Oggi è il 2 giugno, festa della Repubblica Italiana, istituita per ricordare la nascita della nostra Repubblica. In questa data del 1946 si svolse il referendum sulla forma istituzionale dello Stato, che con il voto popolare condusse alla nascita della Repubblica e all’elezione di un’Assemblea Costituente. Si concludeva, così, un complesso periodo di transizione segnato dalle azioni di movimenti e partiti antifascisti e dall’avanzata degli alleati in un’Italia divisa e devastata dalla guerra.
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In questo giorno prossimo all’inizio dell’estate, prima di vedere sfrecciare a Roma sopra il Vittoriano le Frecce Tricolori, scegliamo dalla libreria un volume che assume in questa data fondamentale della nostra Storia, una valenza particolare. “Sandro Pertini: sei condanne due evasioni” (Oscar Mondadori, Prefazione di Giuseppe Saragat, a cura di Vito Faggi) è un libro che andrebbe studiato a scuola; le copie, ingiallite dal tempo, si trovano disponibili solo su IBS o su Amazon.
Alessandro Giuseppe Antonio Pertini (Stella, 25 settembre 1896 – Roma, 24 febbraio 1990), detto Sandro, politico, giornalista e partigiano, è stato il settimo presidente della Repubblica Italiana dal 1978 al 1985, primo socialista e unico esponente del PSI a ricoprire la carica. Il volume, pubblicato per la prima volta nel 1970, raccoglie “La storia segreta della repressione fascista scritta giorno per giorno dai suoi persecutori”, come recita il sottotitolo del testo.
Le giovani generazioni forse non conoscono la storia di Pertini, il Presidente più amato dagli italiani, di grande dirittura morale, simpatia travolgente e ferma intransigenza. Soldato durante la Grande Guerra, col grado di Sottotenente di complemento, Pertini intraprende la professione forense, nel 1918 si iscrive al Partito Socialista di Filippo Turati e nel 1925, dopo essere rimasto turbato dall’omicidio di Giacomo Matteotti, viene sorpreso a distribuire un foglio contrario al regime e arrestato: otto mesi di carcere. Nel 1926 è nuovamente condannato a cinque anni di confino, ai quali si sottrae riuscendo a rifugiarsi in Francia. Esule ma con il cuore in Italia, vi ritorna nel 1929, per riorganizzare le fila del disciolto Partito Socialista. Scoperto per aver progettato un attentato a Mussolini, viene condannato a undici anni di reclusione, ne sconta sette e poi viene assegnato per otto anni al confino. Rifiuta di chiedere la grazia, anche quando la domanda viene firmata dall’amatissima madre, Maria Giovanna Adelaide Muzio.
“Mamma, con quale animo hai potuto fare questo? Non ho più pace da quando mi hanno comunicato, che tu hai presentato domanda di grazia per me. Se tu potessi immaginare tutto il male che mi hai fatto ti pentiresti amaramente di aver scritto una simile domanda”.
In seguito alla caduta del fascismo, Pertini torna libero nell’agosto del 1943, ed entra nell’esecutivo del Partito Socialista. Dopo l’armistizio, il 10 settembre del 1943, guida i gruppi di resistenza presso Porta San Paolo a Roma per impedire l’ingresso delle truppe tedesche nella capitale, guadagnandosi la medaglia d’oro al valor militare. Nuovamente catturato dalle SS, viene condannato a morte e incarcerato in attesa dell’esecuzione. Ma il 24 gennaio 1944 insieme a Giuseppe Saragat e ad altri sette compagni riesce a fuggire dal carcere di Regina Coeli, per raggiungere Milano, dove assume la carica di segretario del Partito Socialista nei territori occupati dai tedeschi. Terminata la guerra viene eletto alla Costituente e poi in Senato. Ricopre per due legislature consecutive, dal 1968 al 1976, la carica di Presidente della Camera dei Deputati. L’8 luglio del 1978 viene eletto Presidente della Repubblica con una amplissima maggioranza, 832 voti su 995. Inizia un settennato memorabile, costellato da molte tragedie e lutti:
“Mai presidenza è stata più travagliata della mia”.
La strage di Bologna del 1980, il terremoto in Irpinia del novembre del 1980, la tragedia di Vermicino del giugno del 1981, la morte, a 62 anni, di Enrico Berlinguer, segretario generale del Partito Comunista Italiano, che viene colpito da un ictus sul palco di Piazza della Frutta a Padova, durante un appassionato comizio elettorale.
Pertini mette a disposizione l’aereo presidenziale per il trasporto della salma, dichiarando:
“Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta”.
Ma c’è anche un momento di gioia irrefrenabile che il presidente partigiano condivide con tutti gli italiani: la vittoria della squadra italiana di calcio del c.t. Enzo Bearzot ai Mondiali di Spagna del 1982.
Durante i sette anni sul colle più alto, Pertini non ha mai scordato di ricordare il proprio passato, perché vi è un fil rouge che lega l’antifascismo alla nostra Costituzione, “la più bella del mondo”, per arrivare al Quirinale, casa di tutti gli italiani. Non dimentichiamo mai che la legge fondamentale dello Stato è figlia della Resistenza e quindi antifascista nell’anima.
Ecco perché è importante oggi 2 giugno, (ri)leggere “Sandro Pertini: sei condanne due evasioni”, uno dei libri più forti e singolari della letteratura antifascista e insieme uno dei più originali contributi alla conoscenza della storia d’Italia nel periodo fascista. È il racconto della vita nella clandestinità, nell’esilio, in carcere e al confino, di una minoranza di giovani che si sollevarono contro la dittatura fascista proprio nel momento del suo trionfo. Pagare di persona per riaffermare i valori della libertà e della giustizia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Sandro Pertini: sei condanne due evasioni” da (ri)leggere oggi 2 giugno
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