Assalto alla collina
- Autore: Nicola Bottiglieri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2023
Ancora guerre in Europa e altrove. Aerei, droni, missili in Ucraina. Bombe dal cielo e da terra, vittime civili a Gaza. L’umanità non ricorda, non riconosce, non rispetta i morti a milioni in tutti i conflitti, soprattutto quelli del Novecento, i più sanguinosi di sempre. Eppure, i contemporanei dovrebbero ascoltare il monito dei caduti, come quelli sepolti a migliaia tra il Lazio meridionale e il Casertano. Uno dei territori splendidi dell’Italia meravigliosa, devastato ottant’anni fa come mai prima di allora, nella seconda guerra mondiale.
Nicola Bottiglieri, già autore di romanzi, racconti e libri di viaggi, riesce a commuovere con poche frasi toccanti, senza retorica, nelle prime pagine di un suo romanzo tanto sentito, appassionato, vero, comunicativo: Assalto alla collina, pubblicato da Bertoni, la casa editrice umbra che ha per simbolo un orso (Perugia, dicembre 2023, 198 pagine).
Un’opera di narrativa, con tanti personaggi spesso familiari per l’autore, che però non deluderebbe gli appassionati di storia e storia militare, considerate le conoscenze dell’autore-scrittore-viaggiatore, già docente di lettere ispano-americane nell’Università di Cassino e firma di testi di letteratura antischiavista e spedizioni nel Nuovo Mondo postcolombiano.
Da gennaio a maggio nel 1944, le quattro battaglie di Cassino tra gli Alleati e i Tedeschi pretesero un tributo altissimo in morti e distruzioni, compresa l’abbazia benedettina di Montecassino. Prima ancora, un contingente italiano, al comando del generale Dapino (il Primo Raggruppamento Motorizzato, cobelligerante a fianco degli angloamericani dopo l’armistizio e la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Germania), si era battuto per arrivare alla sommità di Montelungo, che a nord di Caserta domina la Casilina verso il Lazio e Roma.
Nove mesi, dall’8 settembre 1943 al giugno successivo, ma una sola stagione: un lunghissimo inverno per i combattenti di venticinque Nazioni e i loro compagni dilaniati da un inferno di pallottole, schegge, lame, fuoco e barbarie assassina. Riposano in cinque cimiteri militari in zona: inglese, tedesco, francese, polacco, italiano (a Mignano). Quello americano è sulla costa tirrenica, a Nettuno.
Un coro a bocca chiusa cerca di comunicare con chi percorre le strade in direzione della capitale, fiancheggiate da monti, colline, alture, allora trasformate in baluardi difesi con i denti dalla Wehrmacht. Sono le voci dei caduti sulla terra italiana dopo essersi ammazzati in modo selvaggio, scrive Bottiglieri. Come si ascoltano, con la mente o con il cuore?
Quelle che avverte più vicine, anche perché la sua famiglia venne coinvolta nelle vicende belliche, sono dei quasi mille ragazzi italiani ora custoditi nel Sacrario Militare di Mignano Montelungo. Un nome semplice ma tanto onorevole: il punto di partenza di una nuova storia d’Italia.
Con gli altri hanno agito in 5mila, tra quelli che dopo lo sbandamento, lasciati senza ordini alla fuga del re a Brindisi, non avevano abbandonato l’uniforme, accettando di raggrupparsi in Puglia per combattere contro i Tedeschi, diventati feroci occupanti del Paese. Ragazzi che ”si caricarono l’Italia sulle spalle”.
C’erano anche gli allievi dell’ultimo corso ufficiali di complemento del Regio Esercito, falciati in tanti dalle mitragliatrici nemiche dall’alto e ai fianchi, nel primo assalto a Montelungo. Una strage senza successo il, giorno dell’Immacolata 1943. Obiettivo raggiunto una settimana dopo, il 16 dicembre, con coraggio, forza di volontà e altre perdite.
Nonno Arcangelo, di Strangolagalli (FR), raccontava a Nicola bambino e ai cugini che tutto era cominciato l’8 settembre.
Lui era a Ceprano, i tedeschi a Cassino, attenti a occupare subito la stazione e la ferrovia. La città subì il primo bombardamento il 10, da quelli che da nemici erano diventati alleati anche “per noi”: i Liberatori.
“Ma quali liberatori!”
Nel dirlo storceva la bocca. Prima avevano bombardato gli italiani alleati dei tedeschi, ora bombardavano i tedeschi che stavano in mezzo agli italiani: alla fine, erano sempre gli italiani a prendere le bombe.
L’autore fa tesoro di fonti storiografiche e testimonianze familiari per ricostruire la storia del periodo. Aggiunge quelle dei combattenti, per condurre i lettori nel vivo degli scontri. Ne risulta un racconto-storia corale, vivissimo, spesso drammatico. Un piccolo miracolo di testa e soprattutto di cuore.
L’8 dicembre, la strage a Montelungo. La sorpresa durò due ore. I tedeschi fecero avanzare i nostri, ingannandoli con un velo di fuoco, per decimarli al culmine della salita. Dopo uno scambio di colpi accanito, perché il coraggio non basta quando le bombe a mano sono esaurite, le mitragliatrici silenziate, i moschetti 91 inservibili, dovettero ripiegare a corpo morto lungo i fianchi della collina, per evitare l’accerchiamento. La rabbia spinse qualcuno a lanciare contro i tedeschi anche il barattolo di marmellata conservato nel tascapane. Verso le dieci, mentre l’artiglieria nemica arava i fianchi della collina, i superstiti lasciarono anche le armi per precipitare verso il basso, inseguiti dalle bombe dei mortai, dalle raffiche delle mitragliatrici, dalle fucilate, dalle granate a manico di legno legate tre a tre.
Quattro Compagnie attestate nelle buche scavate il giorno prima riuscirono a fermare il contrattacco, impedendo che la ritirata scatenasse il panico nelle retrovie.
Il 16 dicembre, la conquista. Protetti ai fianchi dai bersaglieri, i fanti del 67° conquistarono una dopo l’altra le posizioni nemiche fino alla quota 343 assegnata. Alle 12.15 la presa era compiuta. Tre ore:
“Per guardare in faccia la vittoria senza vergognarsi”.
Alle 12.30, da un lato sventolava la bandiera italiana, da un altro quella americana. Era la prima volta nella Seconda guerra mondiale. La seconda in Europa, dopo le battaglie della Grande Guerra.
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