“Noi, i salvati” (Casa Editrice Nord 2017, pp. 456, euro 18,60 euro, titolo originale We Were the Lucky Ones, traduzione di Alessandro Storti) narra l’emozionante odissea di una famiglia divisa dalla guerra e in fuga dall’orrore dell’Olocausto, ispirato alla storia vera della famiglia dell’autrice americana Georgia Hunter, nata nel 1978 a Plainville, nello Stato del Connecticut.
“Alla fine dell’Olocausto, dei tre milioni di ebrei della Polonia, il novanta per cento era stato sterminato; degli oltre trentamila ebrei che abitavano a Radom, erano sopravvissuti meno di trecento”.
Per quanto tempo si può continuare a fare progetti per il futuro, se la guerra incombe? I fratelli Kurc hanno cercato di resistere fino all’ultimo: Addy aggrappandosi alla musica, Mila occupandosi della figlia appena nata, Genek concentrandosi sul lavoro, Jakob rifugiandosi nei sogni e Halina nascondendo la paura dietro la ribellione. Tuttavia, nel settembre del 1939, devono arrendersi all’evidenza: la Polonia non è più sicura per una famiglia di ebrei. Così, per sfuggire al nazismo, sono costretti a dividersi: chi prova a imbarcarsi per il Brasile, chi scappa in Russia, chi si nasconde in piena vista con una falsa identità ariana. Armati solo del proprio coraggio e della forza della disperazione, i fratelli Kurc dovranno adattarsi a questa nuova esistenza di clandestini, affrontando la fame e il freddo, la solitudine e le persecuzioni, senza sapere se il prossimo passo li farà cadere tra le mani del nemico o li porterà più vicini a un porto sicuro. E sarà proprio grazie alla loro determinazione che, alla fine della guerra, si ritroveranno intorno a un tavolo e brinderanno a loro, i salvati.
Ispirato alla vera storia della famiglia di Georgia Hunter, “Noi, i salvati” ci conduce dai jazz club di Parigi alle prigioni di Cracovia, dalle spiagge di Casablanca ai gulag siberiani, mostrandoci come pure nei momenti più bui della Storia c’è sempre una luce che brilla, e che ci dà la forza di superare ogni avversità. Georgia Hunter ha dedicato il suo libro
“A mio marito Robert Farinholt, con tutto il mio cuore. E a mio nonno, con affetto e stupore”.
L’autrice ha scoperto di essere figlia di un sopravvissuto dell’Olocausto solo nel 2000 e da allora ha deciso di raccontare la storia della sua famiglia. Armata di registratore e di taccuino Moleskine, ha seguito per ben dieci anni le tracce degli zii, dispersi per il mondo. Le loro storie di coraggio, perseveranza e speranza sono diventate la scintilla da cui è scaturito “Noi, i salvati”, romanzo straordinario e commovente, che rivela tutta la complessità e l’ambiguità della vita.
“Ciò che non mi avevano mai raccontato da bambina è che mio nonno, che per quanto ne sapevo io era statunitense dalla testa ai piedi, era nato in Polonia, in una città, Radom, in cui un tempo abitavano più di trentamila ebrei, e che il suo nome originario non era Eddy Courts, ma Adolf Kurc, e, infatti, in gioventù tutti lo chiamavano Addy. Inoltre ignoravo che fosse il terzo di cinque fratelli, e che avesse passato quasi un decennio senza sapere se i suoi parenti fossero scampati alla guerra oppure morti nei campi di sterminio, o giustiziati nei ghetti polacchi come era capitato ad altre migliaia di persone”
ha dichiarato la scrittrice in una recente intervista. Nell’estate del 2000 la madre di Georgia Hunter ha proposto un raduno dei Kurc nella sua casa a Martha’s Vineyard.
“I cugini hanno accettato: non si vedevano spesso e molti dei loro figli non si erano mai conosciuti di persona. Era ora di una rimpatriata”.
Ascoltando le storie raccontate dai cugini della madre Georgia Hunter ha scoperto le vicissitudini dei cinque fratelli Kurc.
“Sopraffatta dalla smania di capire esattamente in che modo i miei parenti fossero riusciti a farla in barba alla sorte, non ho potuto fare altro che cominciare a cercare risposte. Noi, i salvati è la storia della sopravvivenza della mia famiglia”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’ultimo libro di Georgia Hunter: una storia di sopravvivenza
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