Marco Fabio Quintiliano è stato un oratore romano e un maestro di retorica, il primo ad essere stipendiato dal fiscus imperiale per il suo lavoro. Quintiliano ha un’idea precisa rispetto a chi sia l’oratore ideale, ovvero il vir bonus dicendi peritus. Si tratta di un uomo onesto e abile nel parlare ancor più che esperto nei tecnicismi dell’arte oratoria. Quintiliano opera un tentativo di recupero formare della retorica in cui si oppone agli eccessi del "Nuovo Stile" (la prosa stile senecano, che vuole suscitare sentimenti a tutti i costi). Si avvicina maggiormente alla lirica di Cicerone, del quale riprende il progetto di una vasta e approfondita educazione culturale. Vediamo ora la vita, le opere, lo stile e il pensiero di Quintiliano.
Quintiliano: la vita
Marco Fabio Quintiliano nasce a Calagurris Iulia Nasica, nella Spagna Tarraconensis, in data 35 d.C. Si trasferisce ancora bambino a Roma insieme al padre retore e lì segue le lezioni di Remmio Palèmone e di Domizio Afro; conosce anche il filosofo Lucio Anneo Seneca reputando la sua influenza sui giovani deleteria. Terminati gli studi e ormai cresciuto, Quintiliano fa ritorno in Spagna, dove rimane fino al 68 andando ad esercitare la professione di maestro di retorica. Dopo il 68 l’oratore torna a Roma per volere di Sulpicio Galba, il quale nello stesso anno diventa imperatore.
Una volta arrivato a Roma, nel 68, esercita l’avvocatura e comincia a lavorare come maestro di retorica ottenendo ottimi risultati. Il successo è talmente tanto che nel 78 Vespasiano decide di affidargli quella che può essere definita la prima cattedra statale. L’accordo con l’imperatore prevede che Quintiliano abbia un compenso annuo di 100.000 sesterzi; in questo modo viene riconosciuta un’importanza cruciale alla retorica nella formazione dei giovani e di quella che è la futura classe dirigente.
Dopo aver insegnato per vent’anni Quintiliano decide di abbandonare l’incarico e si dedica alla stesura di un primo momento di un dialogo in cui espone la sua posizione sulla corruzione che dilagava nell’arte dell’eloquenza, ovvero l’opera perduta chiamata De causis corruptae eloquentiae. La sua opera più importante, arrivata a noi, è l’Institutio oratoria, in cui loda l’amico Giulio Secondo per il suo stile elegante affermando che se fosse vissuto più a lungo avrebbe ottenuto la reputazione di oratore illustre presso i posteri.
La vita pubblica di Quintiliano è agitata, quindi, ma quella privata è particolarmente turbolente per via di una serie di sventure, la morte della moglie giovanissima e dei figli in tenera età per prima cosa. Tra i tanti allievi Quintiliano ha Plinio il Giovane e, probabilmente, Tacito. Nel 94 viene incaricato da Domiziano di educare i suoi nipoti e, per questo, ottiene il riconoscimento di ornamenta consularia, ovvero di console. Quintiliano muore nel 96 d.C.
Quintiliano: opere e stile
Come già accennato, Quintiliano ha scritto il De causis corruptae eloquentiae, che però è andato perduto, insieme alle Artes rethoricae, che era una dispensa. Ha scritto anche due raccolte di declamazioni, "maiores" e "minores", e delle orazioni nell’ambito del suo lavoro come avvocato. Anche queste sono andate perdute e la sola traccia rimasta è la buona opinione che si sono guadagnate presso i contemporanei dello’oratore.
Il capolavoro di Quintiliano rimane la Institutio oratoria, che dedica all’amico Marco Vitorio Marcello, funzionario della corte di Domiziano, per l’educazione del figlio Geta. Nel libro parla della formazione dell’oratore e del futuro uomo politico facendo fruttare l’esperienza ventennale come insegnante. Nell’opera in questione Quintiliano concentra una serie di insegnamenti pedagogici e di suggerimenti per la didattica.
La pedagogia che propone Quintiliano è innovativa e volta a correggere il modello tradizionale: nell’opera Quintiliano si esprime contro alle punizioni corporali, considerandole inutili e controproducenti nel processo di educazione. Dimostra poi una particolare attenzione nei riguardi dello sviluppo di quelle che sono le inclinazioni personali del bambino.
Per quanto riguarda lo stile di Quintiliano, egli critica l’atticismo per la sua spoglia semplicità e combatte lo stile di Seneca. L’oratore propone uno stile ricercato e denso di concetti espressi con frasi a effetto, brevi e ricche di significato; il suo periodo è basato sulla ipotassi senza frasi ritmate e segmentate. Egli contesta Seneca e altri scrittori ancora in quanto mancano del senso della misura e non cercano di persuadere il pubblico, bensì solo di dilettarlo.
Il suo stile, come accennato, rimane più simile e vicino a quello di Cicerone, seppur con delle differenze. Quintiliano pare non volersi accorgere del fatto che le cose sono cambiate e che, ai suoi tempi, lo scopo era ormai divenuto il diletto quando si parlava, il riuscire a strappare un applauso da parte del pubblico tramite l’arte oratoria. Parlando delle differenze di Quintiliano rispetto a Cicerone, la sintassi del primo è meno complessa e meno ampia, più mossa e variegata, e c’è una concentrazione maggiore, più rapida e maggiore incisività di pensiero. Si può dire che Quintiliano navighi in equilibrio tra Cicerone e uno stile più moderno.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Quintiliano: vita, opere e stile
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