A lei. Un faccia a faccia inevitabile
- Autore: Laura De Luca
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Da qualche minuto ho finito di leggere A lei. Un faccia a faccia inevitabile (Edizioni La vela, 2020), lirico affresco esistenzialista sulla morte, compilato da Laura De Luca. Ho appena finito di leggere questo librino di peso specifico incommensurabile e avrei voglia di salmodiarne alcuni passaggi davanti a un televisore dall’audio azzerato. Di lasciare cioè, che, attraverso le parole del libro, a raccontare sia per una volta l’eco del nostro "essere per la morte", piuttosto che il mediatico blaterare di niente di ogni giorno. L’apodittica essenzialità della morte invece della reiterata sequela di immagini parlanti che la morte la mistificano: facendone spettacolo da tg oppure, peggio, rimuovendola attraverso offensivi show fondati su felicità coatte, e/o televendite di prodotti millantanti eterna vigoria.
Rispetto all’immanenza della morte, il senso relativo di tutto il resto mi ha sempre sgomentato, e se comincio con un richiamo alla televisione la segnalazione di un libro incentrato sulla morte è perché essa (la tv) ne incarna il contraltare più falso, ipocrita e/o perverso. Invece A lei familiarizza con l’idea (della morte) a viso scoperto, coniugandola in molteplici accezioni, filosofiche e autobiografiche in primo luogo. Parafraso dalle diverse facce della morte – alcune eclatanti, altre più subdole e pervasive – occhieggianti dal libro: l’auto con dentro tuo figlio che si schianta contro un muro, la piccola imperfezione sulla pelle che degenera in melanoma, la perdita di un amore che pensavi non avresti perso mai, la demenza che un giorno dopo l’altro sta spegnendo tua madre, persino i libri che sai non rileggerai più occhieggiano vagamente cimiteriali dalla libreria e sanno parlarti di Lei: ogni attimo, ogni singolo accadimento, maiuscolo o minuscolo che sia, può ricondurci a Lei.
Si percepisce soprattutto dai suoi passaggi sottili che A lei è un libro di cognizione audace. E contro-tendente. Un libro autenticamente scomodo, sincero, a tratti spudorato, impavido. In quanto rivelatore, tra testo e sotto-testo, del fatto che di solito respingiamo: il fatto che non esiste alcuna alternativa a quella del familiarizzare con l’idea di morire. Ma in questa sua lettera aperta alla morte, Laura De Luca si spinge persino oltre il precettistico memento mori. Morire è ciò che prima o poi ci tocca fare: esserne consapevoli è ciò che più ci converrebbe fare, non certo per meritarci fantomatici lidi metafisici quanto piuttosto per affrontare la vita (questa vita) dalla giusta prospettiva. Questo e non altro può renderci eroi: crescere, invecchiare e infine morire da uomini (e donne) veri.
Le parole spese da Laura De Luca si assumono allora, nel loro insieme, come partitura aforistica, filosofica e persino un filino poetica sul tema. Tantissime parole (che fanno concetti, che fanno tesi) come quelle che seguono mi hanno fatto amare oltremodo questo libro:
“Quelli che ridono troppo non mi hanno mai convinto. E anche quelli che ballano i balli latini, che si ostinano alla spensieratezza. Quanto sono disperati. Mi parlano di te (della morte, ndr) a ogni passo, a ogni mossetta, a ogni battuta. Schiere di eterni bambini non passano la loro vita che a scansare il pensiero di te, a fingere che tu non ci sia. Vecchie carampane ingioiellate e malate di attivismo saltano follemente da tornei di bridge a inutili associazioni, pur di non pensarti. Settantenni arzilli sembrano sfiorati da una lieve demenza nel continuare a progettare il futuro come se di anni ne avessero appena venti".
E poi l’incipit da romanzo. Così nitido, così intimo, così evocativo:
“La prima volta che ti ho visto eri con mia nonna. O forse dentro, addosso a lei. La nonna era sempre la nonna, con la sua faccia, il suo fisico robusto, e insieme non lo era più. In quel momento aveva qualcosa in comune con un soprammobile, un vaso di fiori, insomma, una cosa. Manteneva il suo aspetto, era riconoscibile e nello stesso tempo straniera, solenne, sprofondata in un altro luogo inaccessibile, concentrata altrove, distratta e scansata da noi, persa in una lontananza, come in uno strano egoismo che la portava a tradirci, a dimenticarci”.
A lei ha tratti e fisionomie da apologo esistenziale. Un trattato non accademico di filosofia minima e massima, serenamente anti-epicureo (“Il più terribile dunque dei mali, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte noi non siamo più”), ma che, a sua volta, diventa un invito a superare l’angoscia. Un invito a vivere e a morire meglio. Da individui consapevoli.
“Ma finché non ti nomineremo apertamente, finché preferiremo definirti “fine-vita”, finché avremo bisogno di leggi sulla cosiddetta eutanasia o di luoghi deputati ai cosiddetti malati terminali (di fatto altri ghetti), finché non ti avremo riaccolta nelle nostre case e chiese e pensieri, tornando capaci di tenere mano nella mano il morente, di dedicargli il nostro tempo, il nostro sguardo e il nostro pensiero, saremo sempre dei reietti, dei quasi-uomini confinati in un’eterna illusoria infanzia portatrice di madornali equivoci sul nostro vero posto nella storia, nel tempo”.
A Lei. Un faccia a faccia inevitabile
Amazon.it: 10,00 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A lei. Un faccia a faccia inevitabile
Lascia il tuo commento