Ammogghia sta atta
- Autore: Pietro Moceo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
"Ammogghia sta atta” di Pietro Moceo (Dario Flaccovio Editore, 2014) già dal titolo dichiara il carattere siciliano, tradotto Incarta questa gatta, e vuol significare un problema irrisolvibile, un’impresa impossibile da compiersi per l’irrequietezza dell’animale che non è proprio abituato ad essere “incartato”.
Si ripropongono e si leggono con interesse e divertimento i proverbi ed i modi di dire siciliani raccolti nel nuovo libro di Pietro Moceo presentato nei giorni scorsi a Palermo. La presentazione di quest’ultimo lavoro è stata occasione di dibattito su ruolo ed importanza del dialetto siciliano da alcuni definito una vera e propria lingua.
In verità il confine tra lingua e dialetto è molto labile e spesso opinabile, volendo alcuni attribuire la dignità di lingua a quella che trova riscontro negli atti giudiziari ed in genere nei documenti ufficiali. Ma questo evento in Sicilia ebbe attuazione in modi e tempi diversi per il susseguirsi delle dominazioni mentre il c.d. dialetto restava diffuso nei diversi ceti sociali e di esso si ha testimonianza scritta anche in atti c.d. “ufficiali”.
Andrea Camilleri soleva dire che il dialetto viene usato familiarmente per scherzare, per insultare ed anche per rimproverare aspramente ma viene improvvisamente sostituito con l’italiano nel momento in cui si vuole sanzionare dando così maggiore solennità.
Le nuove generazioni non comprendono l’importanza ed il valore delle tradizioni linguistiche locali che invece occorre conservare con i proverbi, i modi di dire, gli aforismi in dialetto siciliano e cedono ad un oblio del passato; non credono al valore della memoria e rimangono vittime della contemporaneità. Tra i grandi scrittori siciliani, tra cui Pirandello e Verga che ne fecero un uso frequente, ma anche nella grande letteratura europea come in Shakespeare, si ricorre sovente a questa forma espressiva spesso allegorica e farla cadere nell’oblio vorrebbe dire cancellare una parte di Storia.
Ripercorrendo alcuni passaggi del volume di Pietro Moceo, vogliamo ricordare tra i tanti citati espressioni originali di cui spesso ci si chiede quale sia l’origine.
“Lapardeo” trae origine dal vocabolo tedesco “Helbart” divenuto poi Lapàrda che indicava l’alabarda - ascia da combattimento e Lapardèri e/o Lapardei erano coloro che portavano le alabarde (come i lanzichenecchi) che quando entravano in un’osteria mangiavano a quattro ganasce senza ritegno e spesso a scrocco.
“Fare Sicilia” o “fare L’ora” rimanda ai rispettivi quotidiani di Palermo e dell’Isola per significare come si marinasse la scuola impiegando il tempo che doveva essere dedicato agli studi alla lettura inoperosa del giornale locale.“Lupo Cuvio” rimanda al lupo di Gubbio ma in generale ad un animale che sembra dirigere lo sguardo altrove, mostrando così la sua apparente scontrosità e poco socievolezza.
Vi sono poi i falsi parenti come “curiusu” che diverge nel suo significato siculo dal curioso italiano. In Sicilia è “curiuso” chi ha comportamenti strani e bizzarri. Ed ancora alcuni modi di dire quale quello tipico dell’agrigentino: “Moviti docu” con cui si vuol dire a qualcuno non di spostarsi da una parte ma di non muoversi affatto, di stare assolutamente immobile.
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