Da poco in libreria “Storie e ricordi di una Roma di ieri” (Ricciardi & Associati 2016, pp. 96, €15), il libro in cui Gabriele Gasparro unisce ricordi personali sullo sfondo della gastronomia e della buona cucina romana dell’autore. Gabriele Gasparro, ex funzionario dell’ICE nato nella Capitale, è appassionato gastronomo e da molti anni fa parte dell’Accademia Italiana della Cucina.
“Io gli affari gli ho sempre fatti con i piedi sotto il tavolino”
ricorda Gasparro che il nonno, intraprendente industriale dell’inizio del secolo scorso, soleva concludere un accordo davanti a un appetitoso pasto. Nella Roma post-umbertina era consuetudine stabilire affari a tavola, oggi, in un mondo dove si vive troppo in fretta, si è un po’ perso questo simpatico rito. Nel 1870 l’Urbe, diventata Capitale del Regno, iniziò a crescere in modo frenetico e di conseguenza crebbe molto anche l’imprenditoria edilizia; la Stazione Termini divenne il fulcro dell’attività economica, sociale e politica della Capitale. I Ministeri furono costruiti sull’asse che da Porta Pia arriva fino al Quirinale attraverso via XX Settembre, anche i più grandi alberghi furono costruiti in quella zona. I grandi palazzi dei quartieri di Prati, del Pinciano e del Salario ospitavano la gran massa di impiegati e professionisti affluiti nella Capitale per amministrare la burocrazia del giovane Regno, dove i dignitosi appartamenti somigliavano a quello nel quale Ettore Scola nel 1987 avrebbe ambientato il film “La famiglia”. Le locande della Roma papalina andavano pian piano scomparendo, mentre nascevano lussuosi ristoranti per la nuova clientela. Gli anni passavano veloci e la città riscriveva la sua storia nei palazzi del potere e nelle accoglienti sale dei tanti ristoranti e locali, testimoni di eventi straordinari. Quando la città divenne celebre per la sua “dolce vita” e Cinecittà “centro propulsore del nostro cinema”, Roma brulicava di famosi attori italiani e stranieri. Non dimentichiamo che, nel corso dei secoli, Roma ha celebrato ogni venticinque anni l’Anno Santo assistendo al via vai dei pellegrini. I quiriti, indifferenti, ironici e disincantati, mal sopportavano questa presenza invadente, non intravedendo nessun vantaggio concreto dall’evento. È noto che il romano difficilmente si entusiasma o si commuove. Però il popolo romano, forte della sua filosofia, del presuntuoso sarcasmo e della paciosa bonomia è uno tra più ospitali al mondo. Ad Agosto la città diventa più vivibile, il traffico scompare “strade silenziose e deserte”. Negli anni Cinquanta “la circolare rossa” trasportava intere famiglie al Lido di Ostia per trascorrere la giornata al mare consumando un pasto al sacco a base di pomodori ripieni di riso, cannolicchi al sugo e patate al forno. Chi rimaneva in città si poteva rinfrescare con un dissetante cocomero “fresco ristoro molto amato” comprato in uno dei tanti chioschi cittadini. Al crepuscolo per tutti un piacevole ponentino rinfrescava l’aria infilandosi nelle strade e spandendosi nelle piazze.
In questo prezioso e ben redatto volume è possibile ripassare la storia dell’Urbe dalla breccia di Porta Pia (20 settembre 1870), episodio del Risorgimento che sancì l’annessione di Roma al Regno d’Italia, fino a Tangentopoli, attraverso il buon cibo romano. Per rendere più gustosa la narrazione l’autore sceglie le salaci poesie di Trilussa e del Belli, i quali con la loro ironia e arguzia catturavano gli umori del popolino e le goffe inadeguatezze di chi li governava. Inoltre addolciscono le pagine alcuni versi delle coinvolgenti canzoni romanesche. Nella Roma di ieri dunque non solo cucina ma anche costume e società, perché la Capitale con i suoi vizi e le sue bellezze continua imperitura ad ammaliare.
“Roma nostra, ch’è tutta ’na canzone/de marmi e prezioso travertino,/ s’è rivestita tutta de cartone/pé riverì der norde l’imbianchino”. Trilussa
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Storie e ricordi di una Roma di ieri: Gabriele Gasparro racconta aneddoti e scene sul grande palcoscenico capitolino
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