Anche Roma ha la sua leggenda, non può esistere Città Eterna senza una storia che ne sostenga le fondamenta ancorandole alla dimensione del mito. Le storie conferiscono all’esistente una durata che trascende la transitorietà effimera del presente, per questo ce le raccontiamo, per questo abbiamo bisogno di miti e simboli e di una narrazione astratta che sia più concreta della pietra e dei monumenti, delle possenti colonne che pure si sbriciolano spinte al deterioramento da forze invisibili, ma costanti.
Dunque, ecco una storia. Romolo e Remo, i gemelli allevati dalla lupa. Una statua situata vicino alla Piazza del Quirinale ce la ricorda e, attraverso la concretezza della lupa capitolina, riconsegna la città di Roma alla sua dimensione mitica.
In occasione del Natale di Roma, scopriamo l’origine della leggenda della fondazione di Roma e i suoi sviluppi nel corso della storia.
Romolo e Remo: le origini della leggenda
La necessità di creare una leggenda che narrasse la nascita della città di Roma nacque in Età Augustea, quando l’Impero si trovava nella sua fase di massima espansione, occupando ormai la maggior parte del Mediterraneo. Questo dominio così esteso sul mondo doveva improvvisamente avere un senso e, dunque, una storia. Ed ecco che scrittori e poeti vennero mobilitati per narrare il mito delle origini. Nell’Età dell’Oro augustea si fecero avanti due nomi: Tito Livio, il maggiore storico del tempo, colui che avrebbe celebrato la gloria di Roma dalla fondazione al trionfo di Ottaviano Augusto; e poi, naturalmento, Virgilio, il poeta incoronato, che avrebbe fatto della propaganda augustea la cifra stessa del suo canto anticipando la venuta di Augusto come il misterioso puer che - al pari di un Messia - viene a riportare la gloria e la pace. La Roma augustea si fondava sulla restaurazione dei valori delle origini e sul culto del Mos Maiorum, ovvero degli antenati. La letteratura, di conseguenza, aveva un ruolo preciso: doveva rimodellare le tradizioni secondo l’ideologia di Augusto, intessere una narrazione che fosse al servizio del potere e ne saldasse i valori.
Sia la grande opera storica di Tito Livio, Ab Urbe Condita, che il grande poema virgiliano, l’Eneide, erano dunque un esempio di letteratura politica e di propaganda imperiale.
Sia Tito Livio che Virgilio presentano un punto di convergenza, un’opinione concorde: fu Romolo a fondare la Città, il 21 aprile 753 a.C., secondo la data stabilita da Varrone. La leggenda di Romolo e Remo deriva dall’epica dell’Eneide, infatti possiamo scorgere in Romolo un diretto discendente dell’eroe Enea che, esule da Troia, fonda una nuova città portando con sé i Penati (le statue degli antenati), per dare vita a una nuova stirpe nobile e coraggiosa.
La leggenda di Romolo e Remo e la derivazione dall’Eneide
Secondo Virgilio, Enea avrebbe fondato Lavinio, sulle coste laziali, in seguito all’unione con Lavinia, la figlia del Re di Latino. L’Eneide infatti, proprio come l’Iliade di Omero, si conclude con un duello: Enea sconfigge Turno, il re dei Volsci promesso sposo di Lavinia, lo uccide, e ottiene in cambio il regno e la sposa.
In seguito il figlio di Enea, Ascanio, avrebbe fondato la città di Alba Longa. Romolo e Remo discendono proprio da Ascanio e dalla stirpe di Alba Longa. L’ultimo erede dei Re albani è infatti Numitore, che viene spodestato dal fratello Amulio: costui costringe la figlia di Numitore, Rea Silvia, a divenire una sacerdotessa vestale, in modo che non possa generare eredi in grado di entrare in conflitto con la sua volontà di potere. Tuttavia, come ci racconta Tito Livio in Ab Urbe Condita, la sacerdotessa - cui era imposto l’obbligo di castità - venne stuprata dal dio Marte che si era invaghito di lei. Dalla violenza nacquero ben due eredi: i gemelli Romolo e Remo. Scoperto il fatto, Amulio ordinò che Rea Silvia fosse sepolta viva e fece gettare i neonati nel Tevere. La culla, però, narra la leggenda, iniziò a galleggiare sulle acque e venne portata a riva. I due bambini furono trovati da una lupa che, richiamata dal loro pianto, li accudì e li allattò dalle sue mammelle come se fossero i suoi piccoli. (Qui la leggenda prende un’altra piega, poiché molti studiosi colgono nel riferimento alla lupa l’immagine della meretrice, ovvero della prostituta, cui spesso questo animale era associato. Infatti il “lupanare” era il nome con cui si definiva il bordello, Ndr). Romolo e Remo furono in seguito trovati da un pastore di nome Faustolo e da sua moglie Acca Laurentia che li crebbero facendoli diventare giovani uomini grandi e forti.
L’immagine simbolica della lupa viene così spiegata dallo stesso Tito Livio:
Secondo alcune fonti la moglie del pastore era una prostituta, soprannominata "lupa" dai pastori e questa sarebbe l’origine delle leggenda miracolosa.
Una volta adulti furono loro a vendicarsi della morte della madre, uccidendo Amulio e riportando il nonno Numitore sul trono.
Tutto è bene quel che finisce bene, dunque? Come ben sapete, questo è solo l’inizio della leggenda. Arriviamo ora alla fondazione di Roma.
La leggenda di Romolo e Remo e la fondazione di Roma
Dopo aver ristabilito il giusto ordine delle cose, Romolo e Remo decisero di fondare una nuova città affidandosi ai presagi degli auspici (ovvero secondo la tecnica degli aruspici, l’osservazione degli uccelli). Remo sulla cima del colle Aventino avvistò sei avvoltoi; mentre Romolo, situato sul Palatino, ne scorse il doppio. Da qui nacque una contesa tra i due fratelli su chi dovesse fondare la città.
Secondo la leggenda, Remo fu ucciso da Romolo perché oltrepassò il solco delle mura di “Roma” - la città fondata dal fratello - compiendo un sacrilegio. Tito Livio ci narra che Remo fu colpito a morte da Romolo, colpevole di questo sconfinamento.
Romolo fondò quindi la sua città sul colle Palatino, il 21 aprile del 753 a.C., divenendo di fatto il primo dei sette Re di Roma.
La fondazione di Roma tra realtà e leggenda
Le leggenda di Romolo e Remo fu chiaramente una storia creata a favore della propaganda augustea. La sua origine dunque è politica, ma anche squisitamente letteraria. Vi ritroviamo, non a caso, diversi topòs che sarebbero ritornati anche nelle narrazioni successive: pensiamo alla Bibbia, alla storia di Mosè salvato dalle acque o di Caino e Abele.
Nella realtà la vera origine di Roma ebbe molto poco di epico: fu fondata nei pressi dell’Isola Tiberina dall’unione di diversi popoli che coabitavano da tempo nei dintorni del fiume Tevere. A saldare l’incontro tra genti così diverse, di origini etrusche, sabine e latine, fu una ragione molto concreta: il commercio. La vicinanza alla foce del Tevere e alla via Salaria - la cosiddetta “via del sale” - che risaliva lungo l’Appennino favoriva gli scambi commerciali utili al sostentamento economico della popolazione. Secondo gli archeologi l’insediamento divenne tanto articolato che fu necessario conferirgli uno statuto speciale: l’investitura del nuovo capo avvenne, sembra, tramite una cerimonia religiosa. Le tracce delle prime fortificazioni risalgono proprio attorno al 753 a.C., nella data tramandata dalla leggenda. La cerimonia di fondazione fu officiata proprio nei pressi del santuario della dea Vesta: la stessa divinità cui era devota Rea Silva secondo quanto narrato dalla leggenda, ecco che realtà e mito si incontrano. Per l’occasione fu istituito un grande altare con un focolare in onore della Dea.
Forse, dopotutto, è più bello pensare che Roma non si originò nel sangue di una guerra fratricida, ma da un’alleanza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Romolo e Remo, la Fondazione di Roma tra storia e leggenda
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