La storia d’amore tra il filosofo e teologo Abelardo e la giovane Eloisa è ormai entrata nell’epica e nel mito, testimoniata da uno straordinario epistolario, autentico compendio d’amore e filosofia.
Le lettere appassionate dei due colti literati dell’Alto medioevo rappresentano la somma gioia di qualsiasi studente di Letteratura latina medievale che ancora oggi si getta a capofitto nella lettura scoprendo, pagina dopo pagina, un’inattesa passione per la filologia del testo. Il fatto più straordinario è che la mitica storia d’amore tra i due - degna di un poema dell’Ariosto - non è fittizia, ma reale e storicamente provata proprio dal carteggio. La scrittura ha eternato il sentimento: le parole non sono sbiadite ma ancora rendono chiara testimonianza di un amore tormentato e osteggiato dalla società intera. I due amanti sfortunati e perseguitati sembrano respirare e ancora gridare tra le righe, nelle pause, tra le virgole; il palpito del loro cuore pulsante vibra in ogni pagina.
Lo stesso Stendhal fu stregato dall’ Epistolario di Abelardo ed Eloisa e lo indicò come il prototipo dell’amour passion, ovvero la prova dell’amore ispirato dalle autentiche ragioni del cuore.
Ci sono i celebri amanti dei miti arturiani: Lancillotto e Ginevra, Tristano e Isotta, e poi ecco Abelardo ed Eloisa, che vanno ben oltre l’invenzione letteraria ed eludono il confine sottile che separa la poesia dalla vita vera.
Oggi i due amanti medievali riposano insieme, l’uno accanto all’altro, nello storico cimitero Père Lachaise situato nel XX arrondissement di Parigi. La loro tomba consiste in un monumentale tempietto gotico contornato da due statue. Vagando per i viali alberati del Père Lachaise, mentre respirate a piene narici l’odore del muschio e dei fiori appassiti, potreste scorgere la loro lapide e rendere omaggio a un amore che sembra essere stato consegnato all’immortalità. Le voci di Abelardo ed Eloisa continuano infatti a vivere nel loro carteggio, dichiarandosi fedeltà imperitura.
Scopriamo la vera (e tragica) storia d’amore tra Abelardo ed Eloisa e alcuni estratti del loro magnifico epistolario.
La vera storia di Abelardo ed Eloisa
Link affiliato
Ciò che maggiormente sconcerta gli inconsapevoli lettori del carteggio tra Abelardo ed Eloisa è la narrazione di un amore carnale, erotico, che di certo un contemporaneo non si aspetterebbe di trovare in un antico testo in latino di origine medievale. Nelle lettere di Eloisa troviamo ancora vivo il rimpianto - dichiaratamente espresso - per “i fantasmi di quella gioia lontana e perduta” e la donna, dopo essere stata rinchiusa in convento, confessa: “Quale regina, quale donna potente, non invidiava le mie gioie ed il mio letto?”
La passione tra Abelardo ed Eloisa tuttavia è degna di imperitura gloria non per questi dettagli osè - che fanno sorridere gli studenti e di certo meritano un cenno - ma soprattutto per lo stretto nesso tra passione sensuale e ammirazione intellettuale, proprio per questo motivo l’Epistolario viene definito “un carteggio d’amore e filosofia”. I due amanti medievali fanno spesso riferimento alla forte attrazione fisica reciproca, ma il loro scambio ci rende partecipi anche di una intensa riflessione sul mondo, la società, la vita e, immancabilmente data l’epoca, Dio.
Abelardo, benché fosse un chierico, giunge infatti a una conclusione estremamente moderna considerando il periodo in cui fu scritta:
Perché la sublimazione si dovrebbe raggiungere soltanto annichilendo i sensi e il sentimento d’amore che si prova verso un’altra persona?
Recensione del libro
Storia delle mie disgrazie. Lettere d’amore di Abelardo ed Eloisa
di Pietro Abelardo
Ma chi erano Abelardo ed Eloisa?
Pietro Abelardo, nel 1100, era un chierico e uno dei maestri di filosofia e teologia più celebrati della sua epoca. Era nato nel 1079 in Bretagna ed era uno degli intellettuali più richiesti e rinomati, padroneggiava tutte le arti dalla logica alla dialettica, e le sue lezioni sulla Bibbia era seguite da masse di allievi ammirati. Nella sua Historia Abelardo racconta come gli allievi, provenienti da ogni parte d’Europa, si affollassero attorno a lui per assistere alle sue orazioni e chiedergli consiglio. Ma la sua brillante carriera era destinata a conoscere un’imprevista battuta d’arresto.
Nel 1117 Maestro Fulberto, canonico della cattedrale di Notre-Dame, incaricò Abelardo di dare lezioni di filosofia alla sua giovane nipote, la bella Eloisa.
Lezione dopo lezione sbocciò la passione tra il maestro e l’allieva. Lui rimase stregato non solo dalla sua bellezza, ma dalla sua sensibilità, prontezza e intelligenza.
Di lei scrisse:
Aveva tutto ciò che più seduce gli amanti
All’epoca Abelardo aveva quasi quarant’anni ed Eloisa sedici - fatto che oggi farebbe subito urlare allo scandalo - ma ai tempi l’ostacolo peggiore era rappresentato dalla condizione di Abelardo: era un chierico, si era votato all’amore di Dio.
Non c’era modo, tuttavia, di arginare la passione che li travolse come un’onda. Eloisa in una epistola destinata ad Abelardo scrisse:
Mi bastò ascoltarti una volta. La tua parola mi penetrò come fiamma luminosa e compatta, incendiando il mio cuore.
L’avvio della relazione clandestina è testimoniato da un passaggio chiave, molto esplicito (e spesso citato) dell’Epistolario che non lascia adito ai dubbi:
Col pretesto dello studio ci abbandonammo perdutamente all’amore, e proprio lo studio offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Il nostro desiderio non trascurò nessun aspetto dell’amore.
Presto tuttavia la relazione fu scoperta: le poesie d’amore di Abelardo erano ormai sulla bocca di tutti e la sua vicinanza all’allieva non passò inosservata. Intervenne Maestro Fulberto a dividere i due amanti: ma in ogni caso era troppo tardi, perché Eloisa era incinta. I due amanti decisero allora di celebrare delle nozze segrete: Abelardo accettò di sposare la giovane, purché clandestinamente, in quanto a lui il matrimonio era proibito per la sua condizione di chierico.
La vendetta dello zio Fulberto tuttavia non si placò: la famiglia della giovane era adirata con Abelardo, lo considerava un approfittatore dell’ingenuità della ragazza. Dopo la nascita del bambino, cui venne dato il nome di Astrolabio, Eloisa fu rinchiusa in convento; mentre ad Abelardo spettò una punizione atroce.
Il malvagio Fulberto assoldò due sicari che una notte si introdussero con l’inganno nella stanza di Abelardo e lo evirarono.
Lui considerò la crudele vendetta un riflesso della volontà divina e si ritirò in un monastero benedettino nell’abbazia di Saint-Denis. Qui, però, Abelardo litigò con i monaci a causa delle sue idee ritenute eterodosse: non dimentichiamo che lui era, prima di tutto, un accademico illuminato. Perseguitato dai monaci, Abelardo si ritirò in un luogo desolato nei pressi di Troyes e qui fondò una piccola comunità che aveva al suo centro un oratorio che prese il nome di Paracleto.
Riuscirà a radunare attorno a sé un folto gruppo di studenti recuperando così il proprio ruolo perduto di mentore. Abelardo avrebbe trascorso i suoi ultimi anni di vita nel monastero di Cluny, dove rivestì il ruolo di abate e ricoprì la carica di insegnante presso la scuola interna del monastero.
Mantenne la sua corrispondenza epistolare con Eloisa sino alla fine dei suoi giorni. Nelle lettere i due amanti trasposero il loro amore terreno - ostacolato dalle circostanze - in un amore divino. Quando la giovane novizia fu scacciata dal convento di Argenteuil insieme alle sue consorelle fu Abelardo, in un ultimo ed estremo gesto d’amore, a proporle di stabilirsi presso il Paracleto, di cui Eloisa divenne infine badessa.
In una delle lettere più appassionate lei gli confessò la sua disperazione e ribadì, ancora una volta, la radice inestirpabile del suo amore:
Tu sai, mio carissimo - e lo sanno tutti - quanto ho perduto perdendo te; e come quella disgraziata storia e quel tradimento a tutti noto abbiano strappato insieme a te anche me a me stessa, e come il dolore sia incomparabilmente più forte per il modo in cui ti ho perso che per la perdita medesima. E poi, quanto più profonda è la radice del male, tanto più forti saranno i rimedi del conforto, che non devono venire da nessuno se non da te; e poiché tu solo sei la causa del male, tu solo puoi guarirmi.
Lei non cessò mai di rimpiangerlo. Si dedicò con serietà e solerzia ai suoi nuovi doveri di badessa, ma in ogni lettera era pronta a ribadirgli il suo amore. Nelle lettere di Abelardo,invece, trapela tuttora maggiormente il senso di colpa - mai taciuto - per quanto commesso e anche una certa gelosia nei confronti della donna amata.
Abelardo si spense nel 1142 e fu sepolto nell’oratorio del Paracleto. Eloisa morì nel 1167 e fu seppellita accanto a lui, sotto lo stesso cespuglio di rose.
Secondo un’antica leggenda medievale lo scheletro di Abelardo spalancò le braccia per accogliere Eloisa nella tomba e restare abbracciato a lei nel riposo eterno.
Forse proprio a questa immagine - spesso riproposta nella storiografia francese - si ispirò lo stesso Victor Hugo, nel 1831, per descrivere la scena finale del suo capolavoro Notre Dame de Paris che ritrae i due scheletri abbracciati.
Trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri, uno dei quali abbracciava singolarmente l’altro. Uno di quegli scheletri, che era quello di una donna, era ancora coperto di qualche lembo di una veste di una stoffa che era stata bianca (...) L’altro, che abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo.
La tomba di Abelardo ed Eloisa
Abelardo ed Eloisa rimasero abbracciati nel giardino del Paracleto per anni, addirittura per secoli, mentre sulla terra la loro leggenda sopravviveva.
Nel 1792 la loro tomba fu trasferita a Parigi per volere di Napoleone Bonaparte: i due feretri con le spoglie degli amanti furono trasportati con una solenne processione alla quale prese parte un folto corteo.
I corpi rimasero a lungo fermi in un deposito e soltanto alcuni anni dopo, nel 1801, fu eretto il celebre tempietto in stile gotico nel cimitero Père Lachaise di Parigi.
Oggi la tomba di Abelardo ed Eloisa è ancora meta di pellegrinaggio per tutti coloro che, negli anni, hanno letto le pagine del loro Epistolario.
Se per caso vi accostate alla lapide gotica, camminando per viali alberati del Père Lachaise, potreste scorgere sopra quella lastra antica, dimenticata, ormai rosa dal tempo e dalle intemperie, dei fiori ancora freschi.
Non si sa cosa rimanga dei corpi dei poveri époux infortunés, ma chiunque posi lo sguardo sulla loro lapide immagina di vedere Abelardo ed Eloisa ancora abbracciati.
I fiori freschi testimoniano la loro memoria imperitura, chiunque abbia letto le loro parole si sente chiamato a depositare un fiore: un pensiero per Abelardo ed Eloisa perché, nonostante tutto, il loro amore vive ancora e ci parla con la malinconia sottile, ma tenace - come le piante rampicanti che crescono tra le lapidi umide del Père Lachaise - che accompagna come un profumo tutti gli amori tormentati.
leggi anche
Le lettere d’amore famose più belle di sempre
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le lettere di Abelardo ed Eloisa: la storia di un amore tragico
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Storia della letteratura San Valentino
Lascia il tuo commento