Ambientata a Porto Empedocle, la novella Lontano di Luigi Pirandello, pubblicata nel 1902 su “Nuova Antologia”, che svolge l’argomento dello sradicamento dal proprio ambiente in un paese straniero, introduce due personaggi: Pietro Milio, viceconsole della Scandinavia, soprannominato “don Paranza”, e la nipote Venerina con cui l’uomo vive.
La descrizione, evocatrice di sequenze visive alternate al discorso diretto, ha il suo punto più interessante nella trasformazione della borgata in cittadina.
Di realtà vive l’andamento narrativo della prima parte per trovare l’epicentro in un dinamismo commerciale dovuto al commercio dello zolfo per via mare.
“Lontano”: trama e analisi della novella di Pirandello
Don Paranza, che aveva vissuto l’esperienza del Quarantotto e del Sessanta in esilio a Malta, tornato a Porto Empedocle ne percepisce la nuova fisionomia, descritta in questa succosa pagina:
Aveva trovato il paese cresciuto quasi per prodigio, a spese della vecchia Girgenti che, sdrajata su l’alto colle a circa quattro miglia dal mare, si rassegnava a morir di lenta morte, per la quarta o la quinta volta, guardando da una parte le rovine dell’antica Acagrante, dall’altra il porto del nascente paese. E al suo posto il Milio aveva trovato tant’altri interpreti, uno più dotto dell’altro, in concorrenza fra loro.
Il mare e lo zolfo rappresentano dunque gli assi portanti di un’economia in via di sviluppo con un buon impiego di carrettieri, di commercianti, di impiegati addetti alla pesatura, di uomini che provvedevano al trasporto del carico:
Scalzi in calzoni di tela, gli uomini di mare recavano il carico alle alle spigonare, immergendosi nell’acqua fino all’anca, e le spingonare appena cariche, sciolta la vela, andavano a scaricare lo zolfo nei vapori mercantili ancorati nel porto o fuori. Così fino al tramonto del sole, quando lo scirocco non impediva lo sbarco.
L’avventura di Lars Clenn
La seconda sezione apre le proprie diramazioni su una nuova carta d’identità.
Lars Clenn è un marinaio norvegese che, gravemente colpito da una febbre tifoide, dalla nave dell’Hammerfest viene portato in fin di vita a casa di Pietro Milio, il quale è fiducioso alla sua morte di ricevere un indennizzo dal consolato di Norvegia.
A prendersene maternamente cura è Venerina, impietosita nel vederlo in malsane condizioni:
Lo straniero, scostando tutti, si chinò sulla barella: ne tolse via cautamente la coperta, e sotto gli occhi di Venerina raccapricciata scoprì un povero infermo, quasi ischeletrito, che sbarrava nello sgomento certi occhi enormi d’un così limpido azzurro, che parevano quasi di vetro, tra la squallida magrezza del volto su cui la barba era rispuntata; poi, con materna cura, lo sollevò come un bambino e lo pose a giacere sul letto.
Guarisce e grazie agli insegnamenti di lei impara un po’ di italiano. Malgrado tutto, Lars si sente tristemente un estraneo, vittima di pregiudizi ambientali per la sua diversità.
Ecco la svolta: Venerina se ne innamora, si sposano e mettono al mondo un figlio, ma egli non riesce a vincere la sua alienazione, resa più acuta dal volgare e stupido dileggio:
I suoi nuovi compagni non lo amavano non lo comprendevano, né volevano comprenderlo per il suo modo di pronunziare quelle poche parole d’italiano che già era riuscito a imparare: e lui, per non far peggio, doveva costringere la sua stizza segreta e sorridere...
Neanche Venerina è cosciente del suo isolamento:
Lei aveva già trovato il suo posto nella vita: aveva la sua casetta, il marito; tra breve avrebbe anche avuto un figlio desiderato; e non pensava che lui, straniero, era sul principio di quella sua nuova esistenza e aspettava che ella gli tendesse la mano per guidarlo. Non curante, o ignara, lei lo lasciava lì, alla soglia, escluso, marito.
Egli non partecipa alla gioia della nascita del figlio; somigliava alla madre per il colore della pelle. Così si acuisce l’estraneità da quel paese in una rappresentazione palpitante del suo dramma. Anche l’ambiente naturale lo fa sentire estraneo e addirittura percepisce ostile la natura crudamente solare:
Superato il primo impaccio della improvvisa intrinsechezza più che ogni altra intima, con un uomo che le pareva quasi caduto dal cielo, Venerina prese a proteggere e a condurre per mano come un bambino, il marito incantato dagli spettacoli che gli offriva la campagna, quella natura per lui così strana e quasi violenta. [...]- Il sole! il sole, come se, in quei tronchi vedesse viva, impressa, tutta quella cocente rabbia solare, da cui si sentiva stordito e quasi ubriacato. Lo vedeva da per tutto il sole, e specialmente negli occhi e nelle labbra ardenti di Venerina.
È nell’undicesima e ultima sezione che, con il ritorno a Porto Empedocle dell’Hammerfest, avviene lo scompiglio. Lars, preso dalla nostalgia, si precipita su una lancia per raggiungere il suo piroscafo.
Ad accompagnarlo è il cognato:
Non ragionava più! Ah partire, fuggire coi suoi compagni, parlare di nuovo la sua lingua, sentirsi in patria, lì, sul piroscafo – eccolo! grande! bello! - fuggire da quell’esilio, da quella morte! - .
Salito a bordo, si mette a piangere e capisce che ormai non può più tornare in patria: avrebbe tradito chi si è preso cura di lui fino a farlo guarire e amato. Sarebbe stato un gesto vile. A prevalere è il senso di responsabilità. Sceso dalla nave prima che l’Hammerfest partisse, lo salutava col fazzoletto bagnato di lacrime:
Comandò al barcajolo di remare fino all’uscita del porto per poter vedere liberamente il piroscafo allontanarsi man mano nel mare sconfinato, e allontanarsi con lui la sua patria. Eccolo, più lontano… più lontano ancora… spariva… - Torniamo? - gli domandò, sbadigliando il barcajiolo. Egli accennò di sì col capo.
“Lontano”: la morale della novella di Pirandello
Con la sofferente scelta di rimanere “straniero” in un paese lontano si chiude la novella. Culture e stili di vita diversi si contrappongono fino a provocargli solitudine e disperazione. Il solo rimedio è l’accettazione della sorte, alla quale è difficile sottrarsi.
La narrazione si chiude con la volontà di non sfuggirle e di resistere alla forte nostalgia che l’aveva spinto a tornare nel suo Paese d’origine.
Si potrebbe pensare che l’avventura di Lars Cleen, il quale ha vissuto una serie di eventi non voluti in un luogo non scelto, sia stata dettata dalle note parole di Pirandello riferite all’“involontario soggiorno sulla terra”.
Riguardo alla filosofia dell’esistenza, potrebbe forse essere la novella la proiezione disincantata di ciascuno di noi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Lontano”: la novella di Pirandello sullo sradicamento
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