Nel Seicento ci pensò John Milton, ai giorni nostri ci ha pensato Alessandro Cortese un giovane e interessante autore attivo da alcuni anni: entrambi hanno ripensato alla Genesi in una chiave originale e un po’ inquietante per i fondamentalisti.
Il paradiso nel racconto della Bibbia
Per i cristiani la Bibbia è il "libro" per eccellenza, i primi cinque libri della Bibbia poi sono in comune con la fede ebraica (si tratta del cosiddetto Pentateuco). La Genesi tratta della creazione del mondo e al sesto giorno di quella dell’uomo (primo uomo Adamo).
Da una sua costola nasce Eva, che nella radice del nome porta il legame alla Terra.
Destinati a vivere felicemente nell’Eden, i due si fanno irretire da un serpente e sono indotti a mangiare il frutto della conoscenza, unico a loro interdetto dal Padre. Questo peccato (definito in seguito felix culpa perché portò poi Gesù Cristo come Redentore) destinò i due primi esseri umani e tutta la loro discendenza ad un’esistenza imperfetta piegata dalle malattie, i dolori del parto, la fatica del lavoro e infine la morte.
Ma nel Paradiso si era consumato precedentemente un atto di ribellione molto forte: Lucifero, l’angelo della luce, il più bello, il più amato e un gruppo di suoi fidi si ribella e accetta di essere scaraventato negli inferi dove inizierà la sua trasformazione.
Fin qui la narrazione biblica che vuole dare (principalmente per quanto concerne la storia dell’umanità) una sua spiegazione "logica" e paradossalmente metaforica allo stato imperfetto dell’essere umano e per traslato di tutti gli altri esseri viventi presenti sulla Terra, il libro dei libri intende anche spiegare perché esiste il male.
Il paradiso nella letteratura
John Milton, autore di fede puritana che ebbe un ruolo politico importante all’epoca del Commonwealth, unica parentesi repubblicana nella lunga storia inglese e britannica, rivisita a suo modo i capitoli della genesi e primo tra tutti ripensa positivamente alla figura dell’angelo caduto, perché egli rifiuta ogni forma di potere precostituito e preferisce regnare all’inferno piuttosto che subire in paradiso.
Di avviso simile è Alessandro Cortese nel suo romanzo Eden, scritto nel 2005, curiosamente senza aver letto Milton. Lucifero entra in contrasto con il creatore dell’uomo perché a suo parere egli lo tiene prigioniero impedendogli di crescere e di essere libero arbitro delle sue azioni. Ecco che il libero arbitrio propugnato dai cattolici e quasi osteggiato da certe fazioni protestanti entra in campo sostenuto e appoggiato da chi atavicamente è considerato il Male. In realtà anche qui la ribellione è rifiuto di soggiacere al volere altrui solo perché imposto e non democraticamente reso partecipe al prossimo. In più non si considera l’atto di Eva come un capriccio che spiega la scarsa attitudine al l’ordine e all’obbedienza da parte della donna, ma come un atto di amore verso l’angelo ribelle e anche come presa di coscienza.
Il Dio della Genesi appare inequivocabilmente come un padrone egoista che impedisce ai suoi subalterni di mantenere una propria integrità di pensiero perché erroneamente considerato incapace di gestire situazioni.
Sfidando il silenzio della chiesa ufficiale che continua a glissare sulle prime pagine della Bibbia, scritte così perché pensate per gli uomini di quel particolare tempo storico i due autori Milton e Cortese, pur tanto distanti tra loro, inducono a riflettere senza per questo allontanarsi dai principi di fede essendo comunque entrambi non agnostici, ma meno pedissequemente obbedienti a un’istituzione (quella religiosa) che essendo comunque fatta da uomini è per sua natura destinata a essere imperfetta.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Rivisitazione della Genesi in Paradiso Perduto ed Eden
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