Sto bene è solo la fine del mondo
- Autore: Ignazio Tarantino
- Genere: Religioni
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2013
“… ebbi l’impressione di essere sbarcato su un pianeta di alieni.” (Pag. 42)
I Testimoni di Geova sono una parte conosciuta della nostra vita quotidiana. Sono visibili, sono riconoscibili, non si nascondono, cercano di avvicinarci, di parlare. Li vediamo in coppia passeggiare con un borsello e delle riviste. Certo, le loro camicie con le maniche corte e cravatte non sono presentabili però anch’io raramente azzecco i colori dei miei vestiti, perciò non posso giudicare.
La loro storia è molto recente, con una diffusione abbastanza rapida.
Nati alla fine dell’Ottocento negli Stati Uniti, con una costante ma decisa ricerca di proseliti, si sono diffusi in tutto il mondo.
Secondo il sito della Cesnur:
“… dati aggiornati al 2014, i Testimoni di Geova in Italia hanno 3.016 congregazioni in Italia (113.823 nel mondo), 1.425 edifici per il culto – dette Sale del Regno – e sedici Sale delle Assemblee, queste ultime costruite per le riunioni più grandi. I Testimoni contano oggi in Italia una media di 247.259 proclamatori (7.698.337 nel mondo) …”
I proclamatori, vale a dire, i partecipanti in maniera diretta e consapevole all’attività del culto sono in Italia circa 250.000. Pensavo di più, a dimostrazione di quanto presenza e visibilità ripaghino sotto questo punto di vista.
Per trasportarci all’interno del fenomeno ci aiuta in maniera profonda e cosciente Ignazio Tarantino con il romanzo Sto bene è solo la fine del mondo (Longanesi, Milano, 2013).
Scritto in prima persona, Giuliano, ci racconta la storia della propria famiglia, in un bel romanzo di formazione.
La famiglia di Giuliano non è spensierata, non c’è un’atmosfera moderna e gioiosa. Hanno preoccupazioni economiche, e, soprattutto, c’è una figura di padre dominatore e violento.
La madre è l’elemento unificatore, il parafulmine, la guida spirituale dei figli. Oltre Giuliano c’è ne sono altri quattro, tutti più grandi.
La madre è sommersa dai problemi, se il suo ruolo di chiocciola è il compito principale, nessuno si occupa di lei. Perciò, quando delle persone gentili, accattivanti suonano alla porta e gli chiedono se vuole essere felice, se vuole conoscere un mondo senza sofferenza e malattia, ovviamente la risposta è positiva.
La madre si getta corpo e anima nella Società, si dimostra rispettosa e ubbidiente dei precetti e delle regole. Per il ruolo centrale nella famiglia, tutti, eccetto il padre, la seguiranno nella nuova esperienza.
In tutto il libro, il nome Testimoni di Geova non sarà mai pronunciato. Al suo posto Società.
L’assenza della terminologia esatta ha un significato. La madre per liberarsi dalle sue angosce ha accettato l’offerta dei Testimoni, ma se avesse suonato un membro di altra qualsiasi comunità, con la stesse qualità umane, gentilezza e speranza, avrebbe accettato con lo stesso entusiasmo.
Non è accentuata l’importanza del ruolo dei Testimoni, la posizione della madre è quello fondamentale.
Il linguaggio è divertente, simpatico, Giacomo è ironico, stupefatto soprattutto all’inizio. Con il passare dell’età mantiene la sottile ironia, a volte cattiva, ma le brutte disavventure della vita lo costringono a elevare il tono cinico.
La mia preferita è la prima parte, quando il bambino, con occhi ingenui e innocenti, è testimone dei grandi cambiamenti della famiglia, senza rendersi conto del perché.
La madre da profonda e devota cattolica - “Mia madre era una sua fan accanita.” (Pag. 1) – incontra una nuova fede, strana agli occhi del bambino - “Per ora deve soltanto acquistare l’esclusivo libro della vita eterna a un prezzo davvero vantaggioso.” (Pag. 38).
Nel seguito Giacomo deve affrontare le nuove regole, assurde per un bambino cresciuto e abituato da altre norme. Le ultime prassi mettono in dubbio tutta una vita intorno a lui. Spariscono Natale, Pasqua, ma perfino il meno religioso compleanno:
“Un compleanno?” “Ma non lo sai che è una festa del demonio?” (Pag. 48)
Non si può neppure cantare l’inno prima delle partite della nazionale:
“Lo sapete che non si deve cantare l’inno nazionale, è proibito.” (Pag. 100)
Non si possono avere amici al di fuori della comunità:
“… frequentare gli infedeli era un peccato mortale…” (Pag. 115)
Neppure leggere e studiare era positivo:
“… il sapere mondano è come un’infezione che produce cancrena.” (Pag. 151)
Brindare per festeggiare qualcosa è abominio:
“È contro i nostri principi, berremo con voi ma non brindiamo.” (Pag. 202)
Io sono cresciuto con altre abitudini, pertanto certi divieti mi appaiono impossibili. In realtà sono solo diversi, non sono né peggiori, né migliori. Anche l’autore la pensa allo stesso modo. È spietato con la nonna e le particolari persone intorno a lei:
“In questa casa si osserva la religione cattolica. Siamo fedeli alla Santa Romana Chiesa. Si professa la fede cristiana e si recita il rosario.” (Pag. 68)
Sono rigorosamente cattolici a casa della nonna, ma ci sono molte incongruenze e stranezza da spiegare.
La stessa ipocrisia c’è nella casa di Giuliano. I parenti, gli amici corrono immediatamente quando i membri della famiglia si stanno convertendo. Ma nessuno accorreva quando il marito picchiava moglie e figli.
E poi c’è l’annosa incognita della fine del mondo.
Un conto è affermare: il mondo finirà e ci sarà - un giorno - il giudizio universale.
Un altro conto è dire: il mondo finirà il 24 gennaio del 1995.
Ci vuole più coraggio nel secondo caso. Nel primo, la scadenza generica ci consente qualsiasi interpretazione.
Massimo Introvigne in un’intervista sull’argomento:
"Nel 1995 i Testimoni di Geova hanno formalmente rinunciato ad annunciare date per la fine del mondo. Si tratta di una svolta fondamentale che ha determinato una serie di modifiche psicologiche e sociologiche di grande importanza. In precedenza avevano circolato - a vari livelli di "ufficialità" - diverse date. Sugli effetti delle previsioni smentite sulla crescita del movimento le opinioni in campo sociologico sono divergenti: alcuni pensano che gli annunci profetici e il desiderio di giustificarli ex post abbiano avuto anche effetti positivi, altri sottolineano la perdita di membri dopo ogni annuncio profetico smentito dai fatti".
Lo stesso accade a Giuliano. La mancata fine del mondo, vissuta come una liberazione per la famiglia: “Ci speravo davvero nella fine del vecchio mondo, qualunque fosse l’esito.” (Pag. 108) rappresenta il motivo del nascente dubbio, nonostante tutto il suo percorso e la sua carriera.
Non c’è astio da parte dell’autore nel romanzo, c’è una bella dose d’ironia e un percorso di vita profondo, ricercato.
La scelta di Giacomo di andarsene non ha una motivazione teologica ma la stanchezza di convivere con un sentimento di solitudine. La scelta non è fra due religioni ma occupa nell’intera vita di una persona:
“… il problema non era chiedersi cos’era giusto o sbagliato fare ma se stare con la Società o con il mondo.” (Pag. 247)
E così cantando una frase di una canzone dei R.E.M. - “It’s the end of the world as we know it, and I feel fine” - Giacomo riprende a stare con il mondo nonostante la solitudine e le sofferenze, cui fu sottoposto dopo aver rinunciato alla Società. Il cammino sarà lungo, perché c’è da ricostruire tutta un’esistenza.
Sto bene è solo la fine del mondo (La Gaja scienza Vol. 1100)
Amazon.it: 4,99 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sto bene è solo la fine del mondo
Lascia il tuo commento