Lungi dall’essere un credo politico superato e archiviato l’anarchismo, dopo la grande stagione ottocentesca dove gli ideali di personaggi come Pierre Joseph Proudhon e Michail Bakunin avevano infiammato gli animi di chi lottava per l’abolizione di ogni forma di potere organizzato, mostra ancora oggi la sua vitalità, in forme inedite e non necessariamente consapevoli, in tutti quei movimenti che, anche senza pretese rivoluzionarie, reclamano maggiori spazi di libertà, a fronte delle mutazioni oltremodo rapide che, complici le nuove tecnologie, caratterizzano il nostro tempo.
La nostra è, infatti, un’epoca dove anche il dominio assume forme nuove e mai sperimentate prima e non si identifica necessariamente con il potere proprio di uno Stato. È senz’altro una forma di dominio quel capitalismo della sorveglianza che tende a profilare sempre più analiticamente i suoi clienti, estorcendogli l’oro nero dei dati con tecnologie sempre più pervasive e avanzate, come sono forme di dominio quelle della scienza e della medicina che, come ha ben mostrato la pandemia, riescono a esercitare un biopotere altrettanto pervasivo, che può imporre protocolli sperimentali e pretendere dati in nome di un superiore interesse pubblico.
Ecco che allora chi oggi pratica l’anarchismo avanza istanze libertarie che si manifestano in modo plurale: dai movimenti ecologisti (basti pensare, nel contesto italiano ai Fridays for Future o alle azioni dei militanti di Ultima Generazione) al pacifismo, fino ai critici della globalizzazione.
Nel settore librario italiano D Editore incarna da alcuni anni il coraggioso progetto di dare voce, parole pagine e inchiostro al pensiero anarchico, per questo abbiamo chiesto al direttore editoriale Emmanuele Jonathan Pilia di illustrarci motivazioni e intenti della casa editrice.
Intervista a Emmanuele Jonathan Pilia, direttore editoriale di D Editore
Emmanuele Jonathan Pilia si è formato nella facoltà romana di Valle Giulia, dove ha collaborato con la cattedra di Rappresentazione dell’Architettura. Da sempre interessato a tematiche interdisciplinari che chiamano in causa la cultura cyberpunk, l’epistemologia e l’estetica, è critico, teorico dell’architettura e, dal 2016, direttore editoriale di D Editore, di cui è fondatore.
- Buon giorno Emmanuele e grazie per il tempo che hai deciso di dedicare a Sololibri.net. Cerchiamo, innanzitutto, di comprendere lo scenario nel quale si muove il progetto: che senso ha oggi parlare di anarchismo? Come si declina oggi questo filone di pensiero? Quali sono le rivendicazioni e gli obiettivi che oggi si pone chi si definisce anarchico?
Alla prima domanda che poni non posso che dire: viviamo nel periodo storico in cui è normale andare in televisione con la bava alla bocca e le lacrime agli occhi (e chissà quali altri fluidi) a difendere uno Stato-colonia che altro non è che una portaerei statunitense di fronte al più cruento massacro mai documentato. Come fa a non essere attuale, rispondo io! E perché sarebbe attuale per questo? Perché l’anarchia (o meglio: le anarchie) altro non è (altro non sono) che l’espressione più pura e cristallina dell’empatia umana, ossia l’odio verso ogni oppressione e l’amore verso l’eguaglianza. Questo, che può sembrare vago e ingenuo, è invece uno dei pilastri che molte filosofie morali condividono, e hanno condiviso, nel corso di quella manciata di millenni che la storia umana ha prodotto. Al cinismo e alla meschinità del pensiero liberale, vile complice e sponsor di ogni fascismo e autoritarismo, l’anarchia oppone l’empatia e il progetto di una umanità nuova. Si ha l’impressione che l’anarchia sia un’espressione ideologica antica, ormai passata, ma questo non è vero: anche nel Diciannovesimo secolo, di Bakunin e Koprotkin non si leggeva certo nei giornali. La fiaccola dell’anarchia è ancora accesa, e anzi è forse non è stata mai così splendente: brilla in ogni gesto di opposizione, piccolo e grande che sia; in ogni atto di gentilezza disinteressato, piccolo e grande che sia.
- Come nasce D Editore? Cosa indica la “D” nel nome? Quali sono le motivazioni che animano un progetto così impegnato e controcorrente?
D Editore nasce dalle ceneri di un’altra casa editrice, Deleyva Editore, intitolata così per omaggiare la monaca di Monza, Suor Virginia de Leyva. de Leyva è stato un personaggio incredibile, un’anarcofemminista ante litteram, un personaggio molto diverso da quello narratoci da Manzoni. E perché nasciamo? Beh, potrei usare molte parole altisonanti, ma la verità è che semplicemente volevamo dar sfogo a una pulsione anarchica e punk che anima tuttora i cuori delle persone che compongono il progetto. Lo spirito di ribellione che è in ognuno di noi è domato da una routine che ci costringe a vivere come ciniche macchine al servizio di un potere i cui confini sono sempre più impalpabili. Alla luce di ciò, il nostro progetto non ci sembra né impegnato né controcorrente, ma banalmente… Di buonsenso!
- Puoi brevemente presentarci le collane che meglio definiscono il vostro carattere? Quali gli elementi che in un testo attirano la vostra attenzione, quali i requisiti che un’opera non può non avere per diventare un titolo del vostro catalogo?
Certo. Attualmente, D Editore ha cinque collane attive:
- Nextopie, che è una collana di saggistica pop e punk, che è la nostra collana ammiraglia
- Eschaton, in cui pubblichiamo saggistica libertaria dal tono più antologico;
- Freedom Club Collection, collana chiusa che pubblicherà nel tempo tutto il lavoro di Ted Kaczynski (il famigerato UnaBomber),
- D_Pressa, curata da Valerio Bindi, in cui pubblichiamo fumetti fuori dall’ordinario.
A breve lanceremo una collana curata da Claudio Kulesko, chiama Intermundia, focalizzata sulla letteratura di genere!
- Da alcuni anni pubblicate anche testi di narrativa e fumetti. Come si concretizza l’immaginario anarchico in una storia?
Non vi è alcuna distanza tra letteratura e saggistica: cambia il modo di raccontare una storia, l’analisi, il punto di vista. Per il resto, una nozione si può esprimere benissimo sia con un saggio, che con un fumetto o addirittura una maglietta!
- Siete attivi da otto anni con più di novanta titoli pubblicati. Quali sono stati i maggiori successi di D editore, in termini di vendite?
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Senza dubbio, il progetto più fortunato in termini di vendite è stato Anarcoccultismo di Erica Lagalisse, un testo che mostra come anarchia, femminismo ed esoterismo affondano in realtà le loro radici nello stesso terreno. C’è poi la collezione di Libertaria, una serie di cinque volumi (il quinto uscirà a breve) che si dà come il più ambizioso progetto editoriale sul tema dell’editoria mai realizzato. E infine, spazio alla narrativa con Primi delitti, la riedizione del leggendario libro di Paolo Di Orazio, un tempo addirittura accusato dal Parlamento italiano di istigazione a delinquere…
- Puoi darci qualche ghiotta anticipazione sulle pubblicazioni dei prossimi mesi? Avete anche altre iniziative in cantiere per il 2025?
Come dicevo prima, stiamo per lanciarci nella mischia, putrefatta e oscura, luminosa e perversa, della letteratura di genere con la collana Intermundia, che lanceremo in occasione di Oblivion, la fiera del libro, del fumetto e dell’irrazionale che con Paolo di Orazio, Claudio Kulesko ed Edoardo Rizzoli stiamo organizzando a Roma e che avrà luogo il 22 e il 23 febbraio! Ci sarà poi una sorpresa di Silvia Federici, la più eminente teorica del femminismo tutt’ora in vita e uno spazio alla riflessione sul massacro del popolo palestinese ad opera di una delle protagoniste del movimento di resistenza, ossia Leila Khaled. Ma per ora, non posso dire altro.
- Grazie per la collaborazione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’Anarchismo oggi: intervista a Emmanuele Jonathan Pilia, direttore editoriale di D Editore
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