Affamata
- Autore: Melissa Broder
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: NNEditore
- Anno di pubblicazione: 2023
Ho iniziato Affamata di Melissa Broder per un progetto, altrimenti ammetto che non mi sarei avvicinata a questo testo. A primo impatto si tratta di uno di quei libri che spingono un po’ il lettore ad allontanarsene, forse per i temi che si propongono di trattare o forse per il semplice fatto che “a pelle” appaiono più freddi.
La storia, pubblicata da NN Editore con la traduzione di Chiara Manfrinato, racconta la lotta di Rachel alle calorie. Ogni volta che si tratta di mangiare la protagonista è pronta a soppesare ogni grammo calcolando quante calorie ingurgiterà e di conseguenza la quantità che può permettersi.
Cresciuta in una famiglia ebrea dove la madre le ha sempre instillato l’esigenza di apparire bella e desiderabile agli occhi degli altri, e quindi dove l’ideale da inseguire era una magrezza che si manteneva attraverso gravose rinunce, Rachel si è presto abituata a un regime alimentare sbagliato.
A fare da contrappeso alla madre così rigida in materia di cibo, c’erano i nonni che la accompagnavano in gita a New York per farle assaggiare i migliori ristoranti kosher che avevano scovato in lunghi anni di appassionato amore per il cibo - al punto da rendere questa passione la causa principale dell’insorgere del diabete di cui entrambi soffrivano, ma che non li aveva mai spinti a rimodulare la quantità di cibo che mangiavano. Dopo il divorzio anche suo padre aveva preso ad accompagnarla nei 7-Eleven per fare incetta, insieme, di ogni leccornia altrimenti negatale.
Era in queste occasioni dunque che Rachel aveva modo di concedersi del cibo che rispondesse ai suoi desideri di bambina. Crescendo però l’educazione di sua madre era diventata ancora più stringente e già dai sedici anni aveva preso a conteggiare le calorie di ogni cibo e quindi a non godersi così tanto le uscite con i nonni.
È in questi anni che lo spettro dell’anoressia si fa opprimente e solo dopo che il suo corpo ha iniziato a manifestare i primi segnali d’aiuto, ecco che la madre si è lasciata convincere a farla seguire da un nutrizionista.
Conteggiare le calorie è diventato così un modo per tenere sotto controllo un aspetto della propria vita e avere l’impressione di non essere del tutto abbandonata a sé stessa.
E soprattutto era grassa: innegabilmente, incontrovertibilmente grassa. Era proprio grassa, come io non riuscivo a immaginarmi nemmeno nei miei incubi peggiori. Ma sembrava ignorarlo o fregarsene alla grande
Da adulta, nonostante il trasferimento a Los Angeles, l’apparente lontananza dalla madre non è servita a farle abbandonare le cattive abitudini, né il controllo della progenitrice. A questo punto però il suo timore non è tanto vedersi in un futuro poco desiderabile e con qualche kg di troppo, ma sentire di essere già arrivata a quel punto. Il precario equilibrio alimentare in cui si è rintanata viene scombussolato dall’arrivo nella sua vita di Miriam, un’ebrea ortodossa figlia dei proprietari del negozio di yogurt in cui è solita trascorrere le sue pause pranzo. Miriam non ha alcun problema con le calorie, mangia di tutto e lo fa senza curarsi delle quantità o dell’immagine che dà agli altri. Miriam è molto simile ai suoi nonni, ma a differenza loro riesce a far presa su Rachel che in breve tempo passa dal soppesare ogni grammo del proprio cibo conteggiando ogni caloria ad abbuffarsi fino a sentirsi in colpa. Questo pericoloso sodalizio sfocia in una frequentazione sempre più stretta e poi in una relazione governata più dal desiderio di sentirsi accettata da qualcuno, parte di una famiglia.
La durezza della madre ha su Rachel l’impatto devastante di distruggerle ogni certezza e di legare la propria identità in funzione della presenza di qualcuno nella sua vita che sia in grado di farla sentire apprezzata. Quello che Rachel sperimenta con Miriam non è molto diverso da ciò che ha regolato le sue precedenti relazioni, anche se sono trascorsi diversi anni, ovvero il bisogno di far parte di qualcosa, di seguire qualcuno e quindi di sviluppare un legame non dettato dai sentimenti. Rachel lo chiama “amore”, ma ben presto si renderà conto di essere dipendente dall’affetto che Miriam le concede.
È l’attenzione a regolare il suo rapporto e questo non può che portare a un solo risultato. Quando le due, che per tutto il tempo hanno affrontato questioni intime solo superficialmente costruendosi così delle fondamenta conoscitive labili su cui impostare la relazione, si affrontano su temi più importanti dove sono le opinioni e i pensieri a dettare legge non possono che trovarsi agli antipodi.
La famiglia di Miriam è ebrea ortodossa, molto rigida in fatto di relazioni, di amore, e anche per quanto riguarda il rapporto tra Israele e Palestina - non è un caso che il fratello di Miriam entri nell’esercito israeliano - perciò quando si intavola il discorso della possibile coesistenza dei due stati le posizioni si scontrano e quello shabbat che doveva essere un momento di gioia e condivisione diventa campo di battaglia. A farne le spese sarà la relazione di Rachel e Miriam e con essa quella finta stabilità che la protagonista si era convinta di aver finalmente trovato.
La dipendenza affettiva scaturita fin dalla giovane età dall’incapacità della madre di darle ascolto e farla sentire parte di una vera e propria famiglia sarà uno dei motivi che porteranno Rachel a odiarsi. Ma nel romanzo viene lasciato spazio anche alla tematica lgbt e anche se solo lievemente viene introdotto l’aspetto dell’accettazione di sé da parte di se stessi e degli altri. Un’accettazione che vediamo diventare estremamente difficile all’interno dell’apparente socievole e gioiosa famiglia di Miriam fino a sfociare nella repressione più totale nelle ultime pagine del romanzo.
L’anoressia e il binge eating sono la tematica scintillante che come un fil rouge attraversa l’intero racconto e lo rende attuale, moderno, contemporaneo.
Non ci sono lezioni, la stessa Rachel non offrirà risposte né mostrerà di essere guarita da questa malattia, ma offrirà per tutto l’arco della storia una visione della difficoltà nell’affrontare un disturbo di questo tipo.
Anche se la scrittura è scaltra e gli episodi si susseguono con continui flashback, si arriva a un finale che appare quantomeno raffazzonato, come se a un certo punto l’autrice abbia deciso di “troncare” la storia giungendo troppo velocemente alla conclusione. Le ultime scene raccontate avvengono talmente velocemente da lasciare frastornati, in cerca di qualcosa di più, di un po’ più di calma nelle tempistiche.
Affamata
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