Fa’, fà o fa: come si scrive questa semplicissima sillaba che, a dispetto della sua brevità può essere utilizzata in molte circostanze diverse e può avere molte valenze differenti nell’analisi grammaticale?
Il problema in realtà c’è e se lo pongono molti studenti e molte persone che utilizzano frequentemente la lingua italiana nella pratica professionale e nel tempo libero: capire se si scrive fa’, fà o fa diventa, allora, utile per non fare errori grossolani e per inserire nel testo la sillaba - senza o con accento o apostrofo - adatta a quel che davvero vogliamo significare.
Incominciamo con alcuni importanti distinguo che ci permettono di fare un po’ di chiarezza: fà, con l’accento, è una forma di per sé sbagliata, almeno se utilizzata in modo indipendente, sciolto, come sillaba a sé stante; altrettanto errati sono quei verbi monosillabici che, alla terza persona, troviamo talvolta accentati, come ad esempio:
- dà;
- stà;
- fò;
Fa e fa’, con l’apostrofo, sono invece due omonimi, ovvero due parole che si scrivono nello stesso modo e hanno la stessa pronuncia (dal greco omònymos, dal nome uguale) anche se hanno un etimo e un significato diversi che chiariremo subito sotto.
Scopriamo dunque quando si scrive fa’, fà o fa.
Quando si scrive fa e come si utilizza
Fa, senza accento né apostrofo, può avere differenti significati nella lingua italiana, può essere, infatti:
- un sostantivo che indica la quarta nota musicale (do re mi fa sol la si do);
- un avverbio che indica un momento in un passato indefinito;
- la terza persona singolare dell’indicativo presente del verbo fare;
Il primo caso è di certo il più semplice e anche il meno utilizzato: fa è il nome di una nota che, in quanto sostantivo, deve essere preceduto da un articolo e può essere seguito da un aggettivo. Ad esempio:
- Il fa bemolle e il fa diesis;
- Quel pianoforte suona solo dei fa stonati;
Nel secondo caso, come avverbio, troviamo fa in delle locuzioni frequentemente utilizzate per raccontare storie o per descrivere un momento in un passato più meno lontano e alquanto indefinito:
- tanto tempo fa c’era un gigante che mangiava i bambini;
- poco fa ho scoperto un nido di vespe dentro alla serranda;
- quando stava bene, tempo fa, correva per un’ora ogni mattina;
Nel terzo caso fa, senza l’apostrofo e senza l’accento, indica la terza persona singolare del verbo fare, coniugato all’indicativo presente. È una forma verbale estremamente comune, che utilizziamo ogni giorno nel linguaggio colloquiale e che, appunto, va sempre usata senza aggiungere accenti o apostrofi:
- fa così perché si è offeso;
- l’abito non fa il monaco;
- piove o fa sole?;
Fa’ con l’apostrofo: quando si utilizza e perché si scrive così
Fa’ con l’apostrofo ha un significato molto simile a fa, senza apostrofo, dal momento che la radice comune di queste due forme è il verbo fare. Non si tratta però di sinonimi perché mentre fa, come abbiamo rilevato sopra, indica la terza persona singolare dell’indicativo presente, fa’ con l’apostrofo indica la seconda persona singolare dell’imperativo presente del verbo fare.
Anche questa è una forma verbale che utilizziamo spesso nel linguaggio colloquiale, per ammonire, consigliare con fermezza o dare ordini:
- fa’ la cosa giusta;
- fa’ un po’ come ti pare;
- fa’ da solo che non ho tempo da perdere con te;
Se vi state chiedendo perché, in questo caso, ci sia bisogno dell’apostrofo è opportuno aprire una piccola parentesi di storia della lingua italiana.
L’apostrofo che nella grammatica italiana indica quasi sempre un caso di elisione, in questo caso è utilizzato perché siamo di fronte a una forma di troncamento (altri casi di troncamento con apostrofo sono po’ e mo’) ovvero alla soppressione di una vocale (o, in altri casi, di una consonante o di una sillaba) alla fine della parola.
In questo caso il troncamento viene effettuato sulla parola fai, forma originale e corretta della seconda persona singolare dell’imperativo presente del verbo fare, derivante dal latino fac. All’inizio del XX secolo era ancora in uso la forma fa (che mostrava più chiaramente la derivazione latina), anche per la seconda persona singolare dell’imperativo presente, poi, come nei casi simili di da’, sta’, e va’ è divenuta maggioritaria la tendenza, derivante dal dialetto toscano, di ridurre il dittongo ai, appunto troncandolo. Si può infatti scrivere anche e in modo egualmente corretto:
- fai la cosa giusta;
- fai un po’ come ti pare;
- fai da solo che non ho tempo da perdere con te;
Quando e dove troviamo fà, con l’accento
Come già anticipato fà, con l’accento, se usato a sé stante, è sbagliato. Spesso questa grafia si incontra sia in luogo di fa (terza persona singolare dell’indicativo presente del verbo fare), sia in luogo di fa’ (seconda persona singolare dell’imperativo presente del verbo fare), in entrambi i casi, però, è da considerarsi una grafia errata dal momento che, se consideriamo i differenti contesti d’uso, è di fatto impossibile confondere il fa quando viene utilizzato come un verbo e il fa utilizzato per significare una nota musicale.
L’unico caso consentito di fà con l’accento è quando lo troviamo come desinenza dei composti del verbo fare. -fà, in questo caso, viene utilizzato in base alla regola grammaticale che richiede obbligatoriamente l’accento grafico quando l’accento cade sull’ultima sillaba della parola, anche se quella stessa parola, da sola, andrebbe scritta senza accento. Per questo abbiamo, ad esempio:
- Ariosto si rifà ad Orazio;
- non si confà a una signora mettere le dita nel naso;
- dopo un pugno la pelle si tumefà e l’ematoma diventa visibile.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fa’, fà o fa: come si scrive?
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