva nella prefazione l’intellettuale Roberto Marchesini - vengono illustrate le razzie, le motivazioni e le parziali restituzioni. Il danno maggiore non è stato il furto in sé, quanto la perdita e il danneggiamento di opere d’arte uniche, inestimabili e “il cambiamento della concezione di arte”.
Strappate dal contesto spaziale elettivo e simbolico, quelle opere vennero disattivate, diventarono:
“Curiosità esotiche, stranezze incomprensibili, senza senso”.
Alla base delle spoliazioni napoleoniche e dell’assalto al patrimonio della Chiesa, ricorrevano ragioni ideologiche. Risalivano al fervore anticristiano della Rivoluzione francese, alla base anche delle profanazioni delle proprietà religiose, dei vandalismi, della sottrazione di beni e della soppressione degli enti ecclesiastici.
Nella petizione del 1797 degli artisti repubblicani al Direttorio, si legge:
La Repubblica francese, con la sua forza e la superiorità del lume e dei suoi artisti, è l’unico paese al mondo che può dare una dimora sicura a questi capolavori. Tutte le altre nazioni devono venire a prendere in prestito dalla nostra arte.
Un complesso di superiorità che fece danni dovunque in Europa.
Arrivati da padroni in Italia, i francesi si diedero a una solerte spoliazione, devastando i segni della storia cristiana, come avevano fatto in Francia, dove a fare le spese del furore ideologico erano state chiese, cattedrali, abbazie e palazzi reali. Si voleva spazzare via la vecchia civiltà “inferiore”, per sostituirla con una nuova, libera, uguale e fraterna, figlia dell’Illuminismo, che predicava da tempo questo scontro di civiltà, tra due interpretazioni del mondo antitetiche, una cristiana, l’altra gnostico-rivoluzionaria.
Per questo i francesi devastarono le chiese e dispersero i pezzi d’arte, raccogliendo i migliori in un sorprendente museo-babele a Parigi, il Musée Napoléon. Vi confluirono migliaia di quadri, provenienti da tutta Europa. In gran maggioranza opere di argomento religioso, almeno per quanto riguarda l’Italia, ma non mancavano soggetti alternativi.
Il professor Cavallo offre una panoramica degli oggetti d’arte da nord a sud, dal Regno di Sardegna sconfitto nel 1796 a quello di Napoli, raggiunto nel 1799. Ripete il percorso nella direzione opposta: deposto Napoleone, il Congresso di Vienna decretò la restituzione senza formalità, carte e ceralacche di tutte le opere sottratte nel continente in quello ch’è stato il più grande trasloco di beni artistici d’ogni tempo.
Aggiunge che quel traffico alimentò “il sogno” del Musée Napoléon parigino, che aveva il principale artefice in Dominique Vivant Denon.
La messe di capolavori confluente nella capitale superava la capienza del Louvre, il “Museo dei Musei” nel progetto del barone borgognone. Accelerando e indirizzando la musealizzazione del grande palazzo avviata nel 1793, Denon lo andava trasformando nella celebrazione concettuale e materiale, artistica e visiva, del successo di Napoleone, genio militare e politico, imperatore dei francesi.
Bene si è detto (Marco Albera), che il museo moderno è rivoluzionario proprio perché mostra l’arte separata dal suo contesto architettonico, devozionale, celebrativo delle glorie delle antiche famiglie, per diventare esibizione esclusiva di tecnica. In definitiva, solo arte per l’arte, il cui fine diventa sempre meno interpretabile. L’ambizione di creare nel Louvre-Musée Napoléon il catalogo di quanto di meglio l’umanità avesse prodotto, si risolse in un “peccato di orgoglio”: il tentativo di erigere una moderna Torre di Babele.
Napoleone, ladro d'arte. Le spoliazioni francesi in Italia e la nascita del Louvre
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